Anno nuovo, problemi vecchi

di Riccardo Zavagno

La prestazione di San Siro è nuovamente riassumibile con gli aggettivi ennesima, opaca ed altalenante. Per bignamizzare la partita bastano poche righe ed ab-usare dei soliti termini e sinonimi, insomma niente di nuovo. Lo svolgimento del primo tempo è soporifero, sottotono, la squadra è come se fosse rimasta in spogliatoio, priva di grinta, energie fisiche, mentali e nervose. I secondi 45 minuti sono caratterizzati dal solito El Shaarawy che grazie alle sue accelerate (ricordano sempre di più le progressioni di Kakà) tenta di dare la scossa alla squadra ed alla panchina, colpevole di non saper leggere la partita e di inserire in ritardo la freschezza atletica di Bojan tra le linee, che produce, oltre al gol e vivacità, un conseguente aumento di ritmo nella circolazione di palla. Poi puntuale come le tasse arriva il gol subìto di testa ovviamente nato da un cross, e ringraziando Abbiati che toglie il pallone di Rosina all’ultimo, non stabiliamo l’ennesimo en plein tra tiri subiti (2) e gol subiti(2). Il bello, o per meglio dire il brutto è che non si può trovare neanche la giustificazione per i carichi di lavoro effettuati nel richiamo invernale della preparazione oppure a schemi nuovi non ancora assimilati. È sempre lo stesso Milan visto da settembre e lo sarà fino a maggio. L’unico rammarico è non assistere al comportamento della società sul mercato di gennaio se non avessimo regalato i punti pesanti persi in casa contro la Sampdoria ed Atalanta e quelli in trasferta a Parma, raggiunti dopo non essere stati capaci di mettere al sicuro il risultato, e Palermo in rimonta. Si perché con quei 10 punti in più il Milan, nonostante il poco gioco espresso, sarebbe secondo a meno quattro dal vertice e “l’obiettivo primario” non sarebbe la rimonta sull’Inter o come aspirazione massima il terzo posto, ma ben altro. Purtroppo bisogna tornare alla realtà, e le parole del presidente Berlusconi sono il miglior strumento. Quando siamo a meta campionato (!) non assicura la permanenza in panchina di Allegri fino a scadenza di contratto ed è convinto che l’unica soluzione sia ringiovanire e rinforzare la rosa. Quindi tutti avvisati, aspettare che arrivi giugno il più presto possibile per la proclamazione del nuovo anno zero, l’anno della rinascita. Forse.

Le immagini dell’amichevole contro la Pro Patria e quelle che hanno documentato l’addio (o arrivederci?) di Pato, hanno un denominatore comune. Nonostante le situazioni siano così agli antipodi nel mondo dello sport, hanno messo in evidenza una caratteristica, un fattore che ha sempre contraddistinto il Milan, ovvero il gruppo. Nel pomeriggio di Busto Arsizio come a Carnago si è rivisto lo spirito profondo dei valori che hanno caratterizzato questa squadra e questi colori negli anni. Il decidere di seguire Boateng negli spogliatoi condividendo e difendendo allo stesso momento la sua scelta, e le testimonianze d’affetto dimostrate a Pato sono gli esempi di cui i tifosi devono essere fieri quando supportano questa squadra. Se le parole che hanno accompagnato e spiegato, qualora ce ne fosse bisogno, la motivazione di abbandonare il campo durante l’amichevole sono state accolte col giusto impegno, lo stesso non si può dire in occasione del saluto alla squadra del “papero”. La presenza delle telecamere ha minato negli scettici la veridicità delle espressioni di affetto dimostrate, destando dei dubbi. Certo è giusto che uno si interroghi, ma leggere e saper interpretare il significato che racchiude il momento degli abbracci di capitan Ambrosini e di Abbiati è un qualcosa che va oltre il calcio ed il dubbio (video). La commozione di Pato riflette ancor di più la consapevolezza acquisita tardi dal calciatore che lasciando il Milan, non è stato capace di ultimare il suo processo di maturazione perdendo così la possibilità di esprimere tutto il suo valore, e privandosi dell’ onore ed onere di essere parte integrante di questa famiglia ed  automaticamente testimone di questi valori da tramandare.

In Svezia hanno aggiunto nel vocabolario il termine “zlatanare” per intendere un’azione dominante, svolta con forza proprio come Zlatan. Adeguandosi alle novità l’Accademia della Crusca ha scoperto che il verbo “blaterare” deriva da Blatter (“ …. il Milan ha sbagliato ad abbandonare il campo, perché così facendo perde la partita a tavolino …”) e l’etimologia della parola “corbelleria” ha origine dalle esternazioni del sindaco di Busto Arsizio Corbetta ( “ … è mica reato dire buu ad un negher ? … ”). Siamo solo al 9 di gennaio e se chi ben incomincia è già metà dell’opera …

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