di Ezio Azzollini
Un grazie per ogni anno. 27 motivi per dire grazie al miglior dirigente sportivo italiano, uno per ognuno dei 27 anni di passione e di sentimento, più che di servizio. Per la verità, sarebbero 27 anni e 10 mesi. Quindi, avremmo potuto scrivere 2710 motivi, per dire grazie ad Adriano Galliani. E li avremmo trovati tutti, senza troppa difficoltà. Ma la lunghezza di un pezzo che non avremmo mai voluto scrivere sarebbe troppa. E allora, dobbiamo contenerci, fermarci a 27, circoscrivere la circolazione del sangue attorno a questo muscolo, oggi un po’ più loffio. Oggi, molto più vuoto.
Grazie per esserci stato. Ovunque, su ogni campo, a qualsiasi temperatura, con qualsivoglia improbabile copricapo. Con qualsiasi trattamento la tribuna d’ “onore” di turno contemplasse.
Grazie per la passione, per gli occhi vividi, sempre innamorati, sofferenti quando c’era da soffrire, esaltati quando c’era da esaltarsi. E’ stato il primo di noi, il primo tifoso. Grazie per la promessa di restarlo.
Grazie per averci messo la faccia, anche per colpe non addebitabili propriamente ad un amministratore delegato. Grazie per averle incassate con un silenzio e con un’eleganza che poi non è stata riservata a lei.
Grazie per Marsiglia. Grazie per quell’umiliazione di cui si fece carico, in mondovisione, per una telefonata ricevuta. In campo, a fare una figuraccia epica, non ci andò chi avrebbe dovuto, ma chi prese quella telefonata. Su cui non ci fu mai una rimostranza, uno scaricabarile, un sassolino.
Grazie per le cravatte.
Grazie per Perugia, per la prima di quelle esultanze spiritate e meravigliose. Resterà unico, indimenticabile, il più Titolato nell’Urlo, altro che Munch.
Grazie per quell’insopportabile, irritante, “siamo i più titolati al mondo”, puntualmente pescato ad ogni mezza serata storta. Perché non è mai stata una bugia. Grazie per essere stato un motivo fondamentale per il fatto che fosse una verità incontrovertibile.
Grazie per la cazziata epica ad Alciato. Ci aveva visto lungo, ancora una volta.
Grazie per aver avuto il cuore, dopo 25 anni di potenza assoluta, di autorevolezza, di inarrivabilità, di fare il questuante in Russia per risparmiare pochi spiccioli per Honda, pigliandosi le beffe di chi nel calcio non esiste, il CSKA, nelle cui stanze dei bottoni un Gallianovkij non c’è, e non ci sarà mai.
Grazie per Pirlo, per Seedorf, per Helveg e Guly. Grazie per Ronaldo.
Grazie per non essere apparso in un solo secondo, di un solo minuto, di una sola telefonata in quel losco affare e contraffare che è stato Calciopoli. Abbiamo perso a testa alta, truffati prima e dopo, da tizio e da caio, sempre con dignità. Grazie per come ci siamo rialzati nel 2007. E’ stato unico, come quelle sue matte urla.
Grazie per non aver mai cercato il nostro prono servilismo. Ha avuto la nostra stima.
Grazie per quando riconoscerà di non aver fatto benissimo con Paolo Maldini.
Grazie per aver comprato Zlatan Ibrahimovic due volte.
Grazie per non essere stato perfetto, non era il suo compito. Così come non lo era essere il migliore di tutti. E quello lo è stato eccome.
Grazie per la corsa folle in campo a Tokyo dopo la punizione di Evani. Sarà sempre la dimostrazione che tutti possono essere meravigliosi atleti, con le motivazioni giuste.
Grazie per Tevez. Grazie per non aver mai fatto pesare che colpo avesse fatto, e perché non s’è più fatto. In questo momento sarebbe talmente sesquipedale, come soddisfazione, che non ha bisogno di sottolinearla.
Grazie per i pessimi, veramente pessimi, gusti musicali. Ci fanno sentire tutti migliori, ricercati, fighi ed eruditi.
Grazie per il bilancio sano. Continuiamo ad avere la sensazione che prima o poi peserà. E allora saremo di nuovo il vecchio Milan. Con meriti che andranno ad altri.
Grazie per aver cantato “chi non salta è nerazzurro”, anziché “chi non salta è nelazzullo”. Grazie per averci risparmiato questa tristezza.
Grazie per Bogarde, Javi Moreno e Pablo Garcia, grazie per quel minimo sindacale generosamente e nobilmente concesso giusto per far sentire gli altri un po’ meno sfigati, per quelle eccezioni che per gli altri, tra un Vampeta e un Esnaider, rappresentavano la regola.
Grazie per aver difeso i nostri campioni dalle sirene d’oro, finchè è stato possibile. Grazie per non aver proferito parola sulle lezioni d’inglese del bebè di Shevchenko. Anche in quel caso, sobrietà ed eleganza.
Grazie per aver realizzato i nostri sogni, e quelli degli altri. Grazie per quando bastava dire “Rivaldo” per aver Rivaldo. E grazie per quando era impossibile dire “Ibrahimovic” per avere Ibrahimovic, eppure si aveva Ibrahimovic.
Grazie perché l’ultima voce-operazioni nel curriculum di Adriano Galliani è il ri-acquisto di Kakà. Grazie perché le coincidenze non esistono, grazie per il sentimento e per questo commiato che più simbolico non ce n’è, che starà sempre lì a ricordarci cosa lei sia stato e come è: uno che non è andato via senza aver ripreso Ricky, il suo unico vero cruccio.
Grazie perché in queste ore incassiamo messaggi di tifosi juventini, interisti, napoletani, e dicono che il calcio italiano non sarà più la stessa cosa.
Grazie perché la storia siamo noi, e la penna è stato lei. Grazie perché Adriano Galliani è il più grande fuoriclasse del Milan di Silvio Berlusconi. Non ce n’è.
Grazie, dottore. Grazie per l’amarezza che c’è. Vuol dire molto, vuol dire che i bagagli saranno pesanti, e le giornate un po’ più tristi. Vuol dire che non sembrava possibile, vuol dire che siamo un esercito che ha perso tanti uomini fino ad abituarsi, ma quest’uomo qui, no. Non sapevamo. Non pensavamo. Grazie per essere stato il Milan in tutti i modi in cui si poteva essere il Milan. Hanno ragione tutti. Non sarà più lo stesso.
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