di Riccardo Zavagno
In queste due settimane dove la scena mediatica del pallone è stata giustamente assorbita dalle partite della nazionale di Prandelli risulta difficile parlare di Milan. Non che manchino gli spunti, anzi. Si può scegliere tra la telenovela Galliani-Allegri, contare i soldi avanzati con le cessioni estive, controllare la lista degli infortunati, il dilemma Pato, indovinare con che modulo si presenterà la squadra sabato sera, i prossimi acquisti di gennaio rispolverando anche il nome di Ganso, il biglietto da visita di Niang. Insomma c’è più scelta che in gelateria, tutti sono accontentati in base ai gusti, prego accomodarsi.
C’è però un particolare che non bisogna trascurare, un punto il quale deve essere ben chiaro e tenuto a mente ogni qualvolta si voglia parlare del Milan per la stagione 2012/2013. Il Milan naviga a vista, ed il prossimo porto è la sosta di Natale. Quindi niente false illusioni e paragoni con la stagione passata del Chelsea, niente esclusive o mezzi scoop, niente esultanze per il sorteggio di Nyon. Solo una volta arrivati a quella scadenza si tireranno le somme in campionato ed in Champions League, e solo allora si capirà se ci saranno dei cambiamenti da effettuare nella rosa e/o per chi siede in panchina. Lo sa bene Galliani che continuerà con le sue capacità a districarsi tra calcolatrice e critica, lo sa altrettanto bene Allegri sempre più con l’ombra della spada di Damocle che lo segue, lo sa la squadra e lo sanno i tifosi intellettualmente onesti.
Proprio per questo l’unico riferimento su cui bisogna focalizzare l’attenzione e darne risalto parlandone è il presente. Ed il presente dice che l’unica vera e positiva certezza dopo le prime 2 giornate di campionato è quel ragazzo classe ’92 che indossa proprio la maglia numero 2, Mattia De Sciglio. Stesso anno di El Shaarawi e stessa convocazione con la nazionale maggiore. La differenza è il basso profilo che lo differenzia dal Faraone. Non tanto per la cresta, quanto per la natura del ruolo che è al di fuori dei riflettori e per quel numero sulle spalle che ancora porta i segni di tante battaglie perpetrate dai suoi illustri predecessori, quel numero che lo ha contagiato a lavorare a testa bassa e col sorriso proprio come Tassotti e Cafù. Solo ora in questo “anno zero”, che forse sarebbe stato meglio avesse avuto una datazione iniziale antecedente di tre o quattro anni, dove non ci sono gerarchie, caporali e mal di pancia riusciremo a capire su chi veramente si potrà fare affidamento per il futuro, chi sarà da Milan.
E quindi non preoccupiamoci se non abbiamo righe da riempire con qualsiasi cosa non sia la sua prestazione nei 90 minuti sul campo. Anzi, è la normalità che cerchiamo e di cui abbiamo bisogno. Chi ha passione, cuore ed attaccamento alla maglia è da Milan, parole di Massimo “Darwin” Ambrosini. Troisi ricominciava da tre, io ricomincio dal 2.
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