Ok, adesso lo sappiamo: il Milan ha (ri)cominciato a trattare Kakà. Per la terza volta (o giù di lì) volta in 18 mesi. Le parti hanno smesso di nascondersi, un po’ come fu in estate: ma le proibizioni tecnico-generazionali-finanziarie all’operazione sono talmente tante da rendere l’affare anche troppo prevedibile. Per carità: esistono anche margini di buona riuscita della trattativa, ma sono a loro volta marginali, com’è normale che sia.
Ritorno che peraltro fisiologicamente produce reazioni contrastanti, come bene l’amico Ezio spiega nell’Editoriale di Canale Milan dedicato al Kakà II – the revenge, che, come titola il pezzo, prevede un coinvolgimento delle parti che prevarica le distinzioni societarie, e che sfocia inevitabilmente nell’emozionale: cosa che, nel calcio di oggi, fa da arma a doppio taglio. Perché influenza talvolta operazioni eccellenti e necessarie (vedi Pato-Tevez di un anno fa), e rende molto meno lucide le stesse parti coinvolte.
Ecco perché un’analisi il più possibile fredda e razionale si rende necessaria, e per quanto io stesso mi senta ‘sentimentalmente’ coinvolto, mi addentro nel ‘casus belli’, cercando di sviscerarne alcuni frangenti, sinora poco o nulla dibattuti. Dei motivi per cui il ricongiungimento debba farsi, d’altra parte, s’è già detto. Ma meno s’è parlato di quelli per cui Kakà al Milan, oggi, non debba realizzarsi: e sono tanti, tantissimi. Almeno 10.
#1: QUANTO VALE KAKA’? Se si escludono marziani come Messi e Maradona, non ci sono squadre che non abbiano contribuito, anche in maniera determinante, alla consacrazione dei campioni. Ed il Milan in cui Kakà divenne Pallone d’Oro e profeta, era una squadra completamente diversa: era, quella, una squadra collaudata ed esperta, in cui, intorno a lui, gravitavano nomi che non potevano lasciare indifferenti. E peraltro condotta da un tecnico assolutamente superiore alla media, quel Carletto Ancelotti che accolse una giovane – arrivò al Milan a 21 anni – promessa del calcio sudamericano, come ce ne sono a decine ogni anno, e ne fece il numero uno al mondo. Coccolandolo, mettendolo al centro del progetto, facendogli ruotare attorno gente come Inzaghi, Rui Costa, Shevchenko, Pirlo, Seedorf, Crespo, e facendolo assistere e coprire da Nesta, Stam, Maldini, Gattuso. Insomma: senza nulla togliere a Riccardino nostro, quanto il Milan fece grande Kakà, e viceversa? Siamo così sicuri che la scalata al successo del brasiliano sia stata solo merito suo, e come si fa a quantificare in essa il contributo dell’ambiente tecnico-dirigenziale? Roba da filologi del calcio, ovviamente. Ma il dato di fatto è uno: fuori dal Milan, Kakà, è diventato un giocatore normale, non più al centro del progetto, non più terminale tecnico, non più stimato dal proprio allenatore. Ecco perchè dei seri dubbi sul suo valore attuale magari non nascono spontanei, ma quantomeno sono legittimi.
#2: IL MILAN DI OGGI. Alla considerazione precedente se ne associa un’altra: questo, non serve neanche dirlo, è un altro Milan. Ridimensionato dal punto di vista tecnico ma anche societario, in cui servono si innesti di prestigio, ma che per quest’ultimi può fare poco, veramente poco. Esclusi El Shaarawy, De Sciglio, il renitente Boateng e Montolivo, quanti degli attuali rossoneri possono veramente beneficiare dell’avvento dell’atteso Messia, e soprattutto aiutarlo nel ritrovare sè stesso? Pochi, pochissimi. Ed in panchina non c’è più Ancelotti, ma Allegri. Ma avremo modo di tornarci.
#3: LA POLITICA DI RINGIOVANIMENTO. Inutile sottolineare quanto un affare del genere si collocherebbe in controtendenza rispetto alla nuova politica milanista. Un 31enne, collocato peraltro a gennaio – e con notevole esborso economico – in un impianto di squadra che prevede tutt’altro: progressivo inserimento dei giovani, sfoltimento della rosa, cancellazione dei contratti onerosi, svecchiamento dell’organico. Praticamente una cucchiaiata di parmigiano su un fumante risotto ai frutti di mare. E tutti i discorsi sui top-young e sulla crisi? Ed Allegri che doveva sfruttare quest’anno di transizione per far crescere i ragazzi? “Ma che c’entra con Kakà?”, direte giustamente voi. Vero, sono due politiche conciliabili: ma non per questo Milan, che ha un netto bisogno di concentrarsi su obiettivi reali, concreti e ben realizzabili. E che, allo stato attuale, ha bisogno d’una direzione ben delineata. O si rassegna ad utilizzare questa stagione (ed, ad occhio, anche la prossima) per lavorare duramente e cercare di ritornare ai livelli d’un tempo entro 3 anni, come sottolinea B., oppure prende Kakà e Balotelli subito, e ricrea un habitat immediatamente (o quasi) vincente.
#4: RICKY DOVE LO METTO? Esiste poi un quid tattico, che frena il benestare anche di Allegri alla conclusione dell’affare. Ad oggi il Milan ha trovato un naturale (seppur non eccezionale) bilanciamento modulare schierandosi con il 4-3-3, dopo esser passato, ignobilmente, dal 4-3-1-2, 3-4-1-2 e 4-2-3-1. E’ il modulo con tre mediani e tre punte che ha consentito ad El Shaarawy di realizzarsi al meglio, a De Sciglio di diventare un punto fermo ed a Montolivo di prendere in mano le redini della squadra. Quindi, dove andrebbe a collocarsi Kakà in questo impianto di gioco? Alcuni ipotizzano un suo utilizzo da ‘finto nueve’ alla Fabregas, come più volte è stato provato Boateng ma anche Bojan. Ma non è questo il ruolo che esalterebbe le teoriche doti del brasiliano, poco avvezzo a compiere il lavoro che Allegri chiede al Boa, quando è stato provato in quella posizione, né tantomeno le attuali condizioni di forma del ragazzo lasciano presagire una dedizione al sacrificio tale da poter fungere da collante tra le due fasi. A destra, nell’attacco a tre, vale un discorso simile: e non a caso in fascia il tecnico livornese ha alternato prima Emanuelson, poi lo stesso Prince ed ultimamente Niang. Tutta gente che la corsa e le potenzialità atletiche necessarie per orientare sè stessi ed il resto della squadra all’equilibrio. Ritorno al 4-3-1-2? Possibile, visto che è questo il modulo prediletto da tecnico e società. Ma a quel punto il piccolo Faraone, vera essenza del gioco, andrebbe ad esser snaturato nel ruolo di seconda pura, ed i successi sinora compiuti navigando a sinistra, con libertà di accentramento e aiuto in fase difensiva andrebbero a farsi benedire. E poi Boateng, così, sarebbe definitivamente costretto a re-inventarsi mezzala, ruolo da lui stesso respinto più volte. Ipotesi 4-2-3-1, allora: Beh, a quel punto però l’escluso eccellente diverrebbe Robinho, visto che dietro al centravanti (Pazzini/Bojan), così schierato, il Milan, avrebbe Kakà al centro della linea a tre di trequartisti, ElShaa a sinistra e non potrebbe supportare anche Robinho a destra, fascia che verrebbe riconsegnata allo stesso Boateng o ad Emanuelson. A quel punto, anche per motivi economici, sarebbe Robinho a dover esser ceduto, viste le plurime richieste ed i problemi di adattamento. Ma non era lui a fare da “P.R.” al Milan proprio nell’affare Kakà? A meno che l’idea non sia quella di cedere proprio Robinho per far posto a Ricky. Ed allora, perché non tenere Robinho?
#5: COME DIREBBE MACCIO, ‘SOSSOLDI’. Fare i conti in tasca a Galliani, Kakà ed al Rèal non è impresa proibitiva. Oggi Ricky guadagna 13 milioni netti all’anno, che ai madrileni, al lordo, pesano circa per 17. Riduzione dell’ingaggio, ovvio: ma quanto? Non ad un decimo, sia chiaro, anche perché sappiamo che papà Bosco Leite, che sta arrivando in queste ore in Italia, sulla questione è inamovibile. Dunque, proviamo ad ipotizzare: dimezzamento, ma anche oltre, dell’ingaggio, portato a quota 6 netti all’anno, ovvero 12 lordi al Milan. A quel punto Kakà diverrebbe ovviamente l’uomo più pagato al Milan, che pagava, al massimo, circa 4 netti a Pato, Robinho, Flamini e Mexes fino a poco tempo fa. Pato ceduto, Mexes e Robinho su mercato da tempo, Flamini ridotto. Insomma, obiettivo abbattimento del monte ingaggi. Cosa che, anche nella migliore delle condizioni (compartecipazione del Real allo stipendio di Kakà ed abbattimento dello stesso per iniziativa del giocatore) verrebbe smentita dai fatti. Il tutto, peraltro, dando per scontato – cosa per nulla accertabile – che Perez lo lasci libero, praticamente a zero, per 18 mesi, come chiede Galliani. Insomma, come direbbe Maccio Capatonda, sossoldi. Impiegabili in qualcosa di molto più fruttifera, in un’epoca del genere.
#6: BUONO SOLO PER IL CAMPIONATO. Ricordiamoci che Kakà non è schierabile in Champions: roba da poco, visto che nelle strategie a breve termine del Milan certo non c’è quella di superare il turno contro il Barcellona. Ecco perché l’attenzione è tutta rivolta verso il campionato, dove se lo scudetto è sfumato ormai mesi fa, la rincorsa Champions è difficile, se non addirittura impossibile. Soprattutto dopo la sentenza di ieri, che ha riconsegnato al Napoli i due punti prima sottratti, ed adesso colloca il Milan a -11 dal terzo posto, e ancora dietro a Inter, Fiorentina, Roma, Napoli e Lazio. Insomma, se Kakà arriva per portare il Milan al terzo posto, l’impresa è assolutamente ardua. E lui stesso rischia, e non poco: di non giocare nell’Europa che conta sia quest’anno che l’anno prossimo.
#7: INTASAMENTO DEL MERCATO. Per quanto Galliani possa esser bravo a distreggiarsi tra più affari, e la società a gestire contemporaneamente lavori di emrcato su più tavoli, è evidente che un’opzione così roboante toglierà tempo (e denaro) rispetto alle altre manovre in calendario, molte delle quali molto più impellenti e necessarie di quella Kakà. Ad esempio, lo sfoltimento d’una rosa che deve al più presto disfarsi di Acerbi, Mesbah, Traoré, Flamini e quant’altri, e soprattutto che deve esser rimpinguata d’un centrocampista, visti gli infortuni a raffica la scarsa efficacia in quella zona del campo di Boateng e Nocerino. Allegri ha rifiutato Beckham, ad esempio, i cui cross, anche da fermo, sarebbero stati manna per Pazzini & Co., e latitano gli sviluppi per Strootman, Nainggolan, Lodi. E poi c’è ancora in ballo il ringiovanimento della linea difensiva (portiere compreso), ancora oggi caricata sulle spalle di Mexes, Yepes e Bonera. E non dimentichiamoci di Balotelli. Anche ieri Raiola era in Via Turati: l’affare, per gennaio o per giugno, è stato intavolato. Ma una volta preso Kakà a gennaio, ed impegnati fior di milioni per il suo ingaggio, l’operazione che rappresenterebbe una vera svolta nel mercato rossonero del 2013 rischia di sfumare. Le priorità, insomma, sono altre. Galliani ed Allegri lo sanno. E, probabilmente, anche Kakà.
#8: CHI VUOLE CHI? Per quanto ne sappiamo noi, è stato Kakà, almeno stavolta, a chiamare il Milan, e non viceversa. Ed è quindi più lui a volere il Milan che non in contrario. Certo, Galliani una volta ingolosito dalle dichiarazioni d’amore e d’apertura non s’è lasciato scappare l’occasione, ed anche Perez, cui oggettivamente conviene disfarsi di Kakà, apprezza. Parliamo d’un ritorno però, non certo acclamato all’unanimità dalla piazza e dal contesto, e che ha ripreso scia solo perché lui, il Ricky delle meraviglie, è adesso orfano della sua sovranità. Che spera di riconquistare in rossonero. Brutto da dire: ma il Milan, oggi, per Kakà, è un ripiego. E forse anche Kakà per il Milan lo è.
#9: LE MINESTRE RISCALDATE PUZZANO, A MILANO. Se c’è poi una cabala pallonara in letteratura, che produce l’ennesimo ‘niet’ all’affare, beh, quella è la storia dei ritorni al Milan. Senza andare a sviscerare ogni singolo caso con dettagliatezza, giusto citare solo quelli più eclatanti: Shevchenko, Sacchi, Capello, Gullit, Simone, Donadoni. Senza andare oltre: perché è scientificamente provato che il passato, un po’ come i numeri usciti alla roulette, non influenza il futuro, se non giocando sul tavolo dei grandi numeri. Ma il calcio non è solo scienza, sia ben chiaro.
#10: QUANTO C’E’ DI BERLUSCONI IN QUESTA STORIA? E’ un’ “accusa” – ci si passi il termine – che solo secondo alcuni è una manovra puramente politica, legata alla prossimità delle prossime elezioni. Con Silvio in campo, però, la base elettorale rossonera è una realtà, non certo un’invenzione dei media. Ecco perché B. non ha mai disdegnato di concentrare le sue piccole ‘follie’ di mercato a ridosso degli appuntamenti più importanti. Ma non è questo che serve al Milan, oggi, no: è ben altro. Serve un progetto serio, lungimirante, concreto e ben direzionato. Magari non da Allegri, visto che lo stesso Berlusconi ha recentemente lanciato messagi sibillini verso il suo tecnico, per la prossima stagione.
Una stagione nella quale, l’ennesimo, piccolo passo verso la rinascita può tranquillamente prescindere da Kakà. Sempre che non mi sia sbagliato su tutta la linea, ed ognuno dei suddetti dieci punti venga smentito dai diretti interessati e sia stato io a non capire nulla dell’affare dell’anno. Ma se anche uno solo dei #10 motivi dieci di cui sopra dovesse prevalere, beh, allora l’affare Kakà non si farà. O, ancora peggio, si farà, ma avrà ripercussioni assai negative sul progetto.
Alfredo De Vuono
fonte: Fantagazzetta.com