ESCLUSIVA MN – Luca Scolari: " Un nuovo calcio all’Italia"

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© foto di Luigi Gasia/TuttoNocerina.com

Il calcio italiano torna sotto i riflettori, ma purtroppo non per l’attesa partecipazione della Nazionale italiana ai prossimi Europei, o almeno, non solo. “Scommessopoli” colpisce ancora al cuore lo sport più amato dagli italiani  e così il calcio perde quell’aurea di placebo a cui, più volte, ci eravamo affidati per trovare, nel tifare i colori di una maglia o di una intera nazione, una valvola di sfogo ai tanti problemi che affliggono l’Italia anche oggi.
Il blitz a Coverciano a pochi giorni dal fischio d’inizio della competizione continentale sembra la mannaia mortale che potrebbe far allontanare in modo definitivo le speranze della gente nei confronti di un calcio che appare incapace di cambiare, di estirpare le radici infette che poi compromettono sempre più la crescita di nuovi germogli.
Calcio e scommesse da sempre vanno di pari passo. Il totocalcio, con la schedina della domenica a cui gli italiani delegavano sogni di gloria, è stato ormai soppiantato da un sistema articolato di scommesse che raggiunge un giro d’affari davvero ingente. Ma proprio la capillarità con cui le scommesse entrano nell’evento sportivo, ha creato la possibilità di costituire vere e proprie organizzazioni in grado di produrre in modo illecito, giri d’affari ancora superiori, trovando terreno fertile nell’universo calcistico che, nonostante le molte avvisaglie, ancora non è riuscito a trovare la giusta via per tutelare società e tesserati nei confronti di questi che, con tutta l’importanza del termine, chiamiamo criminali.
Qualcuno allora se ne esce con l’idea lapalissiana, con il famoso “uovo di Colombo”, dicendo: stop alle scommesse o addirittura: fermiamo il calcio.
Di fronte a queste dichiarazioni semplicistiche allora vogliamo parlare con chi, di calcio e sport, si interessa da molti anni sia a livello italiano che in campo internazionale. Dunque interpelliamo l’avvocato Luca Scolari, Chairman Strategico di un fondo, organizzatore di numerosi eventi sportivi e sociali, nazionali ed internazionali e Presidente della Fondazione Non Violence unica Fondazione con il logo davanti al palazzo delle Nazioni Unite di NY, ma soprattutto, secondo alcune voci, candidato ad assumere l’onere  di rivestire una importante carica istituzionale nel mondo sportivo italiano.

Il calcio non riesce proprio ad imparare dai propri errori. Da anni ormai si parla di illeciti legati a scommesse, ma soprattutto dopo i fatti avvenuti in coda alla scorsa stagione, ci viene da pensare che forse siamo di fronte ad un circolo vizioso, da cui sembra difficile uscire.
“Adesso provo una grande tristezza e un senso di vuoto Bisognerà aspettare i tre gradi di giudizio per capire effettivamente la portata di questa nuova ondata di arresti e avvisi di garanzia. Però ritengo che ora sia arrivato il momento per cambiare e dare una svolta allo sport italiano”.

In molti ci hanno provato, se ne parla da tempo, il calcio però sembra non riuscire a trovare la chiave di Volta per la sua effettiva rinascita.
“ Bisogna uscire dagli schemi mentali a cui il calcio e lo sport  in genere, sembrano essere legati. Si spendono sempre tante parole e sempre a parole si cerca di trovare soluzioni alternative allo status quo. Credo sia però arrivato il momento di dover passare dalle parole ai fatti. Serve agire e per farlo si dovrebbe avere la possibilità di lavorare a 360° senza conflitti di interessi, senza timori riverenziali, senza trovare soluzioni semplicistiche che servono solo a creare consensi in momenti di crisi, bisogna fare progetti innovativi e cambiare le regole”.

In effetti qualcuno ha parlato di bloccare il calcio o di proibire le scommesse sul calcio. Soluzione che in questo momento catturerebbe l’assenso di tutti, ma che farebbe fare grandi passi indietro a tutto il movimento.
“ La soluzione reale non deve essere espressa dai singoli. E’ il sistema sportivo che deve cambiare e che soprattutto deve rimanere compatto, deve potersi esporre con forza per poi lavorare in modo accurato alla sua rinascita. E’ semplicistico e giustamente anacronistico pensare di poter proporre uno stop al calcio o addirittura di vietare le scommesse. La storia ci insegna che il proibizionismo non ha portato a nulla, anzi, ha fatto cadere il mondo in periodi di ancor più alta criminalità. La soluzione per quanto riguarda le scommesse è molto più semplice. Bisognerebbe istituzionalizzare, rendere più centralizzato il sistema dei pronostici, così da risalire, nel momento in cui ce ne fosse la necessità o la richiesta specifica, a chi ha effettuato la scommessa. Una sorta di tracciabilità che con gli strumenti tecnologici a disposizione oggi è molto più semplice. L’Italia non può privarsi di un giro d’affari, quello delle scommesse, che si avvicina agli ottanta miliardi di Euro solo per il mercato Italiano, ma soprattutto dovrebbe essere più efficiente nel gestirne i proventi che, come succedeva per il Totocalcio, venivano utilizzati e distribuiti per lo sviluppo dello sport giovanile italiano. Perché oggi le istituzioni, le società sportive, hanno lasciato quasi la totalità delle scommesse a società private Italiane o estere e lo stato incassa solo una percentuale.
Scommessopoli dunque è una questione da dover gestire con un modus operandi diverso, perché si rischia altrimenti di far finire nello stesso calderone sia i reali responsabili del malaffare, sia invece le società che per la maggior parte dei casi sono completamente estranee alle vicende di cui si macchiano i propri tesserati. Qualcuno dice si, ma il problema è in almeno cinquanta paesi , ok non guardiamo sempre a casa altrui , cerchiamo di risolvere il nostro problema e diventare il paese benchmark di riferimento per gli altri almeno nello sport, come lo eravamo in passato”.

A questo proposito dunque, quali sono secondo lei le misure da dover prendere?
“Innanzitutto riguardo ai tesserati, come ho già sottolineato, prima di marchiare a fuoco con l’onta di colpevole qualsiasi degli indagati, bisogna aspettare i tre gradi di giudizio, lo stesso metro deve essere utilizzato nei riguardi delle società. Ci vuole poi una normativa che tuteli la certezza della pena sia riguardo la giustizia sportiva, cosa più semplice per il mondo dello sport, che deve essere propositiva per la giustizia ordinaria: in caso di colpevolezza comprovata i tesserati coinvolti in qualche azione illegale devono poter essere perseguiti anche con il sequestro immediato di beni mobili ed immobili per almeno il valore degli ultimi 3/5 ingaggi annuali a risarcimento delle società. Inoltre, loro malgrado, i Presidenti delle società, che secondo me sono per la quasi totalità parte offesa, dovrebbero pensare ad assicurare il capitale giocatori anche inserendo in sede contrattuale eventuali premi assicurativi, nel caso un proprio tesserato sia radiato o abbia una  lunga squalifica, perché ciò chiaramente comporta un danno patrimoniale ingente per i club. Queste sono alcune delle mie idee, se qualcuno volesse rimanere nell’immobilismo attuale non cogliendo le nuove opportunità e le nuove eventuali normative, allora bisognerebbe pensare che ci sono veramente pochi margini per uscire definitivamente da questa situazione , allora sì, sarebbe meglio fermarsi ricordandosi però che questo comprometterebbe il futuro di migliaia di persone che lavorano nell’indotto creato dal calcio, senza gli stipendi milionari dei calciatori, che quindi aggraverebbero lo stato di crisi che il nostro paese sta vivendo”.

Di tutto questo marasma, cosa pensa possano pensare i più giovani?
“ Questo è un altro tasto dolente. Come padre ho dovuto spiegare a mio figlio, che ama il calcio come molti suoi coetanei, il motivo per cui alcuni dei suoi idoli si sono trovati coinvolti in questa situazione, ho dovuto spiegargli perché qualcuno di loro ha dovuto anche rinunciare alla maglia della Nazionale mancando così all’appuntamento europeo.

E quale è stata la sua reazione?
“ E’ scoppiato in lacrime”.

Quale sarebbe allora la sua visione futura del calcio italiano?
Ricordiamoci che oggi il calcio è gestito nella sua totalità, tranne che per le squadre nazionali, da imprenditori capaci che lo gestiscono fino a che ne hanno la possibilità e la passione come un’azienda. Quindi in attività privata poco si potrebbe dire. Il mio target di riferimento è quello del calcio spagnolo dove i tifosi si tramandano di padre in figlio il diritto di voto per eleggere il presidente del Club, come avviene per il Real Madrid o per il Barcellona. Ritengo però che il calcio italiano sia qualche cosa di diverso, di più intenso, è quasi una fede. Ha una valenza sociale immensa, soprattutto in questo momento di grandi problematiche economiche e di lavoro, assume la valenza di una sorta di isola di svago mentale sana: stiamo rovinando anche questo.

Lei ritiene che ci siano ancora isole felici in cui il marcio di questo calcio non ha attecchito?
“Si, ne sono certo. Ne conosco molte e sono fortunatamente la maggioranza, una di queste è il Varese, squadra che seguo con molta passione e che ancora riesce ad accogliere le famiglie allo stadio. In effetti sarò sugli spalti in occasione dei playoff e con me ci sarà anche mio figlio, perché non ho mai assistito ad un episodio negativo, perché la società si è dotata di un codice etico che viene rispettato, perché anche sugli spalti si assiste a semplici sfottò tra tifoserie. Il pubblico varesino è anche molto preparato, segue con attenzione gli eventi in campo e fuori e anche nelle sconfitte accoglie la propria squadra con applausi a tutto campo ed è molto corretto con gli avversari. La mia speranza è che non succeda mai nulla, che questa situazione positiva possa essere un esempio, che possa contagiare altre società” .

Giulia Polloli

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