Milan Night
Spesso il confine tra un pacco e l’affare del secolo è sottile come un filo di seta. E i giudizi, quelli veri, definitivi, andrebbero dati sempre a posteriori. Prendete l’estate del 2009. Nella generale, giustissima, incazzatura per la perdita di Kakà, in quanti erano consapevoli di aver ceduto a circa un milione al chilo un giocatore che da quel momento sarebbe diventato la brutta copia di se stesso? E in quanti, in quei giorni di lacrime, erano consapevoli di avere in rosa quello che sarebbe diventato il più forte difensore del mondo? E ancora. Quando nel 2001 acquistammo uno dei migliori numeri 10 del panorama europeo, Manuel Rui Costa, chi avrebbe mai sospettato che il portoghese avrebbe smesso improvvisamente di vedere la porta? Per non parlare di Cafù. In quanti – tra appassionati, soloni e sedicenti esperti – avrebbero scommesso che quel trentatreenne scaricato a parametro zero dalla Roma sarebbe stato protagonista di 5 fantastiche stagioni in rossonero?
Il calcio è questo, e non ci piove. Ed è anche bello per questo. Ed è proprio per tali ragioni che oggi come oggi dare un giudizio sull’eventuale e ventilato ritorno di Ricardo Izecson dos Santos Leite, in arte Kakà, è più rischioso che scommettere 100 euro sul vincitore della prossima Champions. Proviamo, a fronte di tanti commenti scettici e negativi, a provare a elencare le ragioni del fronte del sì. Al quale ho deciso di aderire spinto un po’ dal sentimento, ma anche dalla logica.
Per capire questa posizione una premessa è d’obbligo. Certamente Kakà non è il meglio che offre il mercato in questo momento. Questo è chiaro come il sole. L’eventuale ritorno del figliol prodigo va inquadrato nel contesto di una squadra che ha ceduto quasi tutti i suoi pezzi migliori per fare cassa, e che ha smembrato una rosa ormai zeppa di gente in età pensionabile con ingaggi insostenibili. E va valutato per quello che – se mai l’operazione andasse in porto – sarà: un acquisto quasi gratuito, con il giocatore disponibile a dimezzarsi un ingaggio che non sarebbe più alla portata delle casse rossonere. Le cifre che circolano sono quelle di un prestito gratuito o quasi, con un ingaggio – per l’ex 22 – di circa 5 milioni di euro netti a carico delle casse societarie.
Con quelle cifre, oggi come oggi, il mercato non offre granché. I cosiddetti top players costano molto, molto di più. E non arrivano certo gratis, o in cambio di due cocomeri e un’anguria. Quindi con Kakà il Milan aggiungerebbe alla rosa un giocatore non ancora vecchio (30 anni non è certo ancora età pensionabile) e con un curriculum nemmeno paragonabile a quelli degli attuali protagonisti del gruppo a disposizione di mister Allegri.
Le incognite, ed è inutile negarlo, sono tante. Saremmo ipocriti se non dicessimo a chiare lettere che il Kakà del 2007 è certamente un lontano ricordo, che con tutta probabilità rimarrà tale. Però bisogna anche valutare i vantaggi dell’operazione nostalgia.
Innanzitutto a Milanello tornerebbe una persona seria. Magari non al top della sua parabola calcistica, ma sicuramente seria. Kakà non suona i bonghi, non passa le notti a scolare birra e a rimpinzarsi di spiedini in churrascheria, non frequenta donnine dai facili costumi, non beve, non fuma e non bestemmia. Era ed è un bravo ragazzo che magari avrà perso lo scatto dei bei tempi ma sicuramente non la serietà e la voglia di applicarsi. E siccome nemmeno il talento si può smarrire come una carta di credito, allora ecco che l’unione di questi due fattori non può che ingenerare ottimismo.
Il secondo aspetto che fa propendere la bilancia dalla parte del sì è dettato dai valori tecnici. Lo abbiamo già scritto: il Kakà che tornerebbe a Milanello non è più il Kakà che a Manchester si è fatto tre quarti di campo ai 2000 all’ora e che, da solo, ha tenuto in piedi la squadra. Però la bravura, la tecnica, il talento sono ancora lì, intatti. E siccome le casse societarie e la nuova politica varata dalla società non consentono follie, ci chiediamo se sul mercato – a quelle condizioni – ci sia tanto di meglio. Ruoli diversi, certo. Ma siete proprio convinti che gli attuali effettivi della rosa e i vari nomi accostati al Milan nelle ultime settimane, siano meglio di un Kakà al 60 per cento? Io dico di no. E ritengo che in questa fase di vacche scheletriche poter contare su uno come Ricky sarebbe grasso che cola.
Oltretutto nella valutazione complessiva del possibile affare non vanno sottovalutate le motivazioni. Kakà ha lasciato il Milan tre anni fa convinto di poter scrivere la storia del Real Madrid, certo di trovare, al Bernabeu, la sua consacrazione definitiva. I risultati sono stati disastrosi. I merengues non hanno mai creduto in lui fino in fondo, lo hanno trattato come un comprimario di lusso, non gli hanno mai consegnato le chiavi della squadra, affidate da subito al marziano Ronaldo.
Kakà ha resistito, avrebbe potuto andarsene già lo scorso anno, ma ha voluto provare fino alla fine a vincere la sua scommessa. Ora che ha dovuto pure subire l’umiliazione di sentirsi dire in faccia di essere considerato un panchinaro fisso, una delle tante riserve, nell’animo del brasiliano aleggia probabilmente una grande voglia di riscatto, di dimostrare che quei sei anni fantastici in rossonero non son stati frutto del caso.
Tutte queste ragioni bastano a giustificare un investimento che – al netto degli sconti – ammonterebbe come minimo a dieci milioni l’anno? La risposta, se mai l’affare andrà in porto, l’avremo tra un annetto. Quel che oggi è certo è che l’arrivo di Kakà farebbe certamente contenti gli sponsor, che ritengono fondamentale la presenza in rosa di un giocatore immagine, di uno in grado di far vendere magliette e merchandising in tutto il mondo. Una faccia da spendere, in pratica, dopo l’addio di tutti i top players.
Marco Traverso
Twitter: @marcotraverso75
Post Originale:
Kakà, le ragioni del sì