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Con l’arrivo di Bakaye Traoré e di Kévin Constant, rispettivamente primo maliano e primo guineano a vestire la maglia rossonera, per Allegri sarebbe possibile, teoricamente, schierare un centrocampo di soli africani. Sarà che, come faceva notare Federico Buffa un anno fa circa, l’impatto avuto da Boateng a Milano ha spinto Galliani, “che per anni non ha avuto molto feeling con gli africani”, a cercare più spesso le sue reclute tra i figli del continente nero.
La prima ondata di africani a Milanello risale a metà anni ’90. Un precursore, nel ’93, è Marcel Desailly, francese a tutti gli effetti ma nato ad Accra ed attualmente residente in Ghana, tifoso dell’Asante Kotoko e ciclicamente accostato alla panchina della nazionale ghanese. Africano al 100% è invece George Weah, che arriva due anni dopo, tesserato come comunitario ma dubbi sulla patri di appartenenza: “Io sono cittadino francese, ma ho la nazionalità liberiana. Sono in Italia per rappresentare il mio paese e l’Africa e per aiutare altri calciatori africani a venire a giocare qui. Ammiro molto il mio amico Abedì Pelé, lui ha aperto la strada“.
Cresciuto negli slums di Monrovia e arrivato in Europa grazie ad Arsène Wenger, Weah a Milano non porta soltanto un Pallone d’Oro e due scudetti, ma anche consigli più o meno utili su nuovi giocatori africani da ingaggiare. Felice dell’arrivo del franco-senegalese Patrick Vieira, purtroppo ceduto all’Arsenal dopo cinque presenze, il liberiano si improvvisa osservatore e porta in rossonero il connazionale Kolubah Roberts. Per Zizi, che era riuscito in precedenza ad essere bocciato dopo un provino con il Castel di Sangro, il debutto in rossonero non arriverà mai: prestiti a Monza, Ravenna e Bellinzona prima dell’inevitabile cessione.
Nel 1997 è il turno di Ibrahim Ba, francese ma nato a Dakar e figlio di un ex capitano della nazionale senegalese. Destinato a restare a lungo legato ai colori rossoneri, Ibou è (con Weah) tra le African Football Stars che nel 1998 si danno, a scopi benefici, alla musica: con loro anche due interisti, il sierraleonese Mohamed Kallon ed il nigeriano Taribo West. Proprio quest’ultimo nel 2000 passerà in rossonero, causando qualche malumore sia nello spogliatoio (il solo Weah è pronto ad accoglierlo a braccia aperte), sia tra i tifosi: “Con West, la vergogna è totale“, recita uno striscione.
Va detto che, a parte il Re Leone, gli altri africani passati dalle parti di Milanello sono, nel migliore dei casi, delle simpatiche comparse. Basti pensare al connazionale di Djamel Mesbah, l’algerino Samir Beloufa, difensore acquistato dal Cannes nel gennaio del ’98: arrivato alla tenera età di diciotto anni, lascerà definitivamente il Milan due anni più tardi, avendo collezionato ben quattro presenze (“Ma non direi che è stato un fallimento“, dice lui). O al nigeriano Mohammed Aliyu Datti, passato dalla primavera del Padova a quella del Milan per 7 miliardi di lire e tra i tanti candidati al ruolo di nuovo Weah: per lui qualche partita in prima squadra con Zaccheroni e i complimenti di Silvio Berlusconi in persona, prima di scomparire nelle tenebre del calcio belga. Curiosità: la sua cessione allo Standard Liegi avrebbe liberato il posto da extra-comunitario per Kakà.
Salutato Weah, partito nel 2000 per l’Inghilterra, l’entusiasmo per l’Africa sembra scemare. Brevissima l’avventura di Cyril Domoraud: l’ivoriano, incapace di suscitare grande entusiasmo all’Inter, passa in rossonero nell’estate 2001, tempo di scambi e plusvalenze. Giusto il tempo di prendere parte a qualche amichevole e arriva la cessione in prestito al Monaco. Relativamente più incisivo il senegalese Mohamed Adama Sarr: pur durando soltanto una stagione, il Piccolo Thuram (in realtà non così piccolo e neanche così Thuram), sfrutta una delle tre partite ufficiali disputate per andare in gol (in Coppa Uefa contro il Bate Borisov). Dopo qualche stagione in prestito sarebbe, anche lui, finito in Belgio.
Come non ricordare, poi, la storia della famiglia Aubameyang: era la stagione 96/97 e Pierre Sr., allora giocatore della Triestina, perde l’aereo e scrocca un passaggio per l’aeroporto di Venezia ad Ariedo Braida, che intuisce di essere in presenza di “una persona eccezionale“. Il franco-gabonese diventerà osservatore e vedrà crescere i tre figli nel Milan. Il maggiore, Catilina, riesce addirittura a giocare cinque gare ufficiali: “può fare carriera, senza bisogno di congiure“, scrive qualcuno dopo una partita di Coppa Italia, rivelando spiritoso ma poco profetico. Oltre ad una rissa con Gattuso (“Dopo una serie di entrate dure, mi incavolai con lui che per tutta risposta mi disse che mi avrebbe spaccato la faccia. Allora sotto la doccia ci siamo presi a cazzotti“), infatti, non avrebbe lasciato molti ricordi; si sarebbe perso tra Svizzera e Corsica per poi tornare in patria, dove ora veste la maglia del Sapins insieme al fratello Willy, che nel gennaio 2007 si era guadagnato il suo quarto d’ora di gloria segnando alla Juventus in un Trofeo Berlusconi. L’unico dei tre a non aver mai esordito con il Milan è anche l’unico che, alla fine, si è dimostrato all’altezza di un campionato europeo: Pierre-Emerick, ceduto a gennaio 2012 a titolo definitivo al Saint-Etienne, è diventato l’eroe calcistico della nazionale gabonese, trascinata fino ai quarti di finale dell’ultima Coppa d’Africa, e sogna di tornare a Milano.
In tempi recenti non sono mancati i ghanesi, da Muntari ai due Boateng (uno in realtà molto tedesco, il più giovane piuttosto italiano), fino alla meteora Dominic Adiyiah, arrivato ai tempi del Milan di Leonardo da miglior giocatore del Mondiale Under 20 e ceduto qualche settimana fa all’Arsenal di Kiev, dopo due stagioni e mezzo, nel corso delle quali ha sfiorato un gol storico al mondiale sudafricano e girovagato per mezza Europa, tra risse a Belgrado e seconda serie turca. Altra colonia relativamente folta quella nigeriana, attualmente composta da Taye Taiwo e da prodotti del settore giovanile quali Nnamdi Oduamadi (grazie ad una presenza nella stagione 2010-11 può dire di aver vinto uno scudetto) e Kingsley Umunegbu, attaccante classe ’89 con una presenza all’attivo in Coppa Italia, richiamato a Milano lo scorso gennaio per occupare il posto da extra-comunitario.
Tra gli africani cresciuti al Milan non si può, infine, non citare Rodney Strasser, sierraleonese acquistato diciassettenne dal Kallon FC, il cui debutto risale addirittura al dicembre 2008; il suo gol al Cagliari nel gennaio del 2011 è stato tra quelli decisivi per il tricolore numero 18.
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Post Originale:
L’Africa rossonera