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“Ma si può essere più pivelli dei pivelli dell’Inter?” A chiederselo, lunedì 19 marzo 1979, è il quotidano l’Unità. Il giorno prima, nel corso di un umido pomeriggio ricco di emozioni, i nerazzurri sono riusciti a pareggiare un derby che sembrava già vinto, sciupando l’opportunità di fermare la corsa del Milan verso lo scudetto della stella.
Con la vittoria in campionato che manca da ormai undici anni, il Milan si presenta da primo in classifica (e da campione d’inverno) al primo derby dopo la morte di Nereo Rocco, ma i rossoneri sono tutt’altro che tranquilli: il Perugia di Castagner, secondo in classifica, non dà segni di cedimento e Liedholm, dopo il brutto 0-0 interno con la Juventus (“abbiamo giocato molto, molto, molto male”) deve affrontare la stracittadina senza gli infortunati Rivera, Collovati e Antonelli e con un Maldera acciaccato.
A San Siro i tifosi sono 65000 per un incasso record di 557 milioni di lire: La Stampa calcola che gli spettatori hanno pagato dieci milioni per ogni minuto di gioco effettivo. Piove ed il terreno è viscido; sugli spalti non si registrano disordini ma solo striscioni (“Milanisti cani bastardi” si legge in Curva Nord) e sfottò: “Verona, Verona” intonano gli interisti, con chiaro riferimento allo scudetto perso amaramente all’ultima giornata nel ’73.
Il primo tempo non fa che confermare i timori della vigilia: l’Inter impone da subito ritmi proibitivi per i rossoneri, che dopo pochi minuti perdono Bet per infortunio, riuscendo comunque ad arrivare all’intervallo sullo 0-0.
Al 3′ della ripresa Agnolin fischia un rigore più che generoso all’Inter per un presunto fallo di Baresi su Altobelli. Lo stesso Altobelli si incarica di trasformare il rigore, ma il trentanovenne Albertosi, che già ha tenuto a galla i suoi nei primi quarantacinque minuti, si dimostra ancora una volta insuperabile, parando con la mano di richiamo la conclusione centrale dell’attaccante interista: “il vecchiaccio è riuscito a fare una cosa eccezionale” commenta Enrico Ameri a Tutto il calcio minuto per minuto.
Passano però due minuti e Oriali, servito da Pasinato, porta i suoi in vantaggio; quando, a dodici minuti dalla fine, Altobelli porta il risultato sul 2-0, l’allenatore dell’Inter, Bersellini, va ad esultare con i tifosi: il trionfo nerazzurro sembra scritto.
È a quel punto, quando Perugia e Torino si stanno avvicinando in classifica, che il destino, per mezzo di un giovane studente di giurisprudenza nonchè mediano cresciuto nel settore giovanile rossonero, cambia le carte in tavola. L’esperto Fabio Capello, data un’occhiata all’orologio, vede che mancano ancora dieci minuti, decide che non è ancora detta l’ultima parola e, mentre gli avversari ancora sistemano la barriera, tocca corto per Walter De Vecchi, l’avvocato del Diavolo, che raccoglie e scaglia la sfera alle spalle di Bordon: è 2-1.
Il Milan tira allora fuori l’orgoglio e l’arrembaggio dei minuti finale si conclude, incredibilmente, con il gol del pareggio, siglato all’89′ ancora da De Vecchi che, da fuori area, controlla e beffa nuovamente Bordon, prima di correre, braccia al cielo, incontro al portierone Albertosi: “Sono corso in campo senza sapere più dove ero e chi ero, mi sentivo di fare cinque chilometri tanto ero folle di gioia”. Delirio in campo e sugli spalti, la rimonta del Torino a Vicenza è inutile e a Perugia si mastica amaro. Lo scudetto è più vicino.
Nel dopo partita l’eroe di giornata, paragonato da Beppe Viola ad un “Perry Mason buttatosi a capofitto in una causa che sembrava persa”, dedica la vittoria ai genitori e, pur precisando di aver già segnato una dopietta in passato (ma era con la maglia del Monza in C), sa di essere entrato nella storia (“Questa gara mi apre grandi prospettive. Ora potrò giocare con maggior serenità”), tanto da pensare di abbandonare gli studi: “Forse questa giornata può significare l’addio all’università, anche se mi mancano una decina di esami e finirà che deciderò comunque e pian piano di continuare”.
Liedholm, senza scomporsi (“Peccato, ancora dieci minuti e vincevamo partita”) può abbandonare la sua proverbiale modestia e dichiarare ai cronisti: “Quando l’Inter ha raddoppiato non mi sono preoccupato perchè non ritenevo possibile perdere con questi nerazzurri”; il diciottenne Baresi, il più allegro di tutti, guarda verso lo spogliatoio interista aspettando il fratello: “Uscendo gli ho detto di non prendersela perché noi siamo troppo forti e lui mi ha detto qualcosa che non ho capito bene. Ora voglio spiegazioni da quello là. Come poteva pensare di battere il Milan. Si vede che è troppo giovane…”.
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Post Originale:
18 marzo ’79: il miracolo di De Vecchi