Berlusconi ha detto che non è, semplicemente, un ‘sogno’. Raiola ha controbattuto: “nessuno in Italia se lo può permettere”. Galliani ha usato il suo intercalare tipico “vedremo, prima le cessioni”. Balotelli, nel frattempo, non parla. Ma neanche gioca. E nel frattempo, Moratti, soffre della gelosia tipica degli amori nati male, e finiti peggio.
L’intreccio di mercato delle prossime settimane, però, sarà uno solo: che fine farà Balotelli?
Esistono davvero delle – pur minime – possibilità che ritorni in Italia? Cerchiamo di capirne di più. Perché di motivi che portano alla conclusione dell’affare ce ne sono, e pure tanti. Esattamente come quelli che ne fanno una chimera: uno di quei tanti amori calcistici destinati a restare incastonati nella storia del pallone ancor più a lungo, proprio perché ‘platonici’ e surreali.
LA VITA PRIVATA. Appare addirittura ridondante spiegare quale sia la visione delle cose e della vita d’un ragazzo di 23 anni come Mario. Ridanciana, spensierata, in eterna lotta con sé stesso e con gli altri. Alla ricerca costante del divertimento puro e virale: magari non delle copertine dei tabloid, che però sono naturale conseguenza del suo modo di fare e, presumibilmente, anche di essere. Balotelli, però, ha dei valori, che sono ben saldi e radicati nel suo animo d’eterno Peter Pan. E sono gli stessi che traspirano dagli abbracci con la madre, dai suoi occhi silenti e dai sorrisi mancati, in campo e fuori. Ed a prescindere dalle perenni ‘scappatelle’ che si concede, resta un ragazzo che s’accinge a diventare padre. La sua pseudo-compagna Raffella Fico partorirà nelle prossime settimane, e nonostante tutte le diatribe – anche a mezzo stampa – avvenute tra i due, la domanda è una: come cambierà la percezione della vita (non solo sua, per inciso) di Mario quando terrà tra le braccia il suo bimbo? Siamo sicuri che, a quel punto, non venga assalito da quel fisiologico bisogno di ‘casa e famiglia’ che potrebbe però concretizzare solo in Italia? Al momento i rapporti con lui, Raffaella, e la creatura che si porta in grembo sono distanti (non solo in senso spaziale) e freddi. Ed un papà, che si chiami Mario Balotelli o Pinco Pallino, quanto vorrebbe star vicino a loro, quando un senso di famiglia si sarà compiuto?
Interrogativi, certo. Ma che prendon le rime da un solo dato: Raffaella non vuole spostarsi in Inghilterra. E lui, a Milano – intesa come città – tornerebbe volentieri. E allora?
UNA PRIGIONE DORATA. Ad oggi, Manchester, checché le parole sue e di Raiola dicano altro, è poco più d’una prigione dorata per Balotelli. Un contratto da oltre 3,5 milioni all’anno, in scadenza a giugno nel 2015, certo, ma poco più. Perché il City campione d’Inghilterra anche grazie a lui (13 gol in 23 presenze lo scordso anno) è poco più d’un ricordo, e ad oggi le condizioni al contorno sono tutt’altro che felici.
Nella stagione in corso, Coppe comprese, Balotelli è praticamente sempre partito dalla panchina, accumulando in totale circa 1000 minuti in campo, in sole 19 presenze complessive, condite da 4 gol. Il City è ancora in lotta con i cugini per la Premier, certo, ma è già fuori da Champions, Europa League e coppa di Lega. E qui interviene un discorso tecnico-numerico inoppugnabile: con una sola, consistente, competizione a disposizione, i margini di manovra per vedere Balo in campo si sono ancor più assottigliati. Per Mancini – che rischia eccome, peraltro – SuperMario è la quarta punta, gerarchicamente parlando, e davanti a lui ci sono sia Tevez che Aguero che Dzeko. E posto che quasi mai il suo City ha giocato con più di due punte pure contemporaneamente, il suo ruolo è semplice: la panchina. Roba da ribelle indigestione, per uno come lui.
AL MASSIMO (DECIDE) MORATTI. A ragionare solo con la testa, e bilancio alla mano, stiamo parlando del surreale. Per circa 30 milioni di motivi: pari pari agli euro – indicativi, sia ben chiaro – che vale il cartellino di Balotelli, oggi. Circa 5 in meno rispetto a quelli di inizio stagione, praticamente uguale al costo a cui fu prelevato dall’Inter, 30 mesi fa (guarda caso). Ah, già, l’Inter. Perché Moratti, all’epoca, come ha preferito puntualizzare egli stesso qualche giorno fa, non fu sprovveduta, al momento della formalizzazione dell’accordo. Se il City lavora alla sua cessione, per inteso, deve prima fare una telefonatina in Via Durini. Contenuto dell’informazione? Qualcosa del genere: “Il Milan c’ha offerto tot milioni per Balotelli. Pareggiate l’offerta e lo (ri)prendete voi, o lo vendiamo con il vostro placet ?“. Masochismo allo stato puro. Un’eventuale accordo durante le feste dovrebbe prima ottenere il silenzio-assenso da parte di Moratti, che a quel punto avrebbe solo due possibilità: investire un mezzo patrimonio per riportare a casa un mezzo indesiderato, controvoglia, o consentire ai cuginetti di chiudere, consentendo che si concretizzi, di fatto, l’ennesimo potenziale caso Pirlo/ Seedorf.
PERCHE’ IL MILAN, MA SOPRATTUTTO COME? Anzitutto perché lo vuole lui: e non parliamo d’un dettaglio trascurabile. In secundis, perché lo vogliono Galliani e Berlusconi. L’interrogativo, semmai, riguarda Allegri, che ha avuto evidenti limiti nella gestione emotiva e tecnica di personalità diverse, ma comunque empatiche, come Pirlo, Gattuso e Cassano, e che non saremmo poi così sicuri che, peraltro con un contratto costantemente in bilico, avrebbe le capacità e la voglia di mettersi a palleggiare con l’ennesima patata bollente. Tecnicamente parlando, una coppia Balotelli-El Shaarawy, in rossoner(azzurro), sarebbe semplicemente un sogno, che completate da un uomo, a destra, in grado di dar loro sostegno (Boateng? Robinho? Emanuelson?) e copertura sarebbe ancora più indiscutibile. Il problema diventa allora meramente finanziario. Gli sceicchi hanno già dimostrato nel recente passato (vedi l’affaire-Tevez) di non avere necessità alcuna di deprezzare i loro gioielli, né tantomeno di farsi scrupoli nel vederli marcire in panchina. Ecco perché l’approccio Galliani-style prendounoscontentoemeloportoacasaaisaldi risulta di difficile applicazione, nella fattispecie. Se il Milan vorrà davvero Balotelli, dovrà pagarlo, e pure tanto. In prestito con diritto di riscatto non se ne parla, semmai, dopo un eventuale (e operosissimo) lavoro di convincimento se ne potrebbe parlare sottoforma di prestito, oneroso, con obbligo di riscatto. Fissato a non meno di 20 milioni, 5 dei quali da scucire subito o quasi.
Magari con una contropartita di mezzo, per portare l’asticella a livelli accettabili: ma ad oggi – escludendo El Shaarawy per ovvi motivi – l’unico rossonero in grado d’esser vagamente appetibile per il City si chiama Kevin Prince Boateng. Uno ampiamente sacrificabile all’altare Balorossonero: sempre che a qualche folle non venga in mente, prima, di bussare nuovamente al citofono di Via Turati offrendo un obolo per Pato. Resta intatto, a prescindere da tutto ciò, un problema reale: il contante.
A SILVIO NON SERVIREBBE SOLO PER IL MILAN. Le recenti dichiarazioni extra-calcistiche del Presidente rossonero sono criptiche solo per chi non ha orecchie per sentire, ma soprattutto testa per capire. Berlusconi s’è già auto-investito del ruolo di nuovo (?!?) candidato Premier della sua coalizione, e sa bene che l’appeal attuale della sua squadra – il riferimento non è esclusivamente pallonaro – è ridotto ai minimi storici. Ecco perché, come già accaduto in passato, potrebbe esser il calciomercato a ravvivare la sua imminente, ennesima, campagna politica, che rischia di far caduti anche e soprattutto in una delle sue basi elettorali più fedeli: quella rossonera.
IL FATTORE RAIOLA ED IL FURTO DELLA GIOCONDA. Balotelli sarà pure la Gioconda, ma Mino Raiola, calcisticamente parlando, è un Da Vinci mica male. Lavora alle sue opere con la stessa determinazione ed efficacia dell’ingegnere più geniale della storia dell’umanità, seppur con maggior cinismo ed una spregiudicatezza tale da adombrare il sorriso anche della stessa Monna Lisa.
Raiola sa bene che per massimizzare gli emolumenti dei suoi calciatori (e di rimando anche i suoi), è necessario che quest’ultimi siano il più possibile nomadi e ballerini. Ad oggi Balotelli, dal City, percepisce poco più di 3,5 milioni netti all’anno. Il Milan – e da tempo – ne paga circa 4 a Robinho, Pato e Mexes. Tutti e tre, guarda caso, sul mercato o quasi da qui a poco, ed almeno uno dei quali, c’è da giurarci, sarà venduto da qui a fine stagione. Aggiungere un altro milioncino ai 4, e farli così diventare 5, tali da cullare anche le fruscianti prospettive del vecchio Mino, non è poi così imponderabile, come idea.
Ci sono tanti motivi per cui l’affare dell’anno potrebbe farsi, ed altrettanti per cui venga spontaneo sostenere che si tratti, semplicemente, di un sogno. Anzi, no, come dice Silvio. Semmai, come sostiene Mino, parliamo della Gioconda, che farà anche sognare ma un sogno certo non è: anzi. L’opera è lì, ben esposta e facilmente scrutabile dagli occhi di tutti. 101 anni fa – quelli bravi lo ricorderanno – venne addirittura furtivamente sottratta dal Louvre da parte d’un certo Vincenzo Peruggia. Un mite decoratore varesino, che la portò nel suo paese d’origine, a Luino, con l’intenzione di riportarlo in Italia. Si, proprio Luino, in provincia di Varese, ad un tiro di schioppo da Milanello.
Forse il paragone del vecchio Mino non è stato poi così azzeccato, adesso penserete voi: ma dubitiamo che il rubicondo affarista di Nocera Inferiore conosca questa storia. Oppure no?
di Alfredo De Vuono