Pato in Francia: ottima soluzione per non crescere mai più

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Giornalista sportivo a Mediaset, è stato caporedattore di Tele+ (oggi Sky). Opinionista per Telenova e Milan Channel. I suoi libri: “Soianito”, “La vita è una” con Martina Colombari, “Sembra facile” con Ugo Conti.

30.12.2011 00:00 di Luca Serafini   articolo letto 298 volte

© foto di Pietro Mazzara

Galliani arrabbiato con Allegri per un’intervista border-line, Allegri arrabbiato con Pato, Pato arrabbiato con Allegri e per l’arrivo di Tevez. Un brutto modo di chiudere un anno in cui il Milan era in testa all’Epifania ed è ancora in testa a Natale. Non è abitudine della società rossonera lavare i panni in piazza, per questo Galliani non ha gradito alcune esternazioni dell’allenatore e allo stesso modo probabilmente anche di Pato, il quale se non altro sull’argomento è stato sollecitato senza dire niente di grave. Così alla questione del rinnovo del contratto, di Tevez e di Inzaghi, tra i bagagli scaricati a Dubai c’è pure il fardello di questo scenario non propriamente idilliaco. Intanto, va chiarita la fiducia ad Allegri: non c’è niente di peggio, per una squadra di calcio, sapere che il proprio tecnico è in partenza per scaricarsi psicologicamente. Le sirene suonano da più parti, Inter compresa (e come poteva non esserci?), tra le offerte possibili per una panchina futura. Questo forse ha dato una sicurezza verbale inedita nel morigerato allenatore toscano.
Nell’intervista, si è parlato della scarsa crescita di Pato in questi anni. La media-gol resta elevata (ma quest’anno si sta abbassando…), ma lui in partita – quando non segna – non incide come sarebbe lecito aspettarsi. Il Papero ha risposto che Allegri non è prodigo di consigli in campo. Pensiamo che con lo staff di cui dispone il Milan e che comprende Mauro Tassotti e il tattico Andrea Maldera, sia un po’ difficile che nessuno gli spieghi mai cosa e come dovrebbe fare. Probabilmente Ancelotti, il quale pure talvolta non disdegnava di mandarlo in panchina, era più paterno, ma la questione appare un po’ lieve per essere discussa seriamente. Pato deve interrogarsi sul fatto che anche la sua storia in Nazionale, dall’Olimpica a quella maggiore passando per 3 C.T. diversi, non è quella di un titolare inamovibile. Tutt’altro. Nemmeno oggi che i verdeoro hanno perso stelle come Ronaldo, Kakà, Ronaldinho e dove imperversa invece lo sbarbatissimo Neymar. Pato deve interrogarsi sul fatto che la classifica cannonieri in Italia e in Europa è un argomento che non lo riguarda. Pato deve interrogarsi sul fatto che San Siro lo abbia fischiato e i compagni mandato a quel paese. Pato deve interrogarsi sul fatto che, avendone le potenzialità, avvicinarlo al Pallone d’oro (cosa che fu fatta dal giorno dell’esordio in rossonero) appare un tantino azzardato visto quello che fanno, da anni, Messi, Ronaldo, Rooney, lo stesso Ibra e, perché no, con buona continuità ora anche Balotelli.
Per essere chiari, noi amiamo Pato. E’ stata un’intuizione geniale prenderlo minorenne e portarlo subito a Milanello. Siamo delusi dalla sua scarsa crescita tecnica, tattica, caratteriale, ma non lo venderemmo mai. Mai. Per nessuna cifra al mondo. Il Milan e Berlusconi fanno ora però i conti con quello che succede nel mondo e in particolare nel mondo del calcio. L’ultima volta che hanno incassato tanti soldi, 60 nel 2009 per Kakà, non sono stati reinvestiti subito, ma nel giro di 2 anni – dopo aver preso Thiago Silva, Ronaldinho, Robinho, Ibra, Boateng, Cassano, Van Bommel – è tornato lo scudetto sulle maglie. Tevez oggi è più forte di Pato, anche se il disegno di Galliani sarebbe quello di averli insieme in rosa. Difficile che la trattativa si concluda già a gennaio, tanto più che tecnicamente l’accordo con Ancelotti è già difficile di per sé, ma il Paris St. Germain ha mezzi illimitati. Certo, pur se con un facile scudetto all’orizzonte, il livello del campionato francese – Ancelotti o non Ancelotti – è un’occasione unica per Pato per non crescere più. Sono altre le sfide che attendono i campioni, quelli che le amano, quelli che si mettono in gioco. Ha detto Inzaghi di recente: “Meglio 20′ al mese nel Milan che 90′ ogni settimana altrove”. Ci sono 16 anni di differenza tra i due, ma non sono le uniche differenze che li separano. Senza bisogno che qualcuno gli parlasse, in questi anni a Pato sarebbe dovuto bastare osservare con quanta fame, quanta rabbia, quanta voglia ogni giorno Inzaghi insegue i suoi record. A volte in silenzio si impara più che da mille discorsi.

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