Biasin: "Cassano in bilico: a rischio la carriera del campione rossonero vittima di un’ischemia. Il malore di sabato spaventa il Milan e la…

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Estratto dall’editoriale di Fabrizio Biasin per TMW

01.11.2011 08:30 di Luca Iannone   articolo letto 198 volte

© foto di Fabrizio Biasin

Questo editoriale è dedicato al calciatore più “non calciatore” della storia recente: si chiama Antonio, o Antò, o Fantantonio, o “pibe di Bari”, o tutto quel che vi pare. Di cognome fa Cassano e lo odi o lo ami e se lo odi, molto probabilmente, ti tocca capire se si tratta di semplice invidia o fastidio per uno che alla vita dà del tu con una certa supponenza e poca, pochissima paura.
Sabato sera allo scavezzacollo più imprevedibile che c’è è successo qualcosa di imprevedibile. Un malore, la luce che si spegne e op: d’improvviso tu che campi di pedate e meraviglie pallonare ti ritrovi a fare i conti con inghippi più terreni, con problemi che – in genere – riguardano signori d’una certa età e viziosi dallo stile di vita sregolato.
Cassano non ha “una certa età”, Cassano non è un vizioso. Gli puoi dare del mattacchione, ma ama il suo lavoro e al suo lavoro ha dedicato tutto, in particolare gli ultimi mesi. Chi dice: “Se l’è cercata” non capisce una mazza o quantomeno non conosce i fatti.
Eccoli. Cassano Antonio da Bari è vittima di un’ischemia cerebrale. A 29 anni. Una rarità. Le cause sono sconosciute, ma il fatto che l’attaccante rossonero ora sia tranquillo pur in una stanza d’ospedale è già una gran notizia. Esistono due tipi di ischemie: “transitorie” e “non transitorie”: le seconde sono infami, lasciano tracce, non te le dimentichi più, ti segnano il corpo e il cervello. Dalle prime si recupera, ci vuole tempo ma tutto torna a posto. Non sappiamo se Cassano sia rimasto vittima di uno o dell’altro destino infame, ma tutto ci fa credere che il guaglione di Bari ora stia meglio e abbia il nervoso tipico di chi vorrebbe spaccare il mondo, ma è costretto a fare il bravo ragazzo (ci proverà, ma non scommetteteci dei soldi…).
La verità è che quanto scritto qua sopra ha poco senso e solo una domanda merita risposta: Antonio tornerà a giocare? Impossibile fare previsioni, perché i medici tacciono e i familiari hanno legittimamente altro a cui pensare. Certo è difficile credere che una società seria come l’Ac Milan decida nel breve periodo di assumersi una responsabilità così grande. Soprattutto tra i medici rossoneri ci si interroga sul terribile “uno-due” capitato nell’arco di un paio di mesi: prima Gattuso, poi Cassano. Entrambi sani, entrambi vittime di problemi neurologici. Sicuramente si tratta di un caso, ma chi lavora con dedizione a un progetto non può far altro che chiedersi se certi fatti potevano essere evitati.
Rispondiamo noi: no, non si poteva prevedere nulla di tutto ciò. Il fatto è che quando si discute di miti, di campioni dello sport, sembra che si stia parlando di esseri sovrannaturali. Si può accettare un osso rotto, un muscolo strappato, non un male imprevedibile. “Se capita ad atleti come questi, figuriamoci a noi”, pensa l’uomo comune. E d’istinto ci si blocca. La verità è che lo sportivo ad alto livello ha un ruolo infame: gestisce il suo corpo per dare il massimo in un periodo di tempo limitato, prova ad ogni costo ad andare oltre i limiti. Ma anche i fenomeni son fatti di carne e sangue e tante volte non c’è allenamento che tenga.
Antonio Cassano è arrivato al Milan nel gennaio scorso. Era sovrappeso, imbolsito, poco atleta, molto in discussione. S’è rimboccato le maniche come fanno quelle signore di mezza età che si guardano allo specchio con aria insoddisfatta. Ha perso chili su chili, è diventato un “indispensabile” per i rossoneri alla faccia di chi (compreso chi sta scrivendo) prevedeva per il barese una stagione lontana dai colori rosso e nero. In nazionale ha dato tanto, tantissimo, e addirittura gli espertoni di ogni latitudine avevano sentenziato: “Sarà lui a guidarci all’Europeo 2012”. Difficilmente lo farà, ci vuole un miracolo sportivo. Uno di quelli che Antonio è abituato a fare in campo. Ricordate? Bari-Inter, palla ad Antonio, controllo di tacco, finta, doppia finta, Blanc e Panucci saltati e gol ai nerazzurri da spellarsi le mani. Aveva 17 anni Antonio, e lo sguardo tipico dei predestinati. Non ha mai avuto paura di sfidare il destino, lo farà ancora.

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