Da Abbiati ad Abbiati, quindici anni di portieri ‘per caso’

Christian Abbiati of Milan

Il portiere, si sa, è una figura particolare: si tratta in fondo, come ricorda Jonathan Wilson nel suo ultimo libro, di un anticalciatore, di un guastafeste, lì per evitare ciò che tutti i presenti desiderano di più, il gol. Sarà per questo, o forse no, che il Milan da anni ha smesso di interessarsi all’argomento, rinunciando per partito preso a scegliere qualcuno per stare tra i pali, accontentandosi di far giocare in porta il primo in grado di presentarsi a Milanello con un paio di guanti.

A pensarci bene, infatti, i portieri che nell’ultimo quindicennio si sono alternati nel ruolo di titolare del Milan sono stati acquistati a fine anni novanta per un totale di poco superiore ai due milioni di euro. Abbiati e Dida, rispettivamente primo e terzo nella classifica dei portieri rossoneri con più presenze, sono stati, in tempi ben precisi, due numeri 1 più che dignitosi: il brasiliano, in particolare, ha concorso per qualche tempo al titolo di miglior portiere del mondo. “Chi è più forte, Dida o Buffon? si chiedevano i bambini di Silvio Orlando ne “Il Caimano” di Nanni Moretti, anno 2006.

Entrambi, però, erano arrivati a Milano in punta di piedi, senza immaginare che sarebbero entrati, nel bene e nel male, nella storia del club. È lecito chiedersi cosa sarebbe successo, per esempio, se nei minuti finali di un Milan-Perugia del 17 gennaio 1999, Sebastiano Rossi non avesse deciso di aggredire Bucchi, venendo squalificato per cinque giornate e scatenando la rabbia di Zaccheroni: “È un ragazzo che va inquadrato meglio perché certe cose non le posso più accettare. Fu l’occasione della vita per Christian Abbiati, che aveva preferito la carriera da calciatore a quella da pasticcere ma che, arrivato dal Monza in estate, aveva comunque iniziato la stagione in qualità di terzo portiere.

Quell’anno, infatti, il titolare tra i pali, almeno in teoria, avrebbe dovuto essere il tedesco Jens Lehmann, arrivato dallo Schalke 04 per ben 15 miliardi di lire, cifra mai più spesa dai rossoneri per un portiere. Non funzionò: solo sei presenze tra campionato e Coppa Italia per il tedesco, compreso un disastroso 0-3 con la Fiorentina (tripletta di Batistuta gentilmente offerta da Jens). Già a novembre era scoppiato il caso: “Sto bene ed è giusto che torni tra i pali. Se non sarò accontentato? I se non esistono. Rivoglio il posto e basta. I se, invece, esistevano eccome: la difesa di Braida non è proprio convinta: (“Forse soffre il grande pubblico, era abituato a Gelsenkirchen dove i tifosi non criticano mai”), l’allenatore non torna sui suoi passi e a gennaio è già ora di dirsi addio, non senza che il teutonico portiere spari a zero su tecnico, compagni di squadra e tifosi. Si salva solo il panorama: “Il viaggio verso Milanello, con i monti sullo sfondo, era ogni giorno uno spettacolo.

Da lì in poi il Milan si affida alla politica del “chi si trova si trova”, limitandosi ad acquistare manovalanza per panchina/tribuna e ad assistere agli eventuali, e talvolta imprevisti, sviluppi. Il 20 gennaio 1999, mentre Abbiati proclama di voler essere l’erede di Rossi, dichiarando di voler giocare una o due partite in campionato, dal Cosenza arriva, in comproprietà con l’Inter, l’allora ventiduenne Giorgio Frezzolini, espressamente richiesto da Zaccheroni, suo allenatore all’Udinese. Un solo semestre per il romano, che dopo aver preso parte a qualche amichevole torna a vestire il nerazzurro. Ma i primi mesi del 1999 sono decisivi sopratutto per l’acquisto di quello che sarà, per tutto il decennio successivo, il principale rivale di Abbiati: Nelson de Jesus Silva detto Dida viene prelevato dal Cruzeiro, con il quale due anni prima ha vinto la Copa Libertadores, e girato in prestito al Lugano in febbraio. Il tutto per la modica cifra di 3 miliardi di lire circa, che Galliani decide di sborsare, nonostante il giocatore sia in scadenza di contratto, per evitare grane con il club brasiliano. Erano altri tempi.

La stagione successiva Abbiati si conferma titolare con Rossi alle sue spalle, mentre Dida è prestato al Corinthians per fare esperienza. Tralasciando i sei mesi rossoneri di Roberto Colombo, portiere fatto in casa e destinato a tornare nel 2010 per una tournée negli Usa, per il ruolo di terzo arriva Valerio Fiori, trent’anni e senza una squadra dopo l’ultima stagione a Piacenza. Resterà fino al 2008, scendendo in campo soltanto due volte nel 2003 e dedicandosi, nel molto tempo libero a disposizione, a fare due figli e laurearsi in giurisprudenza a Roma. Ruolo accettato con un po’ di malinconia, come risulta da alcune dichiarazioni del 2001: “Il coinvolgimento è totale, però capita che gli amici mi chiedano il risultato e io inconsapevolmente risponda: ‘Hanno vinto’ o ‘Hanno perso’. Da un paio di giornate, se giochiamo in casa, al mattino mi lasciano dormire. La solitudine del terzo portiere, chissà cosa ne avrebbe scritto Umberto Saba.

La stagione 99-2000 segna l’affermazione di Abbiati. Il vecchio Seba Rossi, per la verità, non è ancora accantonato: colleziona dieci presenze stagionali, ma il 24 marzo 2000 ha un altro momento di follia che gli costa caro. Dopo una prestazione insufficiente a Venezia, si vede preferire il giovane collega nella gara interna con la Juventus e scatena a fine partita una rissa verbale: si rifiuta di stringere la mano al preparatore atletico, quindi inveisce contro Zaccheroni e addirittura contro Galliani, che non la prende bene (“Vergognati, ti farò cacciare dal Milan”). Seguiranno le scuse e altre diciassette presenze nella stagione 2000-2001, l’ultima con un ruolo da coprotagonista prima del declino (solo Coppa Italia e Uefa nel 2001-2002 prima del trasferimento al Perugia).

Le cose sono ormai cambiate: Abbiati, dopo due stagioni al Milan, è lanciatissimo. Nell’estate del 2000, prima di unirsi alla spedizione azzurra in Belgio e Olanda come riserva di Toldo ed Antonioli, vince infatti l’Europeo Under 21 in compagnia di Pirlo, Coco, Gattuso e Comandini, prendendosi anche il lusso di sfottere il rivale brasiliano: festeggia le parate decisive canticchiando “Dida/Dida“.

Il trionfo dell’estremo difensore italiano sembra totale: il brasiliano è stato tesserato come extracomunitario a causa dei sospetti (fondati) di Galliani nei confronti di quel passaporto portoghese non troppo credibile e viene schierato come titolare solo nelle gare di Champions League, dove non ci sono limiti agli extra-Ue. C’è solo da aspettare fino al 19 settembre per assistere alla famosa papera di Leeds, che consente a Bowyer di trovare il gol dell’1-0 a due minuti dalla fine: errore rimasto nella memoria collettiva dei rossoneri e a cui fa seguito una buona partita a Barcellona e una maldestra uscita su Hagi, in marzo contro il Galatasaray. Condannato a sette mesi di reclusione per falso, squalificato fino al 31 ottobre, Dida se ne torna al Corinthians in prestito, colpito ma non affondato dalla vicenda dei passaporti inventati.

Il destino sa essere beffardo. E dopo un anno di relativa tranquillità, l’usurpatore Abbiati viene, a sua volta, detronizzato. Apparentemente, anche questa volta, per caso: il portiere di Abbiategrasso si infortuna ad agosto, Bagheera la Pantera comincia a giocare, si conquista il posto da titolare e finisce nell’album di famiglia con la conquista della Champions League 2003. Briciola di pane, nomen omen, deve accontentarsi delle briciole: dalle 46 presenze della stagione precedente passa a 17, per poi crollare a 8 nelle due annate successive, quelle del miglior Dida, che nel 2004-2005 stabilisce il record di imbattibilità rossonera in Europa (614 minuti).

Abbiati, da futura promessa ad eterno secondo, fa le valigie. Accetta il prestito al Genoa, ma quando i rossoblu vengono retrocessi in C1 si ritrova a Milanello, prontamente offerto alla Juventus dopo l’infortunio occorso a Buffon in occasione del Trofeo Berlusconi. Il Dida post-petardo comincia (ritorna?) a fare qualche errore di troppo, ma le strategie rossonere, questa volta, non forniscono valide soluzioni.

A metà decennio, infatti, comincia un via vai di portieri di seconda fascia. Dopo aver pensato a Guardalben, nell’estate del 2005 il Milan acquista il greco Dimitros Elefethoropulos dal Messina: “Ancelotti mi ha detto che mi stima, Galliani crede in me, un onore giocare al fianco di Dida“. Nemmeno il tempo, per i tifosi, di imparare lo spelling del cognome che l’ex Olympiakos, dopo un paio di amichevoli con Chelsea e Chicago Fire, viene ceduto alla Roma.

Al suo posto arriva lo svincolato Željko Kalac, uno che aveva provato in tutti i modi a farsi notare, dalla notte dei calci di rigore di Roda-Milan all’uscita che mette fuori uso Inzaghi in un Perugia-Milan del 21 settembre 2003. L’australiano, 202 centimetri di insicurezza, fa il vice-Dida, senza mai convincere del tutto. Nel novembre 2006, dopo una doppia papera in Coppa Italia contro il Brescia, spiega così il perché dei suoi errori: “Purtroppo stavo pensando ai c***i miei. Viva la sincerità.

Nell’estate 2006, intanto, la mania per i giocatori a costo zero porta in rossonero anche Ferdinando Coppola. L’idea, quando gli viene fatto firmare un triennale, sarebbe di farne il vice di Buffon, ma questi resta alla Juventus e l’ex Ascoli comincia un tour italiano di tutto rispetto: prestito al Piacenza, prestito e poi comproprietà con l’Atalanta, prestiti a Siena e Torino, ritorno a Milano per scontare la squalifica per il calcioscommesse, trasferimento a titolo definitivo al Torino, scadenza del contratto semestrale con i granata e ritorno, con colpo di scena alla Ridge Forrester, al Milan, di nuovo a parametro zero. Deve ancora fare il suo esordio, ma davvero non c’è fretta.

Va meglio a Storari, per cui il Milan decide di spendere ben 1,3 milioni di euro nel gennaio 2007: Dida e Kalac sono infortunati, bisogna pur fare qualcosa e il portiere del Messina viene preferito a Sereni della Lazio. Il trentenne fa in tempo a raccogliere tre presenze, poi passa un anno tra Valencia (sponda Levante) e Cagliari e un altro a Firenze, prima di dirigersi di nuovo alla base nel 2009. Al suo ritorno a Milanello trova una situazione un po’ diversa: Kalac ha rescisso consensualmente in estate, Dida c’è, mentre Abbiati è riuscito a giocare per Torino e Atletico Madrid, tornare al Milan, rifiutare il Palermo facendo saltare l’arrivo di Lloris, guadagnarsi un posto da titolare, infortunarsi gravemente.

Per Storari sembrerebbe essere arrivato il momento buono: Leonardo lo fa giocare e ad ottobre arriva il rinnovo contrattuale. Peccato che il tentativo di imitare la parata dello scorpione di Higuita gli sia fatale: Dida vive l’estate di San Martino della sua carriera rossonera, alternando momenti imbarazzanti a paratone cosmiche (qui non si poteva non esultare) nella sua ultima stagione a Milano, mentre Tarzan diventa nulla più che una bellissima plusvalenza di cui vantarsi con gli amici del bar: prestato alla Sampdoria in gennaio, in giugno viene venduto per 4,5 milioni di euro alla Juventus.

Abbiati, così, si ritrova titolare senza quasi sapere perché. Non ha avuto la carriera che aveva immaginato all’inizio del decennio, in nazionale ha fatto al massimo qualche apparizione nelle amichevoli. Ma la concorrenza non è un granché: a Flavio Roma, arrivato dal Monaco dopo aver rescisso il contratto nel 2009, si unisce nel 2010 Marco Amelia dal Genoa, in prestito con diritto di riscatto della compartecipazione. L’ex campione del mondo, un anno più tardi acquistato per 3,5 milioni di euro, si ritrova spesso tra i pali, a causa dei frequenti guai fisici del vecchio Abbiati. Il quale, nonostante gli ormai puntuali errori e gli insulti di Galliani dalla tribuna (portiere di m***a, portiere del c***o”), resta il padrone delle porta rossonera. L’ultimo possibile aspirante al trono, in ordine di tempo, è un altro brasiliano prelevato dal Cruzeiro per una modica cifra (700000 €): si chiama Gabriel Vasconcellos Ferreira e, non avendo mai giocato una partita tra i professionisti, aspetta che il destino regali anche a lui una provvidenziale buccia di banana per eliminare i rivali.

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