Canale Milan
di Alfredo De Vuono
Quella di domenica, quasi sicuramente, sarà l’ultima partita con la casacca rossonera di tre emblemi milanisti, ma soprattutto esempi virtuosi dell’epoca contemporanea del calcio. Auspicando che Allegri possa, a tutti loro, dare l’occasione per salutare il calcio che conta ed i loro tifosi un’ultima, sacrale, volta, non vediamo l’ora che i loro piedi possano continuare a battere sull’erbetta più fresca ed accogliente. Fosse anche dall’altra parte dell’emisfero.
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Alcuni lo chiamano ‘addio‘. Altri, tanto per non dar l’impressione d’esser troppo severi, lo chiamano ‘arrivederci‘. Dal punto di vista strettamente calcistico, certo, quello del ’9′. del ’10′ e del ’13′, beh, sicuramente un addio non è. Ma forse neanche un arrivederci.
Peccato non essere inglesi.
La lingua più comune del mondo, per motivi di ristrettezza di dizionario, difatti, è l’unica ad usare un unico termine per dire ‘addio’ ed ‘arrivederci’. Loro, gli inglesi, dicono ‘goodbye’.
In pochi, però, conoscono la reale genesi etimologico di questa parola. Allora ve la spiego io. Deriva dall’espressione ‘God be with ye’. Ve la devo tradurre?
” 10 “
Se dici ‘dieci’, dici calcio. Non è uno scioglilingua. E’ la realtà di chi s’abbandona alla sua bellezza. Se dici ’10′, nell’epoca del Milan dell’ultimo decennio, dici Seedorf. E se dici Seedorf, racconti, anche involontariamente, del suo incedere sempre zuccherino e smielato, la falcata ballerina di chi sa di potersi permettere quella leggerezza. Lo sa talmente bene, e nè è talmente cosciente che ne abusa. Anche perchè, nel calcio di oggi, a meno che non si sia stati baciati da Eupalla, non ce lo si può mica permettere.
Non è mai stato baciato dagli Dei del calcio, Clarence Seedorf. Ma ha saputo comunque costruirsi una delle carriere più vincenti della storia di questo sport; una reputazione da docente fin da ragazzino, un bagaglio d’esperienze che decine e decine di campioni del mondo e di palloni d’oro gli invidiano. Lo capisci dai suoi occhi.
Dal suo sorriso rassicurante. Dalla smorfia che le labbra gonfie, increspandosi verso un lato, emana, andando a riscaldare i cuori dei compagni più tiepidi, ed intiepidire quelli troppo cocenti.
«Adesso o piangiamo tutti o giochiamo tutti. Meglio la seconda»
[Clarence Seedorf]
” 9 “
‘Nove’, nel gergo che sta stampato sul cuoio d’un pallone da calcio, vuol dire gol. Inzaghi, nel gergo che sta stampato sui fili d’erba d’un campo di calcio, vuol dire gol. Il sillogismo lo lascio a voi.
Io mi limiterò a continuare a bearmi con quella vena. Quella stragonfia e pulsante vena che sta lì, sempre pronta ad esplodere di passione calcistica, quella che gli si dipinge sul fianco sinistro del collo ogni qual volta sia anche solo minimamente percettibile, nell’aria, la più infima possibilità che un qualcosa anche di solo vagamente sferico possa entrare in un qualcosa di vagamente parallelepidico. Di lui, un suo vecchio ed amato allenatore sostenne una tesi di mirabile estensione percettiva. Ovvero, che non fosse lui ad essere innamorato del gol, ma viceversa.
A dimostrazione, anche per i più cinici e meno romantici, che esistano eccome gli amori eterni.
«Se in un campo di calcetto a 7, si giocasse una partita 200 contro 200,
state certi che il primo gol lo fa Inzaghi»
[Arrigo Sacchi]
” 13 “
‘Tredici’, in gergo calcistico, non significa nulla. Non contraddistingue un ruolo, non definisce i contorni d’un mondo pallonaro. No, nulla di tutto questo. ’13′, spennellato di rossonero o biancoceleste, signifca solo ed esclusivamente Alessandro Nesta. L’epigono più degno di Franco Baresi, che neanche la fede più smisurata avrebbe saputo immaginare. L’unica creatura sportiva in grado di intrecciare trame d’eleganza di inestimabile fattura, pur calzate in un ruolo, quello dello stopper, canonicamente rude e virulento; ed ancor più apprezzabili perchè vestite come fili di seta addosso ad un fisico statuario, paradossalmente avvilito dalla disgrazia più abietta: la fragilità. Senza la quale, forse, sarebbe stato universalmente definito, con la stessa semplicità e naturalezza che lo contraddistingue, il difensore più forte della storia.
«Mi sono chiesto più volte se esistesse una maledizione su di me.
Ora non me lo chiedo più. Ai miei nipoti spiegherò che i filmati delle ultime partite
del Mondiale sono andati distrutti in un incendio»
[Alessandro Nesta]
Salutali, calcio. Salutali, Milan. Saluta il tuo 9, il tuo 10, il tuo 13. Saluta questi 32 magnifici anni di virtuoso spettacolo. Salutali tutti, tutti insieme, sperando che il ‘God be with ye’ collettivo, così come sarà, tra qualche giorno, basti a dir loro grazie. Nessuno di loro, d’altra parte, in futuro, farà mai male al Milan.
E se anche lo facesse mai, non farà mai male quanto i loro addii. Anzi, i loro ‘God be with ye’.
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Post Originale:
9, 10, 13: “God be with ye”