Legge Tolstoj, studia Piqué: ecco Bart Salamon, primo polacco rossonero

Empoli FC v Brescia Calcio - Serie B

Nato il 1 maggio 1991 da papà Roman, tornitore, e mamma Malgorzata, infermiera caposala, da i primi calci nel Concord di Murowana Goślina per poi passare, all’età di tredici anni, alle giovanili del Lech Poznan. Di lui già all’epoca si dice solo bene: ottimo studente, comportamento ineccepibile fuori dal campo. Non è destinato, però, a diventare profeta in patria: a sedici anni, quando ha soltanto collezionato presenze con la squadra riserve militante nella terze serie polacca, viene scoperto dalla coppia Leonardo Mantovani-Maurizio Micheli, che aveva già scovato Marek Hamsik e che per poco non portava Kakà alla corte di Carletto Mazzone. La svolta è un Portogallo-Polonia Under 16 giocatosi a Porto nel 2006: Juventus e Brescia si fanno avanti e lui, nonostante l’allenatore delle giovanili del Lech Mariusz Rumak gli consigli il bianconero, opta per la Lombardia. “Il Brescia ebbe un approccio migliore, invitò me e tutta la mia famiglia a vedere la città, i campi di allenamento. Decisi di restare, credo di aver fatto la scelta giusta” (oggi lo crede anche Rumak).

In Polonia, quindi, pur avendo continuato a vestire la maglia di tutte le selezioni giovanili, fino a sfiorare il debutto nella nazionale maggiore (convocato ma non schierato nel settembre 2010 contro Ecuador e Stati Uniti) non è esattamente una celebrità; e lui, peraltro, ormai abituato all’Italia (unico difetto del nuovo paese: la mancanza di puntualità), non sente nostalgia della patria natia: possono mancargli la famiglia, gli amici, il bigos, ma “anche se sono contento che laggiù le cose stiano andando bene, ormai mi sono proprio italianizzato“. A partire dall’idioma, che ormai maneggia con grande disinvoltura: appena arrivato girava con un dizionario in tasca (con parole e modi di dire, perché “è così che si apprende alla svelta una lingua straniera“) e divorava quotidiani e libri di geografia.

Sarà felice, quindi, di restare nella penisola spostandosi a Milano, dopo che, negli ultimi anni, sarebbe potuto finire più o meno in qualunque squadra europea. Si dice che l’abbia seguito il Real Madrid, che lo Sporting di Lisbona sia stato vicino ad acquistarlo nel novembre 2011, che gli osservatori di Borussia Dortmund, Manchester United e Juventus si siano recati più di una volta al Rigamonti per vederlo da vicino. Lo stesso Guardiola, mentre sedeva sulla panchina del Barcellona, teneva d’occhio il ragazzo, almeno a sentire Corioni: Ho parlato personalmente con Pep, mi ha detto che aveva sentito parlare di Salamon e che avrebbe fatto monitorare i suoi progressi”.

Ma sarà davvero così bravo? Lasciando da parte i vari paragoni che l’hanno inseguito, da quello poco comprensibile con Hamsik (“Io gioco più indietro“), a quelli davvero troppo roboanti con Yaya Touré (per Corioni, viva l’ottimismo, potrebbe diventare addirittura meglio dell’ivoriano), Vieira e Busquets, c’è da dire che quella di Salamon in Italia non è stata tutta una marcia trionfale. Dopo una stagione (2006-2007) in Primavera, il 3 maggio 2008, a 17 anni compiuti da due giorni, viene lanciato da Serse Cosmi in una trasferta di Serie B a Modena, trovando spazio in prima squadra la stagione successiva: Nedo Sonetti, che l’ha soprannominato Pannocchia, gli concede undici presenze ancora minorenne. Nell’estate del 2009, con Cavasin in panchina, le cose continuano a funzionare, poi Iachini lo mette da parte e Bart chiede ed ottiene di tornare in Primavera, per poi andarsene la stagione successiva in prestito al Foggia di Zdenek Zeman in Lega Pro: il Boemo, dopo le incomprensioni iniziali, lo conquista: “Mi ha trasmesso amore per il calcio, sono cresciuto nelle capacità in fase offensiva ma sono diventato anche un difensore migliore di prima. Mi ha dato tanto sul piano calcistico e umano“.

Il salto di qualità, però, avviene solo nella stagione 2012-2013, quando Alessandro Calori decide di arretrare il raggio d’azione del biondo spilungone (1,93 in altezza). Che potesse essere un buon difensore era un’idea che girava da tempo, maturata durante qualche partitella estiva, ma alla quale Bart non dava molto credito: Mai pensato di poter fare il difensore, mi vedevo addirittura più avanti“. La trovata, però, funziona: i fischi diventano applausi e Salamon, al centro della difesa, diventa insostituibile. Tanto che un ritorno a centrocampo in futuro è escluso, a meno di emergenze: “Sono diventato un difensore e lo sarò anche in futuro“. Difensori sono infatti i punti di riferimento: Beckenbauer per il passato, Hummels per il presente; se di Baresi, dopo le parole di Corioni, ha guardato qualche video su YouTube, il suo modello principale è Piqué (fuori dal campo, invece, l’idolo è il connazionale Karol Józef Wojtyla, papa con il nome di Giovanni Paolo II).

E difensore è anche il ruolo che dovrebbe ricoprire in rossonero, a giudicare dalle prime dichiarazioni. Tecnicamente dotato, in grado di chiudere e di far ripartire l’azione, il polacco sembra avere un punto debole nella non straordinaria velocità. Altro dubbio è di natura tattica: abituato, e preparato fin dall’ultimo ritiro estivo, a giocare in una difesa a tre, più raramente è stato utilizzato in una linea a quattro. Situazione in cui, parole sue, si è trovato comunque a suo agio: vedremo quale sarà l’impatto con la Serie A.

Ci sarà bisogno, forse, di tempo per adattarsi. Ma Salamon, che vestirà la maglia numero 14 e sarà il primo polacco della storia del Milan, è uno cui piace imparare e non solo per quanto riguarda il calcio. Avido lettore, potrà discutere con Allegri dei romanzi di Paolo Coelho, ma la sua biblioteca non si ferma al brasiliano sfornatore di best-seller: il suo libro preferito è infatti Sonata a Kreutzer” di Lev Tolstoj, consigliatogli dalla fidanzata Sabrina. Non è un intellettuale, dice, ma il suo sogno, oltre a quello già realizzato di giocare a calcio, è comprare un quadro, “La caduta di Icaro” di Bruegel il Vecchio (olio su tela, Musées Royaux des Beaux-Arts di Bruxelles). Perché “la storia di Icaro è triste e bellissima: devi sempre provare a realizzare i sogni, ma senza perdere l’umiltà. Sennò cadi“.

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