Colpe, alibi e capri espiatori

Milan Night

ponzio pelato Colpe, alibi e capri espiatoriMa siamo proprio sicuri che il problema sia in panchina? Siamo proprio certi che basti cambiare il timoniere per fare andare più forte questa nave piena di falle e tacconi? Io la mano sul fuoco non ce la metterei proprio. Anche se negli ultimi dieci giorni lo sport preferito di stampa e tv è quello del tiro al piccione Allegri.

Ormai lo danno per spacciato. Uomo morto che cammina, legato a una speranza ormai sottile come un filo di seta. I nomi per il futuro sono tanti quanto fantasiosi. Si va dall’usato sicuro, Fabio Capello, al filosofo Pep Guardiola. Dal figliol prodigo Costacurta all’indimenticato Marco Van Basten. Tante ipotesi ma una quasi certezza: Berlusconi vorrebbe cambiare, voltare pagina.

Se il presidente ha più volte dato più o meno evidenti segnali di insofferenza per il gioco e per la gestione della rosa da parte del tecnico di Livorno, la società Milan pare invece difendere – o almeno provare a – l’allenatore, facendo quadrato. D’altronde l’inchiostro con cui è stato firmato l’accordo biennale è ancora fresco, gli accordi si fanno in due e tutto sommato quando si fanno certe scelte di medio periodo, quella di tornare indietro potrebbe essere considerata una mossa sconclusionata.

Gli alibi di Allegri daltronde non sono pochi: il preparatore atletico non l’ha scelto lui, lo staff medico nemmeno e non si può certo dire che le scetle di mercato siano state coerenti con le richieste del tecnico. A giugno Allegri aveva espresso solo un desiderio, una priorità: una mezzala sinistra con certe caratteristiche, uno alla Fabregas o alla Hamsik. Alla fine è arrivato Aquilani. Giocatore non scarso ma fragile, e con caratteristiche tecniche che non si sposano con l’idea di mezzala che ha in mente l’allenatore. Tanto che poi quel ruolo se lo è preso – con merito – quel Nocerino catapultato a Milanello quasi per caso, all’ultimo minuto dell’ultimo giorno di mercato. Se questa è programmazione io sono l’abate di Montecassino.

Agli alibi, che sono innegabili, fanno da contrappeso le colpe. Che abbiamo più volte evidenziato, prima tra tutte quella scarsa attitudine alla flessibilità e al coraggio. Non essere in grado di schiodarsi dal solito modulo non è propriamente tipico dei grandi allenatori. Così come ostinarsi a proporre certi giocatori che ormai hanno dato tutto o quasi ha il sapore di una scelta più politica che tecnica.

Detto questo bisogna chiedersi se il problema sia veramente in panchina. Con questa rosa – a parità di condizioni – i vari Guardiola, Capello, Spaletti e chi ne ha più ne metta avrebbero fatto tanto meglio? E ancora, se domani uno di questi guru della panca arrivasse a Milanello sarebbe davvero in grado di garantire vittorie e trofei senza chiedere grandi investimenti alla società e accontentandosi di validi parametri zero e di qualche saldo low cost?

Probabilmente no. E probabilmente la verità sta nel mezzo. Probabilmente la verità è che Allegri ha ancora grossi limiti. Allo stesso tempo la verità è che al momento, e ripeto, al momento, la società non pare nelle condizioni di mettere un eventuale tecnico di primissima fascia nella condizione di allenare una rosa adeguata alle sue esigenze.

Inserire qualche giovane e il Montolivo di turno non basterebbe certo a garantire un salto di qualità. Servirebbe Guardiola o Capello, forse, ma servirebbero anche 4-5 innesti nei centri nevralgici della squadra, gente di primo livello, giocatori di sicura affidabilità. Servirebbero come minimo 30-40 milioni freschi da investire sul mercato.

Si può fare? La risposta la sa solo il presidente e forse anche la società. E se questa risposta fosse no allora tanto varrebbe tenersi Allegri. Che dopotutto uno scudetto l’ha vinto e che al netto di tutte le sfighe e gli errori ha portato una rosa con tanti limiti a giocarsi un buon quarto di finale di Champions contro i campioni del mondo e a lottare fino alla fine per il bis in campionato.

Se ci fosse un progetto interessante, tanto per usare una frase usata da Fabio Capello, allora forse varrebbe la pena di aprire un nuovo corso. Di provarci.

In caso contrario rischieremmo soltanto un salto nel buio. E la caduta potrebbe essere molto, ma molto dolorosa

Marco Traverso

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