Un’altra estate di calciomercato sta finendo senza grandi acquisti da parte del Milan: solo prestiti, parametri zero senza spendere i vari tesoretti accumulati con cessioni e risparmi negli ingaggi, alimentando la nostalgia del Milan che fu.
© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews
Questa è la storia di una squadra che a metà degli anni ’80 rischiò di fallire e di sparire dal grande calcio, ma, come nelle favole più belle, venne salvata dal “principe azzurro” Silvio Berlusconi, imprenditore di successo che in pochissimo tempo creò una società vincente e padrona sul mercato a suon di miliardi (allora si ragionava in lire…), riuscendo a costruire una squadra che, come da precisa mission presidenziale nella famosa convention del Castello di Pomerio, in pochi anni a salì sul tetto del mondo e ci restò a lungo, al punto da diventare nel corso degli anni, precisamente alla fine del 2007, il club più titolato al mondo. Pensate che nei primi anni ’90, quando ancora vigeva il vincolo di soli tre stranieri da inserire nella lista da presentare all’arbitro per ogni partita, il Milan ne aveva in rosa ben sei: i primi tre erano gli storici e gloriosi olandesi (Gullit, Van Basten e Rijkaard) e alle loro spalle scalpitavano, non giovanotti sconosciuti, bensì un altro Pallone d’oro (Papin), il miglior giocatore dei Balcani (Savicevic) e un croato di belle speranze che, infatti, fece una splendida carriera (Boban). Tutti e tre rischiavano di fare la fine di soprammobili belli ma inutili e di giocare solo in caso di assenza dei tre campioni Orange, ma allora la mentalità della società rossonera e, soprattutto, del Presidente Berlusconi era quella: è forte, mi piace, lo prendo anche se non mi serve, come un ricco collezionista che ammassa in casa oggetti preziosi di ogni tipo; la rosa era completa e sovrabbondante, arrivavano campioni a ogni sessione di mercato e, di conseguenza, il popolo rossonero viveva felice e contento, proprio come in una favola, gustandosi scudetti in serie, finali consecutive di Coppa dei Campioni (o Champions League che dir si voglia) e trofei di ogni tipo.
Siccome, però, nulla dura in eterno, dopo molti anni di prosperità quasi eccessiva, è cominciato un lento declino, in coincidenza con l’ingresso in politica del Cavaliere, che ha dirottato attenzioni, energie e risorse in altri ambiti; da creatura amata, coccolata e viziata, il Milan è presto passato in secondo piano e solo l’abile guida di Adriano Galliani ha fatto in modo che la squadra continuasse a vincere, anche se non con la continuità di un tempo (le cifre sono cifre e basta paragonare i 16 trofei vinti dal 1986 al 1994, cioè in soli otto anni, con i 12 conquistati nei successivi venti per notare la differenza); progressivamente, però, le campagne acquisti sono diventate sempre meno faraoniche e la qualità della rosa è diminuita, anche perchè si è cominciato a collezionare non più campioni nel pieno della loro carriera, ma ex fenomeni ormai “bolliti” e in fase declinante, tanto per esaltare e illudere un po’ i tifosi e vendere un po’ di magliette e abbonamenti, che male non fa alle casse societarie (pensate solo ai vari Rivaldo, Ronaldo e Ronaldinho); nonostante ciò sono comunque arrivati scudetti e coppe, soprattutto nel periodo contraddistinto dalla guida tecnica di Carlo Ancelotti, con un gruppo di giocatori forti non solo tecnicamente ma anche caratterialmente e, soprattutto, “milanisti dentro” (i vari Gattuso, Inzaghi, Ambrosini, Abbiati sotto la sapiente guida di capitan Maldini e altri senatori di uno spogliatoio in cui bisognava essere veri uomini prima ancora che grandi calciatori). Gli ultimi anni, invece, sono stati un’autentica agonia per i tifosi rossoneri: dopo lo scudetto vinto nel 2011 con Allegri in panchina e Ibrahimovic (gran colpo di mercato dell’A.D. rossonero che lo portò al Milan per soli 12 milioni) e Thiago Silva in campo, c’è stato un autentico tracollo, anche se le prime avvisaglie del cambio di mentalità si erano già notate in passato con la cessione di campioni come Shevchenko e Kakà per cifre altissime, cosa che nei primi anni della gestione Berlusconi non sarebbe mai avvenuta, perchè il Presidente quando era solo un imprenditore e non un politico, non solo avrebbe rifiutato le cifre offerte da Chelsea e Real Madrid, ma avrebbe replicato, magari andando ad acquistare a suon di milioni di euro qualche campione di quelle squadre. In particolare le ultime due estati sono state davvero da incubo per il popolo rossonero, ormai completamente disilluso, sbigottito e perplesso, per evitare di usare termini più “coloriti”. Sono stati progressivamente ceduti tutti i giocatori più forti, è stato dato il benservito a tutti i senatori, a volte in modo anche poco rispettoso della loro immensa carriera in maglia rossonera e sono arrivati giocatori nuovi solo in prestito, a parametro zero o a cifre irrisorie e in questo modo la rosa è drasticamente calata di qualità e i risultati si vedono ora sul campo, visto che nello scorso campionato il Milan ha chiuso all’ottavo posto e fuori dall’Europa.
Il vero problema, però, sta nella sensazione (anzi in qualcosa di più di una sensazione) di essere bellamente e sfacciatamente presi in giro dalla società: cominciamo con il tanto sbandierato progetto giovani, salvo poi acquistare solo ultratrentenni che, ovviamente, sono più facili da reperire in prestito o a costo zero, mentre i giovani vengono presto fatti sparire dalla formazione titolare e ceduti (ricordo, per chi se ne fosse dimenticato, che nella scorsa estate si è tentato di vendere a chiunque anche El Shaarawy e solo il netto rifiuto da parte del giocatore, che non voleva lasciare la squadra che ama ha evitato un altro scempio); tralasciamo le choccanti ma ormai lontane e metabolizzate cessioni di Ibrahimovic e Thiago Silva dell’estate 2012, giustificate per ragioni di bilancio e parliamo solo delle ultime due estati: l’anno scorso la dirigenza disse che bisognava aspettare i trenta milioni circa garantiti dall’accesso alla fase a gironi di Champions League per fare mercato nelle ultime ore; il Milan eliminò come da copione il PSV Eindhoven, ma in rosa arrivò solo Matri, peraltro finanziato con la contemporanea cessione di Boateng e i trenta milioni rimasero inutilizzati con tutte le conseguenze del caso (stagione fallimentare e, ovviamente, per colpa degli allenatori avvicendatisi sulla panchina e non certo di chi ha costruito o, meglio, distrutto, la rosa). Quest’estate, se possibile, è andata o sta andando ancora peggio: prima si è detto che bisognava aspettare la cessione di Kakà per fare mercato liberandosi del suo oneroso ingaggio, ma Ricky ha salutato tutti a fine giugno e ora siamo a fine agosto e stiamo ancora aspettando; allora si è detto che la condizione “sine qua non” per acquistare almeno un giocatore fosse la cessione di Robinho, liberandosi di un altro oneroso ingaggio, ma anche Binho ha salutato da settimane la compagnia e stiamo ancora fiduciosamente aspettando. Addirittura è arrivata la cessione di Balotelli per 20 milioni di euro (e altri milioni di ingaggio risparmiati), ma gli spifferi che arrivano da Arcore fanno capire che non verranno reinvestiti ma andranno a coprire il buco nel bilancio derivante dalla mancata partecipazione alla Champions League, non capendo, o facendo finta di non capire, che con questo andazzo nei bilanci rossoneri non ci saranno mai più introiti derivanti dalla Champions League, visto che al nuovo allenatore Inzaghi, arrivato dopo il frettoloso divorzio con Clarence Seedorf (che ha avuto il solo torto di andare a dire alla gente che la rosa a sua disposizione era da cambiare per tre quarti, cosa che ha fatto indispettire non poco chi non aveva la minima intenzione di spendere sul mercato) sono stati offerti in dote Alex, Menez e poco altro, ovvero Agazzi e Albertazzi già rimessi sul mercato perchè considerati inadeguati, il nuovo portiere Diego Lopez e Rami, riacquistato a prezzo di saldo e che potrebbe già essere rivenduto al Monaco qualora non si riuscisse a liberarsi di Mexes e del suo oneroso ingaggio. Mancano pochi giorni alla fine del mercato e il Milan avrebbe ancora bisogno almeno di una punta e di un centrocampista, ma Galliani deve trovarli senza spendere, cioè in prestito o a costo zero e l’impresa sembra impossibile anche per un grande stratega del mercato come lui. Lo dimostra il fatto che per prendere Torres, che il Chelsea cederebbe volentieri, bisogna elemosinare chiedendo che la società inglese paghi anche parte dell’ingaggio al giocatore, oltre a offrirlo in prestito. Inoltre molti giocatori sono ormai dubbiosi sul fatto di vestire la maglia rossonera, contrariamente al passato quando avrebbero fatto salti mortali per venire a Milano, perchè probabilmente hanno capito che si tratta di una squadra e una società in decadenza, nonostante ci si ostini a mostrare orgogliosamente il blasone, come fanno quelle famiglie nobili cadute in disgrazia ma che continuano a mangiare cibo scadente nei piatti d’argento o a bere vino dozzinale in bicchieri di cristallo sbeccati. In Via Aldo Rossi (eh sì, nel frattempo è cambiata anche la sede della società, ora nella piazza più grande di Milano in un mega-palazzo per il quale, chissà perchè, i soldi che mancano per comprare i giocatori sono stati magicamente trovati…) si continua a ricordare che il Milan è la squadra europea più titolata al mondo, che per molti anni consecutivi ha partecipato alla Champions League e frequentato il salotto buono europeo, dal quale, però, nelle ultime stagioni è sempre stato sbattuto fuori troppo presto e in modo indecoroso e si tenta di coprire con i fasti del passato gli stenti attuali e ciò rischia solo di rovinare agli occhi dei tifosi, che inevitabilmente ricorderanno solo ciò che è avvenuto negli ultimi anni, quanto di buono (ed è stato tanto) questa dirigenza ha fatto in passato, portando in cima al mondo una squadra che rischiava di sparire dal grande calcio.
Tutto ciò è inacettabile visto che stiamo parlando del Milan, ma questa è la triste realtà: siamo passati dall’acquistare giocatori “soprammobili” inutilizzabili al mendicare aiuti, regali e prestiti dalle altre società, il tutto a colpi di rifiuto da parte del presidente a fare nuovi acquisti, nonostante a inizio stagione fosse stato sbandierato un ritrovato entusiasmo presidenziale che, evidentemente, si è già dissolto. Siamo in tempi di crisi e di “spending review” e, forse, l’abile politico Berlusconi vuole dimostrare all’Italia che si può costruire una squadra vincente anche senza spendere e, quindi, ancora una volta usare il “suo” Milan per squallidi fini elettorali, come già fatto in passato, ma nel calcio purtroppo non funziona così e il Milan rischia di fare figure ancora peggiori di quella della scorsa stagione, perchè il giovane e inesperto Pippo Inzaghi non è la fata turchina e non ha la bacchetta magica per trasformare una zucca in una carrozza, così come non l’avevano Allegri e Seedorf nella scorsa stagione e, infatti, si è visto come è andata a finire. E poi, se vogliamo davvero dirla tutta, visto che siamo in tempi di crisi e di contenimento delle spese, perchè chi si occupa delle questioni economiche della società rossonera ha deciso di chiedere ulteriori sacrifici ai tifosi proprio dopo una stagione fallimentare, aumentando sorprendentemente i prezzi degli abbonamenti dopo tanti anni in cui erano rimasti invariati? Dopo aver offerto ai fedeli tifosi, stoicamente presenti a San Siro, uno spettacolo indegno in molte partite della scorsa stagione, sarebbe stato opportuno offrire uno sconto, se non proprio regalare l’abbonamento successivo, invece la società può bellamente e sfacciatamente ammettere che non ha soldi per rinforzare la squadra (Galliani ha detto in questi giorni che non è vero che ha il “braccino corto”, la verità è che non ha proprio il braccio e chi ha orecchie per intendere intenda…), ma i tifosi devono avere più soldi a disposizione per acquistare un abbonamento. Bene, bravi, complimenti vivissimi! Infatti la già squallida cifra di 23000 abbonati nella scorsa stagione rischia seriamente di essere ritoccata al ribasso (fino a ora sono poco più di 16000 gli abbonamenti venduti e l’immobilismo sul mercato non invoglia certo ad abbonarsi) e, forse, sarebbe stato meglio che tutti i tifosi facessero un discorsetto semplice semplice alla società: visto che vige la filosofia dei prestiti e degli acquisti a costo zero, perchè non concedete ai vostri tifosi un bell’abbonamento in prestito con obbligo di riscatto (ovvero di pagamento) a fine stagione solo in caso di raggiungimento di un obiettivo sensibile (ad esempio arrivo nei primi tre e conseguente qualificazione alla Champions League)? In fondo, visto che siete così soddisfatti della rosa e della squadra solo perchè si è vinto un inutile torneo estivo (Trofeo TIM), sarebbe una bella scommessa da vincere per chi è così sicuro di aver costruito una rosa competitiva, al contrario di quanto pensa il popolo rossonero sempre più triste e sfinito dalla vana attesa di nuovi acquisti; sarebbe un comportamento da Milan, il grande Milan di una volta in cui il presidente si infuriava anche solo per le sconfitte nelle amichevoli, mentre ora si dice soddisfatto dopo le batoste in terra americana e si accontenta del Trofeo TIM, il grande Milan che nelle cene in cui stava festeggiando un trofeo appena vinto pensava già a quello successivo da vincere e considerava questa fame il segreto dei tanti trionfi, mentre ora si pensa solo a ricordare il passato e mai a costruire il futuro con azioni nel presente. Lo stile Milan, però, non esiste più, il Milan di una volta non esiste più e non resta che ricordare con nostalgia la favola del Milan che fu. C’era una volta il Milan…ora non c’è più!
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