1997-98: il fallimentare ritorno di Capello

– Fabio, non tornare al Milan: saresti una minestra riscaldata

– Va bene, allora vuol dire che mangeremo questa minestra

(Un tifoso del Milan e Fabio Capello all’aeroporto di Linate, aprile ’97)

Abbiamo fatto dei progressi fisici, ma continuiamo a sbagliare. Ci sono errori individuali e mancanze collettive: non si può parlare di sfortuna, piuttosto di tensione, perché mancano i risultati“: parole pronunciate da Demetrio Albertini nel febbraio del 1997, quando è ormai chiaro che il ritorno di Sacchi in panchina non ha dato gli effetti sperati. Proprio in quei giorni in via Turati cominciano le manovre per un altro ritorno, quello di Fabio Capello, andatosene a Madrid un anno prima dopo aver vinto tutto: ad aprile Marcello Dell’Utri sottopone a Don Fabio, nella sede di Telecinco, il nuovo contratto. Stanco di uno spogliatoio in subbuglio, Capello non ci pensa due volte e, dopo aver vinto la Liga, può finalmente annunciare il passaggio al Milan, rivelandosi piuttosto scarso come profeta: “Allenerò altri tre anni, poi resterò nel calcio come dirigente o commentatore tv“. A lui il compito di traghettare il Milan nel 2000, dopo un deludente undicesimo posto che lascia pochi dubbi sulla fine di un ciclo.

La campagna acquisti, almeno nelle intenzioni e nei soldi spesi, sembra di tutto rispetto: in attacco arriva Patrick Kluivert per formare una coppia stellare con George Weah (a Capello ricordano Van Basten e Gullit); in difesa il colpo post-Baresi è André Cruz, argentino proveniente dal Napoli e strappato all’ultimo alla concorrenza dell’Inter, mentre il giovane croato Dario Smoje, prelevato dallo Rjieka, è per il tecnico friulano “il nuovo Collovati”. A sistemare la fasce arrivano Ibrahim Ba (“Visto che non potevamo arrivare a Figo, il migliore sulla piazza era proprio Ba“) e, dal Bayern Monaco, Christian Ziege, soltanto un anno prima tra i protagonisti dei campionati europei vinti dalla Germania; tra i pali, a fare concorrenza a Rossi, c’è Massimo Taibi. E non è finita qui: arrivano anche Winston Bogarde, Giampiero Maini, Giuseppe Cardone e l’attaccante svedese Andreas Anderrson. Sbolognato al Bologna Baggio (“non rientro più nei piani della società“), falliti i tentativi per Karembeu e Denilson, alla fine di agosto Galliani mette la ciliegina sulla torta acquistando Leonardo dal Paris Saint-Germain.

Con il senno di poi, una combriccola di fallimenti esilaranti, quasi commovente per gli appassionati di bidoni: ma allora, nell’estate del ’97, non è così. Il Milan fa paura a Zidane (“A me fa impressione il Milan che ha cambiato quasi tutto. Capello e poi Ziege, Ba, Bogarde, Kluivert, più Cruz che è un giocatore formidabile“) e anche a Moratti, spavaldo dopo l’acquisto di Ronaldo (“Li vedo fortissimi. Pronti per finire secondi“). Galliani, come è nel suo stile, può annunciare raggiante che prima di questo Milan “nessuna squadra ha schierato contemporaneamente i capitani delle due nazionali finaliste ai mondiali“.

In un precampionato poco trionfale, i rossoneri accumulano pareggi su pareggi, battendo soltanto il Monza al Brianteo (con Ba che regala emozioni e viene paragonato da Berlusconi ad un beaujolais nouveau), la Solbiatese e la Juventus nel Trofeo Berlusconi. Dopo il 3-1 ai campioni d’Italia, ottenuto davanti a 76700 spettatori, è difficile contenere l’entusiasmo (Kluivert: “Io e Weah è come se avessimo sempre giocato insieme“).

Peccato che per vedere un’altra vittoria ci sia da aspettare il 24 settembre (un 2-0 a Reggio Emilia in Coppa Italia); ancora più lunga l’attesa per i tre punti in Serie A l’attesa, terminata soltanto grazie a Pagotto, che con una papera consente ad Andersson di segnare e ai rossoneri di battere a domicilio l’Empoli di Spalletti il 5 ottobre. Nel frattempo è già successo un po’ di tutto: polemiche di Galliani sull’arbitraggio di Milan-Lazio, annunci di Berlusconi contro il massiccio impiego di stranieri (“Daremo precedenza agli italiani, a uomini che siano di livello, in campo e fuori“, Weah non la prende bene). La mossa della disperazione, il ritorno di Donadoni dagli Stati Uniti, non evita una sconfitta con il Lecce, mai vittorioso in precedenza a San Siro: Govedarica e Casale in gol, Savicevic espulso, una bottiglietta colpisce un guardalinee, Capello se la prende con De Santis.

Il Milan, sostiene il suo allenatore, “non è un ronzino, ma un buon cavallo che ha rotto“. E a dire il vero le cose sembrano mettersi un po’ meglio: nessuna sconfitta in campionato tra novembre e dicembre. Il nuovo anno è appena cominciato quando, l’8 gennaio, arriva forse l’unica soddisfazione stagionale, la vittoria per 5-0 nel derby di Coppa Italia: all’orgia di gol (cit. Gazzetta dello Sport) partecipano anche Maurizio Ganz, appena ceduto da Moratti, e Steinar Nilsen, promettente difensore norvegese arrivato a novembre e al suo debutto con la maglia rossonera (più tardi finirà a Napoli e si guadagnerà il soprannome di Baywatch). Sempre a gennaio se ne va al Newcastle un Andersson offeso (“Non si tratta così una persona, Capello mi faceva entrare solo negli ultimi 15′”), che lascia il posto in attacco ad un Pippo Maniero sovrappeso (“Al massimo avrò un chiletto in più“) ma subito in gol contro il Piacenza. Che Kluivert non abbia mantenuto le promesse, tra l’altro, l’ha capito anche Ba: “Ci manca un grande attaccante, lui è abituato all’Olanda. Ma qui non siamo in Olanda…“.

Tra un’epidemia di infortuni alla schiena e accuse al preparatore atletico per i troppi infortuni, le cose vanno via via peggiorando: in marzo l’Inter si impone 3-0 nel derby, la reazione è un maxi ritiro punitivo di nove giorni. Che non evita, però, la sconfitta per 4-1 con la Juventus dell’ex Davids (“Al Milan mi rimpiangono. Lo so“). Il peggio, però, deve ancora venire e prende forma a Roma, dove alla fine di aprile, nella finale di ritorno di Coppa Italia con la Lazio, sfuma l’unico obiettivo stagionale rimasto. I biancocelesti, sconfitti all’andata, vanno sotto di un gol ma poi si impongono per 3-1. Berlusconi se la prende con Capello e parla di “sconfitta voluta e cercata“, mentre circolano i nomi dei possibili successori: Zaccheroni, Ancelotti o, già allora, Tassotti per un progetto incentrato sui giovani. Quattro giorni dopo, sempre all’Olimpico ma con la Roma, arriva un’altra batosta: 5-0 per i giallorossi di Zeman, Capello chiede scusa ai tifosi e a Berlusconi: “Mi vergogno per quello che ho visto in campo. Scusate, non ho altro da dire“. Segue, nella speranza che serva a qualcosa, un altro ritiro punitivo.

L’epilogo va in scena a San Siro, contro il Parma, nell’ultimo incontro casalingo della stagione. Mentre le speranze di entrare in Europa si riducono ormai alle richieste fatte all’Uefa per un ripescaggio in Intertoto, la contestazione è feroce (anche se Paolo Berlusconi non sembra impressionato: “come una bella donna, ci si fa due cornini e poi si ricomincia“). Accolti da un lancio di uova marce, i giocatori saranno costretti a lasciare lo stadio su taxi noleggiati per l’occasione e scortati da guardie del corpo. Non va meglio all’interno dello stadio, dove gli striscioni non risparmiano nessuno (“Adesso restate soli con la vostra vergogna“; “Cade l’aereo di Capello, Galliani, Braida, Damiani. Chi si salva? Il Milan“; “Maldini non sei il capitano“; “Sfruttate i campi di Milanello, coltivateli“) e i lanci di arance, bottigliette ed ortaggi interrompono il gioco. Alla mezzora del primo tempo, poi, tutto lo stadio segue l’invito della curva e volta le spalle al campo. In serata, Costacurta non partecipa alla Domenica Sportiva dopo essere stato insultato da una decina di tifosi a Gallarate.

Il 25 maggio, quando il Milan ha già dato il via alla ricostruzione assicurandosi gli acquisti di Bierhoff, Lehmann, Sala e N’Gotty, Capello entra ad Arcore da allenatore del Milan e ne esce esonerato; subito dopo viene confermato l’ingaggio di Zaccheroni, incaricato di portare a Milano il “gioco arioso” della sua Udinese.

©RIPRODUZIONE RISERVATA. E’ consentita esclusivamente citando la fonte, Canale Milan o www.canalemilan.it

Ti potrebbe interessare anche…

Recommend0 recommendationsPublished in Milan News