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Scorporare il Milan dalla Fininvest, quotarlo in Borsa o aprire il capitale a un socio estero? Una mossa del genere può avere tre diverse motivazioni. Prima di spiegarle occorre però ricordare che la Fininvest è la conglomerata storica della famiglia Berlusconi che Silvio e i suoi cinque figli (Piersilvio e Marina da un lato, Barbara, Eleonora e Luigi dall’altro) controllano attraverso un complicato intreccio di società (Holding Italiana Prima, Seconda, Terza e via numerando). Alla Fininvest (5 miliardi e mezzo di ricavi, utile netto di 174 milioni e poco meno di 18 mila dipendenti nel 2009) fanno capo tre società quotate (le televisioni Mediaset, i libri e periodici della Mondadori e una quota di Mediolanum: banca, fondi e assicurazioni) e due non quotate (la casa di distribuzione cinematografica Medusa, controllata dalla stessa Mediaset, e il Milan). Quotazione in Borsa Quando una conglomerata finanziaria non quotata come Fininvest decide di scorporare uno dei suoi rami di attività (nell’ipotesi il Milan) lo fa, ad esempio, perché vuole quotare in Borsa una quota di minoranza di quelle attività. Potrebbe essere questo il caso del Milan anche se i conti della squadra sono quasi cronicamente in rosso come la maggior parte delle sue concorrenti. L’anno scorso il Milan, ad esempio, ha perso 69 milioni di euro (contro i 6,8 milioni dell’anno precedente che godeva ancora degli strascichi dell’incasso della cessione di Kakà) con ricavi per 253 milioni rispetto ai 307 del 2009. Peraltro, per essere quotati in Borsa, fino a poco tempo fa, occorreva che i bilanci fossero in attivo ma ci sono state deroghe per le società calcistiche (Roma e Lazio, quotate a piazza Affari, ne sono una prova vivente). La quotazione potrebbe avvenire a Milano o a Hong Kong, seguendo l’esempio di Prada che ha preferito la ricca piazza asiatica a quella più asfittica del capoluogo lombardo. Differenziare l’azionariato Il secondo motivo per uno scorporo è quello di differenziare l’azionariato rispetto alla holding Fininvest. Poiché Berlusconi e i suoi figli controllano tutto il capitale della holding di famiglia, uno scorporo del Milan sotto questo profilo non avrebbe molto senso. A meno che, così facendo, si volesse assegnare il controllo della squadra a uno solo dei figli (Barbara?), facendo magari entrare anche qualche socio di minoranza (Gazprom, capitali arabi?) per incassare un po’ di soldi necessari a pagare la maxi-multa da 560 milioni da versare a Carlo De Benedetti. Riassetto delle attività Un terzo motivo che spiegherebbe l’ipotesi dello scorporo (e che incrocerebbe le altre due motivazioni), riguarda il riassetto delle attività che fanno oggi capo al Cavaliere. La causa di separazione tra Silvio Berlusconi e la seconda moglie, Veronica Lario, ha reso indispensabile fare chiarezza patrimoniale tra i cinque figli del premier. Marina presiede la Fininvest e la Mondadori, Piersilvio guida Mediaset, i due pezzi più importanti del Biscione (alle martoriate quotazioni di questi giorni valgono in Borsa poco più di 4 miliardi). Dei tre figli di secondo letto, soltanto Barbara ha un ruolo come consigliere d’amministrazione del Milan e della stessa Fininvest. Appare sempre più verosimile che il calcio sia destinato a Barbara e lo scorporo potrebbe essere la premessa che rafforza il suo ruolo nella squadra senza pestare i piedi ai due fratelli maggiori. Contemporaneamente il Cavaliere potrebbe riuscire a raccogliere un centinaio di milioni facendo entrare soci di minoranza amici che lo aiuterebbero ad addolcire l’impatto della condanna per il lodo Mondadori senza perdere il controllo dei rossoneri. Una cosa è comunque certa: il pianeta Fininvest sta per subire cambiamenti importanti e il Milan sembra esserne solo la prima avvisaglia.
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RASSEGNA STAMPA/ Milan: Tre vie per portare soldi freschi con Barbara in rampa di lancio