di Alfredo De Vuono
Alla fine il tanto sponsorizzato 4-2-3-1 ce l’ha fatta, e l’ha avuta vinta sul meno elastico – e soprattutto moderno – 4-3-1-2: Max Allegri, dopo oltre due anni di coerenza tattica, ha modificato il Milan, e di conseguenza anche gli uomini che inevitabilmente lo compongono. Cerchiamo di capire come.
Da anni l’idea di gioco del livornese era impiantata sul ruolo del regista dietro le due punte, una delle quali di movimento e l’altra di riferimento, un regista di peso e posizione davanti alla difesa, e due mezzali, una delle quali più scevra dell’altra da compiti d’interdizione, e maggiormente libera di inserirsi.Fu il caso del suo Cagliari, in cui Cossu agiva dietro l’agile Jeda e l’opportuno Matri, con Conti a far legna a centrocampo; fu quello del suo primo Milan, in cui Ibra teneva alta la squadra, Robinho gli girava intorno, e Boateng partiva dalla trequarti, con Van Bommel nel ruolo del fu centromediano metodista, e Seedorf con Gattuso ai suoi fianchi.
Di uomini in grado di interpretare correttamente quell’idea del gioco, però, dopo la diaspora estiva, il Milan non ne ha più. Ed ecco spuntare dal cilindro l’ormai calcisticamente sdoganato 4-2-3-1, con due interdittori davanti alla difesa a proteggere le incursioni del terzini, due ali (impure) libere di accentrarsi ed andare al tiro, ed un solo riferimento davanti. I motivi? Non solo la scarsa capacità degli uomini attuali d’interpretare correttamente il 4-3-1-2, ma anche la necessità di inserire in un modulo di gioco i (pochi) in forma.
Capitolo De Jong. L’olandese è un buon mediano di rottura, ed anche alla lunga capace di imporsi in un campionato come il nostro. La sua esperienza, oltre che il suo bagaglio tecnico-tattico, però, ne fa il compendio ideale d’un uomo in grado di far ripartire l’azione senza meccanicizzare il gioco: non è un caso che Nigel abbia quasi sempre giostrato da centrale d’un centrocampo a 4, con al suo fianco qualcuno leggermente più organizzativo di lui. Nel 4-3-1-2 il suo collocamento da solo, davanti alla difesa, lo snaturava, e soprattutto lasciava che latitiasse la manovra: eccolo che, in alternativa a capitan Ambrosini, ed a fianco di Montolivo, pare poter riproporsi in maniera importante. Dunque, almeno uno fuori tra lui, Ambro e l’ex Viola. Indietro nelle gerarchie, Traoré, Flamini e Constant.
Capitolo Emanuelson. L’altro olandese fin dalla genesi della sua esperienza rossonera vegeta nel magma dell’ambiguità della sua collocazione. Giunto a Milano da esterno di centrocampo a 4, o al massimo da ala pura, Allegri lo ha invece impiegato da trequartista, fluidificante di difesa e mezzala, sempre sulla mancina. Ecco che nel 4-2-3-1 diviene suo un altro nuovo ruolo, quello di estremo destro della trequarti, con velleità d’offendere, accentrandosi ed andando al tiro a giro col mancino. Dall’altra parte giostra l’ormai intoccabile El Shaarawy: riscoperta anche la sua capacità realizzativa, l’italo-egiziano sembra poter avere maggiori spazi puntando da sinistra verso il centro, e maggiori occasioni per andare al tiro. Allegri, in quest’idea di gioco, chiede ad entrambi di fornire garanzie sotto il punto di vista cella copertura e del ripiego, compiti che peraltro nessuno dei due ha disdegnato contro lo Zenit, tanto da trasformare spesso il modulo in un classico 4-4-2.
In mezzo a loro, l’opaco Boateng, che però si ritrova così a fungere realmente da seconda punta in fase di ripiego, e soprattutto molto più libero d’entrare in area al fianco del riferimento offensivo. Appunto, l’uomo d’area: chi tra Pazzini, Bojan, ed ultimo ma solo in ordine di completo recupero psico-fisico, Pato?
L’ex nerazzurro in campo comporta la diminuzione degli spazi offensivi per Boateng, ma anche una maggiorazione non trascurabile delle opportunità da poter trasformare in gol. Il ragazzino ex Barça, dalla sua, vale il contrario: essendo naturalmente predisposto a fare elastico tra area e trequarti, rende spesso Prince uomo d’area, e soprattutto facilità gli inserimenti delle ali. Con Pato in campo, probabilmente, si punterà a mediare tra le due idee d’attacco. E’ da escludere difatti una turnazione del brasiliano con gli esterni titolari attuali: al loro posto le alternative si chiameranno Robinho – che potrebbe a breve cominciare a turnare con Emanuelson – e Niang, che già ha svolto un ruolo abbastanza simile in Ligue 1. E Nocerino? Da intoccabile che era sino a solo un mese fa, l’azzurro si ritrova attualmente ai margini d’un progetto tattico che di fatto non prevede uno come lui. Lo scorso anno chiese, assecondato da Allegri, d’esser la mezzala sinistra di centrocampo, ruolo ben diverso, però, da quello che nel 4-2-3-1 ricopre oggi Urby.
Nocerino potrebbe esser provato in quel ruolo, ma molto più probabilmente schierato alternativamente a Boateng, soprattutto quando la presenza d’un centrocampista avversario pericoloso, in quella zona del campo, dovesse esser tamponata da un uomo con caratteristiche diverse da quelle del ghanese. Dimentichiamo qualcuno? Beh, si. Tra qualche settimana, infatti, a Milanello si rivedrà Sulley Muntari, venerato da Max per la sua duttilità e aggressività in campo. Compendio tattico di De Jong e Ambrosini, a scapito di Montolivo, o, più probabilmente, altro rivale per Boateng e Nocerino?
Come disse il cantautore, probabilmente, lo scopriremo solo vivendo. La rivoluzione tattica rossonera, d’altra parte, è solo agli albori. E non è assolutamente detto che, a portarla avanti, sarà ancora Allegri.
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