Meteore rossonere – L’uomo di Terim, Ümit Davala

Canale Milan

Da Istanbul a Milano e da Milano di nuovo ad Istanbul. In poco più di 2000 km c’è la storia che ha legato un allenatore al suo pupillo, una storia vincente a metà, perché le cose nella capitale meneghina non andarono decisamente per il verso giusto. Tutto accadde nell’estate del 2001 quando a Milanello arrivò l’Imperatore Terim con il fido Ümit Davala.

La famiglia Davala faceva parte di quella enorme schiera di turchi che aveva messo radici in Germania. Ümit nasce a Mannheim, città famosa per essere la patria dell’automobile, il 30 luglio del 1973 da genitori partiti dalla Turchia con rosee speranze e finiti in un ghetto a lavorare in una scuola. Il piccolo Ümit, cominciando presto a capire come giravano le cose, decide di darsi al fußball entrando nelle giovanili della squadra locale, da sempre sospesa tra il calcio dilettantistico e quello professionista. A 21 anni poi, capisce che è il momento di abbandonare il sogno tedesco e di tornare in patria, senza comunque modificare di una virgola l’andamento della sua carriera. Quando la speranza di sfondare sembra svanire del tutto arriva la chiamata dell’Istanbulspor e l’approdo in Süper Lig. Nonostante la buona annata Davala non viene confermato ed arriva un prestito nell’estremo oriente del paese. L’anno dopo è quello buono per il grande salto: nel 1996 firma con il Galatasaray assieme a quello che diventerà il suo mentore, Fatih Terim. Sotto la guida dell’Imperatore, Ümit diventa uno dei pilastri della squadra e con il club vince quattro campionati di fila, due Coppe di Turchia e, soprattutto, una Coppa Uefa – segnando uno dei rigori decisivi – e una Supercoppa Europea battendo il Real Madrid campione d’Europa. L’anno dopo Terim si trasferisce alla Fiorentina e chiede al suo pupillo di seguirlo ma il Galatasaray, che nel frattempo aveva già venduto Hakan Sükür all’Inter, non ha intenzione di privarsi di un altro dei suoi pezzi pregiati. Così bisogna attendere l’anno successivo quando i due riescono finalmente a ritrovarsi in quel di Milanello.

“Ci conosciamo bene ma questo non significa avere dei vantaggi. Lavorerò come gli altri e cercherò di essere un giocatore titolare di questo Milan.” Queste le poco convincenti parole che il turco proferì durante la conferenza di presentazione, sguardo carico e maglia numero 34. Un numero particolare, d’altronde la 22 era già di Contra e Ümit decise di riconoscersi nel 34, prefisso sulle targhe di Istambul. L’esordio arriva tre giorni dopo: appena il tempo di vincere a Udine che è costretto a fermarsi per un guaio muscolare. Al rientro il destino di Terim è già quasi segnato e così Ümit ci mette del suo nelle due partite con Bologna e Torino che segnano la fine del regno dell’Imperatore. Con l’esonero di Terim addio speranze e sogni di gloria perché Ancelotti ci mette poco a relegarlo in tribuna. A fine stagione raggiunge 10 presenze e in quel di via Turati capiscono che il ragazzo ha le qualità necessarie per rientrare in quella serie di scambi che, ad inizio secolo, Milan e Inter utilizzavano per risollevare i bilanci. Così Ümit finì in nerazzurro in cambio di Dario Simic, che, negli anni a venire si dimostrerà un ottimo gregario.

Intanto il 2002 era l’anno del mondiale nippo-coreano e data la stagione appena trascorsa pareva impossibile che il turco vi prendesse parte. Invece i vecchi amici del Galatasaray si ricordarono di lui e convinsero il ct Senol Gunes ad includerlo tra i 23 convocati. Dalla gioia Ümit decise di imitare nel peggior modo Ronaldo con un’acconciatura in stile moicano. Le cose comunque andarono come meglio non potevano: la sua Turchia arrivò terza e Davala, che l’Inter neanche pensava a tenersi, fece ritorno al Galatasaray. Fu solo una toccata e fuga, ma fuga vera perché in patria trovò modo di litigare con l’intera opinione pubblica che continuava ad additarlo come un raccomandato finché stanco se la prese anche con una troupe che lo voleva intervistare dopo che il comune di Smirne, città natale dei genitori, volle dedicargli una strada. Il risultato fu che il comune cambio idea e Ümit se ne andò al Werder Brema.

In Germania ha giocato altri tre anni poi gli acciacchi – o il buon senso – hanno avuto la meglio e ha dovuto appendere le scarpette al chiodo. Dopo il ritiro è arrivato il patentino d’allenatore, la guida dell’Under 21 turca, una discutibilissima carriera da cantante e, dall’anno scorso, è tornato a fare quello che gli riesce meglio, divenendo l’assistente di Terim al Galatasaray.

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