Caro Balotelli, la colpa è tua

KAKÀ TRATTA COL SAN PAOLO MA NON CHIUDE AL MILAN, LO RIVORRESTE IN ROSSONERO?

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Giornalista sportivo e scrittore. I suoi libri: “La vita è rotonda”, “Soianito”, “L’oro di Sheva”, “Calcinculo”, “La vita è una”, “Sembra facile”. Attualmente online l’ebook “La rivoluzione di Giuseppe”, Gruppo Viato

27.06.2014 00:00 di Luca Serafini Twitter: @lucaserafini4  articolo letto 6416 volte

© foto di Pietro Mazzara

Il tweet di Mario Balotelli all’indomani dell’eliminazione azzurra dal Mondiale brasiliano (“Ho dato tutto…, gli africani non scaricherebbero mai un fratello…, ho sbagliato un gol con Costarica e allora…?”, eccetera) ha commosso i neutrali confondendo le acque tra vittime e carnefici di una spedizione fallimentare della nostra modesta Nazionale. E’ un attimo fallire il bersaglio, in situazioni come questa. Mercoledì abbiamo postato un pensiero ( https://www.facebook.com/lucaserafiniofficial/posts/10152494501169876?notif_t=like ) in cui sostanzialmente ricusavamo lo sport dei tagliatori di teste, invitando tutti a capire che il nostro calcio è naufragato lo stesso giorno in cui è morto un ragazzo che stava andando alla finale di Coppa Italia a prescindere dalle intenzioni con cui vi si stesse recando, anzi semmai rinforzando la tesi. Fino a quando il nostro pallone sarà disseminato di morti, fidejussioni false, mazzette, scommesse, Calciopoli, omertà, umiliazioni in Europa con i club e al Mondiale con la Nazionale, potrà produrre soltanto dirigenti mediocri, pavidi e ignari (o collusi?) come Abete, C.T. storditi e confusi come Prandelli, mezzi campioni fasulli come Cassano e appunto Balotelli. Che, per inciso, con la vita dei fratelli del Meridione e dei fratelli africani hanno pochissimo da spartire e ancor meno di che straparlare. A loro viene chiesto semplicemente di comportarsi da uomini e da professionisti e purtroppo non è accaduto nemmeno questa volta. Fa niente poi se né Cassano né Balotelli siano in verità tra i primi 20 (almeno, e forse 30) attaccanti del mondo, partendo da Cristiano, Messi e Neymar per continuare con Suarez, Falcao, Muller, Ibrahimovic, Cavani, Rooney, Van Persie, Tevez,  Benzema, Diego Costa, Dzeko, Aguero, Rossi, Milito, Totti, Rodriguez, Klose, Mandukic, Palacio, Fred e per quanto ci riguarda aggiungeremmo Lambert, Jay Rodriguez, Mario Gomez, Adebayor, Soldado, Lewandowski, Hazard… Forse anche Destro, Icardi e qualcun altro. Gente di rendimento, se non altro. Gente di prospettive o di passato, solidi, concreti.

E’ il campo a fare la differenza, caro Mario. Non le chiacchiere. Non il colore della pelle. Sono le prodezze, non le ginocchiate, sono i gol, non i cartellini gialli o il dito indice davanti alle labbra. Domandati, caro Mario, se è stata la stampa e sono stati i media a perseguitarti oppure se è stata l’Inter a sbolognarti, il City a ripudiarti, Mancini ad arrendersi, i milanisti esasperati a fischiarti, Prandelli a cacciarti fuori alla fine del primo tempo contro l’Uruguay nella partita decisiva, se sono stati i tuoi compagni – che un Mondiale nel 2006 lo hanno vinto – a scaricarti. Comincia a darti una risposta, quando ti chiedi “perché sempre a me?” e non invece “sempre a” Buffon, Barzagli, o a Pirlo, o De Rossi, Immobile che pure non hanno decisamente fatto un Mondiale migliore del tuo. Il giorno in cui dovessi capire che le colpe sono anche tue e non soltanto degli altri, che il più crudele carnefice della vittima Mario Balotelli si chiama Mario Balotelli, forse avresti ancora un’ultima chance se non fosse troppo tardi.

Lo sport regionale milanista di vomitare su Clarence Seedorf non si è affatto esaurito e anzi quasi ogni giorni si arricchisce (o impoverisce) di una voce nuova, sorretta da una stampa raramente così compatta. Peccato solo che a tutt’oggi, a parte le uova in camera, una mail, un defatigante disertato e 35 punti nel girone di ritorno, nessuno abbia spiegato con chiarezza e sincerità che cosa mai abbia commesso di tanto infame l’uomo nero, tanto da meritarsi l’esonero di fatto dopo 18 mesi di corteggiamento, 2 soli mesi con un ingaggio da 10 milioni, una valanga interminabile di pettegolezzi, ultimo dei quali l’hotel di stralusso scelto in Brasile dove si è recato nella veste di opinionista. Come se fosse immorale rispetto agli ingaggi, agli hotel e ai privilegi riservati a qualche giornalista, molti dirigenti calcistici e ai loro familiari, oltre alla maggior parte dei suoi colleghi opinionisti, non tutti tra l’altro con un passato professionistico così stellare. E non tutti con una così encomiabile proprietà della lingua italiana, nonostante nella maggior parte dei casi siano italiani. Eccome, italiani.    

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