Berlusconi ha capito cosa serve al Milan per riavvicinare il Barcellona

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Giornalista sportivo a Mediaset, è stato caporedattore di Tele+ (oggi Sky). Opinionista per Telenova e Milan Channel. I suoi libri: “Soianito”, “La vita è una” con Martina Colombari, “Sembra facile” con Ugo Conti.

25.11.2011 00:00 di Luca Serafini   articolo letto 57 volte

© foto di Pietro Mazzara

L’applauso finale degli 80.000 di San Siro ha detto molte cose, almeno quante ne ha dette la partita: il Milan ci ha messo cuore, orgoglio e carattere, ma il Barcellona è più forte. Molto più forte. In un primo tempo in cui pure i rossoneri hanno segnato uno splendido gol e ne hanno sbagliato un altro monumentale con Robinho, i blaugrana hanno imperversato mettendo alla frusta la difesa campione d’Italia ed evidenziando limiti e differenze di valori chiari, netti: una velocità, un pressing, un’organizzazione, un collettivo che consente a questa squadra di entrare nella leggenda, vincendo tutto a livello di club e avendo fornito la sua spina dorsale alla Nazionale campione d’Europa e del mondo.
Cosa e quanto manca al Milan per ridurre il gap? Dal punto di vista strutturale, non molto: la squadra che Allegri ha forgiato per conquistare lo scudetto e che appare in grado di rivincerlo, ha trapiantato muscoli e corsa di Van Bommel e Robinho al posto di Pirlo e Ronaldinho. Ha costruito una formazione solida, capace di difendersi in maniera più robusta rispetto al recente passato, allo stesso tempo dando all’attacco una fantasia e una libertà di inventiva – o di inserimenti – che lo rendono il reparto più forte d’Italia. La tenacia con cui il Milan si difese al Camp Nou e al 90’ andò caparbiamente a cercare il 2-2 ha avuto seguito con la prova di mercoledì: sotto di un gol e sottomesso sul piano del gioco, ha reagito con grande temperamento battendosi alla pari. La superiorità degli spagnoli era tangibile anche senza l’accanimento arbitrale: la traversa, qualche miracolo di Abbiati e un po’ di errori di Villa e Fabregas hanno detto che di quel generoso rigore gli uomini di Guardiola potevano fare tranquillamente a meno.
Le differenze più clamorose a nostro avviso sono state nelle individualità. Che Nesta sia in difficoltà ormai contro avversari così rapidi nei movimenti e nelle esecuzioni, non è una sorpresa né una novità. Che Zambrotta in questo momento sia così meglio di Antonini o Taiwo, è da dimostrare. Che Van Bommel sia in calo dopo 6 mesi superbi, è un fatto. Che purtroppo Robinho si divori il doppio dei gol che segna, è statistica. Che lo spirito di squadra di Pedro, Villa e Sanchez non appartenga a Pato, lo sapevamo. Abate ha reagito con lo spirito del campione alle difficoltà della prima mezzora, Thiago ha fatto il suo, Aquilani è Aquilani ma Xavi è Xavi. Boateng, Seedorf e Ibrahimovic sono oggi forse i soli che potrebbero trovare posto nel Barça, se non apparisse quasi come una provocazione quella dello svedese…
Silvio Berlusconi a San Siro c’era, ha visto, ha capito, ha detto: noi abbiamo giocato bene, loro hanno giocato meglio. Così come dopo l’andata parlò esplicitamente di “lezione di calcio”. Non ce l’aveva con l’allenatore. Ha semplicemente capito che al suo Milan, a questo Milan, servono giocatori importanti per accorciare le distanze: un terzino, un centrocampista, un attaccante d’area. Subito. A maggio, poi, bisognerà fare ulteriori conti con le carte d’identità sgualcite e con la valutazione serena – a prescindere dall’anagrafe – su chi sia da Milan e chi no.   

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