Non ha resistito. L’ha detto anche lui, ancora prima di mettere piede a Milanello: “Ho sempre avuto simpatia per questi colori“. Solo un anno fa la pensava diversamente, sosteneva di aver “sempre tifato per la soluzione nerazzurra“, l’attirava “l’idea di vestire questa maglia” perché “le imprese del Triplete“ l’avevano entusiasmato. Già allora si era parlato di un possibile approdo in rossonero: l’agente del giocatore, infatti, era stato visto banchettare da Giannino: ma, mentre l’amico Palacio gli inviava sms pregandolo di non andare al Milan, era lo stesso Galliani a ribadire che Silvestre non serviva, visto che già c’era Thiago Silva in rosa e in effetti, pensate se avessimo venduto Thiago Silva.
Comunque, lasciamo che il Gato tolga la foto di Samuel dalla parete e la sostituisca con quella di Nesta, “idolo da sempre”, con cui ha scambiato la maglia in occasione del Mondiale per Club del 2007. Evidentemente, passare da una parte all’altra della barricata non è qualcosa che lo disturbi più di tanto, avendo già fatto il salto dal Catania al Palermo (tra le prime dichiarazioni: “Voglio vincere il derby”).
Una volta stabilitosi a Milano, forse, non c’era la voglia di spostarsi fino a Genova e Parma, dove pure aveva richieste. Comprensibile, visti i tanti viaggi sopportati da ragazzino, quando ogni giorno percorreva due volte i cento chilometri circa che separano la città natale di Mercedes e Buenos Aires. Dopo i primi calci con il Club Mercedes, la più antica squadra argentina ancora in vita, viene notato, nel corso di una partita persa 8-0, da Ramón Maddoni, una autorità nazionale a livello di scouting giovanile: questi gli propone di giocare nel Club Parque, allora da poco affiliato al Boca Juniors, per cui produrrà talenti in serie.
Tra i nuovi compagni di squadra c’è un certo Carlos Tévez, uno che senza il calcio, dice, sarebbe morto o in carcere. Tutt’altra la situazione di Matías Agustín, cresciuto in un ambiente benestante: in famiglia tutti hanno studiato, dal padre Marcelo, ingegnere, ai fratelli Martín (commercialista), Diego (laureato in economia aziendale), Javier (agronomo). Lui è l’unico a non aver preso la strada dei libri, ma sai, un giorno giocherò con Constant e Zaccardo, mi basta saper leggere e far di conto.
Trasformato da mezzala in centrale di centrocampo, tra il ’99 ed il 2000 vive stagioni non felicissime. La crescita improvvisa, dolori un po’ ovunque, poi anche una lesione al menisco: per due anni gioca nel Paralelo, il torneo dove finiscono quelli non abbastanza bravi per partecipare ai campionati federali: avversari di infimo livello, campi disastrati, botte prese e date. Pure ai margini, non si arrende, e ogni giorno, come tanti pendolari di tutto il mondo che non giocheranno mai nel Milan, sveglia alle 5.30, colazione al volo, un treno freddo e sporco, allenamento, di nuovo il treno, ritorno a casa dove già la cena è pronta.
Un sacrificio, ma fatto con mucho gusto. E che dà i suoi frutti, perché nel 2001 le cose cambiano: l’allenatore, Heber Mastrangelo, lo promuove titolare e gli consegna le chiavi del centrocampo, facendolo giocare stabilmente da numero 5. Di qui alla prima squadra il passo non è poi così lungo: autodefinitosi giocatore con “presenza fisica, tecnica discreta, buon gioco aereo“, Fernando Redondo e Matías Almeyda come modelli, si fa notare da Carlos Bianchi, che decide di puntare su di lui. Dopo una prima apparizione nel gennaio 2003 in amichevole contro l’Independiente, il vero e proprio debutto arriva il 23 marzo in campionato, Boca-Lanus 3-1, alla Bombonera con la maglia numero 26: è il cinquantesimo giocatore fatto esordire dal Virrey al Boca, per l’occasione Radio Vida FM 104.3 di Mercedes trasmette una partita in diretta per la prima volta. A giugno va in gol nel campionato riserve contro il River Plate di Maxi López e Mascherano e realizza la sua prima rete tra i professionisti sul campo del Talleres di Cordoba. Il suo nome è citato costantemente tra quelli dei giovani pronti a esplodere.
Sembrerebbe l’inizio di una carriera trionfale, ma così proprio non è, sebbene il palmarès personale sia tale da fare invidia a più di un club: in cinque anni, considerando solo le competizioni ufficiali, arriva però soltanto ad 83 presenze in maglia azul y oro. Dopo le prime, saltuarie apparizioni con Bianchi, Silvestre viene trasformato in difensore centrale da Brindisi prima e dal Chino Benítez poi: ruolo già praticato da bambino, ma inizialmente non troppo gradito (oggi, ovvio, non tornerebbe indietro).
Abbandonata l’idea di trasferirsi in Europa (offerte dall’Elche e dal Genoa), nel 2006 firma un nuovo contratto quadriennale e con il Coco Basile in panchina diventa un titolare fisso, anche grazie all’addio di Schiavi. È il numero 2 del Boca, ha una Mini Cooper e un appartamento nel quartiere di Palermo, dove beve mate di fronte ad una foto che lo ritrae in compagnia di Maradona (il Pibe de Oro gli aveva chiesto la maglietta dopo un’amichevole ad Amsterdam): insomma, le cose non potrebbero andare meglio.
E infatti cominciano ad andare peggio: un infortunio, qualche prestazione non all’altezza, poi Ricardo La Volpe lo lascia fuori dallo spareggio, vinto dall’Estudiantes, che vale l’Apertura 2006. La spiegazione, dicono alcune voci mai confermate, è brutale: “¿Con esos talones de bailarina que tenés querés jugar al fútbol?“ Con quei talloni da ballerina vorresti giocare a calcio? (La Volpe è molto stimato come tecnico anche da Guardiola, ma se volete consigli su come farvi degli amici, beh, magari è meglio se chiedete a qualcun altro).
Con l’arrivo di Russo, poi, il nostro sparisce lentamente dal campo, superato nelle gerarchie più o meno da tutti e faticando addirittura a trovare posto in panchina. Visto anche l’arrivo di Paletta a completare un reparto già al completo, e appurato che anche con il nuovo tecnico Ischia le cose non cambieranno, Silvestre se ne va: sfumato nel settembre 2007 il passaggio alla Lazio, nel gennaio 2008 finisce per tre milioni di dollari al Catania, dove i connazionali abbondano, la lingua è comprensibile “y la gente es parecida a los argentinos, canta mucho y se hace sentir de local…”.
Esordio in Serie A proprio contro il Milan, poi la stagione da titolare in coppia con Stovini (2008-2009). Per il primo gol italiano bisogna aspettare fino al 2 maggio 2010, contro la Juventus; l’anno dopo diventa capitano degli etnei e chiude il 2010-2011 con ben sei gol all’attivo, di cui quattro di testa, risultato delle ore passate al Club Parque ad allenarsi a colpire un pallone legato ad una sbarra.
Dopo un anno al Palermo, che lo paga ben 7,3 milioni di euro, arriva il matrimonio con Lucia (viaggio di nozze a Dubai) ed il trasferimento all’Inter, in prestito con obbligo morale (qualunque cosa significhi) di riscatto, per un costo totale di otto milioni. Pensate che all’epoca, e stiamo parlando di un anno fa, può permettersi di nutrire dubbi su quale maglia vestire a livello di nazionale: il ct argentino Sabella lo chiama per sapere le sue intenzioni, ma lui non esclude nemmeno di rispondere positivamente ad un’eventuale chiamata di Prandelli.
L’esperienza nerazzurra, almeno, gli consente di visitare Castano Primo, paese di origine della madre María Cristina, che di cognome fa Rudoni come l’attuale sindaco. Ma se visitare palazzo comunale e museo civico e sentirsi chiamare “calciatore di livello mondiale” dal primo cittadino del comune lombardo è sicuramente una bella esperienza, dal punto di vista calcistico i dolori superano ampiamente le gioie, come anche l’interessato non può non ammettere (“Non mi va di trovare scuse, è andata male e basta“).
Nove presenze in campionato, altrettante nell’entusiasmante campagna in Europa League: se non bastasse questo a capire l’importanza di Silvestre per la squadra di Stramaccioni, pensate che, tra i vari messaggi che affollano i social network a pochi mesi dal suo arrivo, tra i più gentili c’è “saresti una valida alternativa a Sorondo”. Ai tifosi del Milan, modestamente, basterebbe una credibile controfigura di Mexes: auguri.
fonte: Olé, La Nación, La Gazzetta dello Sport, Clarín
©RIPRODUZIONE RISERVATA. E’ consentita esclusivamente citando la fonte, Canale Milan o www.canalemilan.it
