Dopo la sbornia, quanti “ma”…

FC Barcelona v AC Milan - UEFA Champions League Round of 16

di Ezio Azzollini

Scrivevamo due settimane fa che una serata come quella di San Siro ce la meritavamo, ma che il capitolo era chiuso, al Camp Nou sarebbe stata un’altra pagina, un’altra storia.
Quel capitolo era un dono, un souvenir che avevamo regalato alla nostra storia. Quello in Catalogna, restituisce la dimensione del progetto onirico più riuscito e compiuto nella storia del calcio, del quale troppo presto e troppo avventatamente era stato intonato il de profundis, e restituisce soprattutto, amaramente, la dimensione attuale del Milan.

Che una serata come quella dell’andata, una gioia comunque storica, se l’era regalata con merito, ma che, per gli errori primaverili ed estivi, i limiti di organico che non hanno mai smesso di esserci pur coperti dal commovente 110% dato da tutti i soldati semplici in rossonero da dicembre a questa parte, è stato costretto ad affrontare il Barcellona migliore della stagione, sul suo campo, con un diciottenne in attacco. Questa è la dimensione. Questo è il 4-0. Grazie comunque, ragazzi.

Poi, dopo la sbornia, ci sono i ma. Un “ma” è che è lo stesso diciottenne che serviva a El Shaarawy la palla per l’assist a Muntari all’andata, vero. Ma è impossibile, con quel palo lì, non riservare un grazioso pensiero a quel giocatore becero che è Portanova, come è impossibile cacciar via il pensiero che Pazzini, quel pallone lì, il palo non lo vede neanche di striscio.
Un altro ma è che quel minuto, il 38, racchiude il senso di una inerzia che poi neanche tutti i marziani di tutte le galassie assieme avrebbero sovvertito. Con l’ 1-1 a riposo, neanche la serata perfetta del Barça, in cui tutto, e diciamolo, ha arriso ai catalani (quali sono ulteriori palle gol fallite dalla perfetta macchina blaugrana, di grazia?), tutto, dall’inizio alla fine, sarebbe stata sufficiente. Il ma più grosso, sembra destino, è proprio quello di poter sempre dire “ma”, con l’amaro in bocca, uscendo, ogni volta. Fu così lo scorso anno, è stato così oggi. Niente ha perdonato, della legge di Murphy. Un Barça stellare, che ha francamente raccolto, però, il 100% di quanto seminato, non una goccia meno, una goccia che poteva fare la differenza. Tutto è andato bene a Messi e compagni, nei secondi 90 minuti. Quando è così, e quando il beneficiario di Murphy si chiama Barça, con dentro il calciatore più forte di tutti i tempi, è un verdetto che rende i “ma” più leggeri, o persino più pesanti, dipende dalle prospettive.

Resta, appunto, quell’amaro in bocca, oltre l’esserti giocato la qualificazione fino al minuto 179, con questi alieni qui. Ed è la constatazione che le imprese epiche, che non riescono mai, specie a noi, agli altri riescono proprio con noi, pescati dentro il mazzo. Sarà il contrappasso della storia internazionale (la nostra sì, che meriterebbe la maiuscola) più bella di tutte. C’è da metter firma ancora un bel po’, anche dopo questi 4-0 così, per fortuna capitati con Manchester e Barcellona, e non con Tottenham e Schalke.

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