In 9 giorni uno scudetto da difendere e una Champions da conquistare

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Giornalista sportivo a Mediaset, è stato caporedattore di Tele+ (oggi Sky). Opinionista per Telenova e Milan Channel. I suoi libri: “Soianito”, “La vita è una” con Martina Colombari, “Sembra facile” con Ugo Conti.

09.09.2011 00:00 di Luca Serafini   articolo letto 25 volte

© foto di Pietro Mazzara

Ad Auronzo di Cadore abbiamo vissuto l’entusiasmo quotidiano di centinaia di tifosi laziali che sognano ad occhi aperti, durante il ritiro di luglio. Hanno ragione: la campagna acquisti è stata importante e mirata, l’attacco è uno dei più forti del campionato, bene assortito, potente, sorretto da un centrocampo solido che mischia qualità a gamba. Ma Roma è così, vive di sbalzi improvvisi di umore e le cessioni necessarie di Floccari e soprattutto Zarate, hanno improvvisamente bloccato la campagna-abbonamenti. Il Milan deve stare attento a Hernanes, Cissè e Klose, agli inserimenti di Mauri, alla spinta sulle fasce. Pur con assenze importanti a San Siro, la squadra di Reja può essere alla distanza una delle realtà positive del campionato.
Un inizio terribile per i rossoneri: Lazio, Barcellona e Napoli, subito per tastare il polso, subito per capire quanto sarà dura difendere lo scudetto e riconquistare credibilità, competitività in una Champions che dal 2007 non ha più regalato gioie. L’esclusione di Inzaghi è una rinuncia pesante, è vero che Pippo non si allena da molti mesi con la squadra, ma è anche vero che gli sarebbero bastate un paio di settimane per avere quell’autonomia che gli avrebbe consentito di entrare in corso e fulminare le partite europee più difficili. Non avrebbe avuto un posto assicurato nemmeno in panchina, secondo le gerarchie di Allegri, eppure noi a Inzaghi scampoli di Champions li avremmo concessi a scapito di chiunque altro.
Il Milan ha alle spalle un campionato in cui spesso il refrain è stata la dipendenza da Ibra. Un falso d’autore, perché in realtà i fattori scudetto sono stati molteplici: la solidità difensiva, l’intuizione Van Bommel, l’esplosione di Boateng e Robinho, il recupero di Pato, le parate di Abbiati, i piccoli decisivi contributi di Cassano, dei giovani, la consacrazione di Abate. E, naturalmente, i gol di Ibra. Anche i gol di Ibra. Eppure questa è la vigilia di una stagione in cui la dipendenza da Ibra sarà eccome un fattore-chiave. La dipendenza da Ibra e da Pato. Se loro due si confermeranno agli abituali livelli di rendimento in campionato, il Milan lo rivincerà. Se loro due riusciranno finalmente a fare in Europa quello che fanno abitualmente in Italia, il Milan tornerà a fare strada in Champions. Senza il loro contributo ai massimi livelli, il valore della squadra scende in maniera esponenziale. E con esso le possibilità di essere competitivo sui vari fronti. Va chiesto a Ibra di disciplinare il suo furore, va chiesto a Pato di alzare l’asticella del suo, furore.

Due settimane fa avevamo parlato in questo editoriale, in maniera provocatoria, di uno sciopero giusto, giustissimo. Volevamo sottolineare come la colpa di quella situazione fosse dei presidenti, della Lega e non dei giocatori. Abbiano suscitato l’indignazione di molti, che non avevano colto quell’intento. Nei giorni successivi, però, la nostra posizione è stata condivisa da autorevoli colleghi, opinionisti e persino qualche presidente. Il calcio è nelle loro mani e nei loro soldi, sono loro a deciderne il destino. L’augurio alla vigilia del sospirato calcio d’inizio è che ritrovino il buonsenso negli atteggiamenti, nei fatti, nelle parole. Un miracolo, insomma. Qualche volta però ui miracoli avvengono, basta crederci.

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