Su Barbara e sull’Europa domande inutili

07 Apr 2014 21:00
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Giornalista sportivo a Mediaset dove cura “Sport Mediaset XXL”. Opinionista a “Novastadio”. I suoi libri: “Soianito”, “Calcinculo”, “La vita è una”, “Sembra facile”, “L’oro di Sheva”.

04.04.2014 00:00 di Luca Serafini Twitter: @lucaserafini4  articolo letto 372 volte

© foto di Pietro Mazzara

Traditi dalle troppe balle spaziali degli ultimi anni, da quelle del “non si vende Kakà, non si vende Thiago Silva” a quelle “ultracompetitivi, siamoapostocosì”  fino alle decine di “abbiamo giocato bene, una partita importante” nonostante le molte sconfitte e lo spettacolo deprimente, i tifosi rossoneri in queste ore si interrogano: Barbara ha detto la verità? La famiglia tornerà a spendere per il Milan? Domanda lecita, quanto inutile. Da tempo Barbara appare l’unica persona della quale potersi fidare pensando al futuro prossimo di questo club, per il semplice fatto di esserci: una madre della sua ancora giovane età farebbe di meglio nella vita che scaldare una sedia di famiglia, se sapesse che tra poco si sbaracca. 

Nel calcio italiano il verbo “investire” non si coniuga con il verbo “vincere”: investe chi compra giovani sconosciuti e li rivende a prezzi moltiplicati, investe chi fa fatturato e non spende una lira per rinforzarsi. Gli altri spendono, e basta. In uno Stato dove per gli stadi, per lo sport, per la cultura sportiva non si “investe” un soldo se non quando si inseguono per speculazione Mondiali, Europei e Olimpiadi, quale straniero sarebbe allettato dal  portare capitali se non un americano che appunto ha lo stadio (o l’edilizia) come obiettivo finale o un indonesiano che premette “prima si vende, poi si compra” e un giorno ci dirà la vera ragione per cui ha attraversato mezzo pianeta ed è sbarcato in Occidente per parlarci di Ventola.

Dunque il dubbio sulla verità di Barbara oggi non ha ragione di esistere, casomai è lecito averne sulla possibilità che qualche sceicco ci caschi. Il fatturato non basta, per rifare questa squadra ci vogliono una montagna di idee e quattrini: se lo sceicco ci sta, in testa probabilmente non ha il Milan, ma Mediaset, o Mondadori, o qualche altra azienda di famiglia. In ogni caso, avercelo come socio a qualsiasi livello non guasterebbe e dunque buon viaggio in Oriente. 

L’altra domanda assurda dopo 7 punti in 3 partite è se per il Milan sia davvero allettante andare in Uefa Champions League: “Non dà soldi”, “Trasferte impossibili contro squadre dal nome impronunciabile, c’è solo da perdere”, “Prosciuga energie vitali per il campionato”, “Giocare di giovedì è una trappola”. Strane considerazioni per un ambiente che ha da sempre l’Europa e la visibilità internazionale come obiettivo irrinunciabile. Strane obiezioni per chi teme di non vincere più nulla per molto tempo in Italia e in Europa. Strane perplessità per chi un anno fa sfotteva gli interisti per essere fuori da tutto. A un milanista (non osiamo dire: a uno sportivo) le coppe fanno libidine. A prescindere. Dunque se c’è una sola chance di aggrapparsi all’Europa, caro Clarence, inseguitela con tenacia. Le domande su Barbara e sull’opportunità di partecipare sono inutili, l’unica vera domanda continua a restare quale sia il progetto, ma qualunque esso sia non può prescindere dalle coppe europee.

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