Alla ricerca di un capro espiatorio nel finale di stagione. Allegri, angelo o diavolo?

Milan news

Giulia Polloli inizia a seguire il Milan per Varesenotizie.it, voce del commento tecnico su Radio RVL, collabora con Vco Azzurra Tv, Tribuna Novarese e Il Biancorosso.

25.04.2012 00:00 di Giulia Polloli   articolo letto 473 volte

© foto di Giulia Polloli

Dicono che tutto succeda per un motivo, in questo mondo abitato da esseri mortali e fallibili. Il destino è già scritto, predicano i fatalisti, mentre chi ancora crede di poter tessere da sé le fila della propria vita e soprattutto del proprio futuro lotta strenuamente per cercare la conferma, nei fatti tangibili, di questa sua convinzione.
Se il Milan appartiene alla categoria dei fatalisti o a quella degli scettici è difficile a dirsi. Di certo c’è solo che, dopo la prestazione scialba e quasi surreale messa in campo a S.Siro contro un Bologna non irresistibile, contro una Fiorentina che era assolutamente battibile, contro il Catania che pur è una squadra che sta viaggiando a ritmi vertiginosi, qualche rimpianto nella squadra di Allegri ha preso saldamente il controllo dei pensieri. In piena lotta scudetto, dopo una rimonta insperata, i quattro punti di vantaggio contro la Juve degli imbattibili sono stati scialacquati con fin troppa facilità. Ora, a gioco fermo e in attesa di riprendere questo pomeriggio contro un Genoa frastornato dopo l’umiliazione subita nella lotta con gli ultrà, si cerca di capire quale sia il male reale di questa squadra. Ci si trasforma in cacciatori di capri espiatori che nel finale potrebbero offuscare la normale lettura degli eventi per salvare almeno in parte questa stagione che potrebbe delinearsi, potrebbe attenzione, come fallimentare.
Il dito puntato contro Allegri, è il più semplice esempio di come sia semplicistico addossare le responsabilità dei risultati mancanti nel filotto che doveva essere immacolato dal dopo Fiorentina. Il tecnico e la sua panchina che per molti ormai poggia su sostegni traballanti, potrebbe essere il re dei capri espiatori. Se devo essere assolutamente coerente con i pensieri che mi accompagnano dal pareggio contro il Bologna, qualche “accidenti” l’ho pronunciato anche io.  E la mia ira era rivolta al mancato utilizzo di El Shaarawy. Ma non solo perché dal punto di vista prettamente tecnico mi piacciono le sue gesta in campo. Semplicemente perché credo che il ragazzo qualche motivazione in più poteva averla. La giovane età e la voglia di imporsi in un palcoscenico importante sono giustamente da dosare nell’arco di una stagione, per non addossare troppe responsabilità su spalle ancora non completamente sviluppate e larghe: in questo concordo con Allegri. Ma mi sembra che il ragazzo sia stato centellinato fin troppo. Senza nulla togliere al Bologna e senza peraltro mettere sotto accusa nessuno dei suoi compagni, in una gara di questo tipo credo che il Faraone avrebbe potuto pronunciare il suo anatema, così come è successo in altre occasioni. Ma passiamo oltre.
La partita contro il Bologna ha fin troppe somiglianze con la debacle contro i viola. Soprattutto per i demeriti del Milan, sceso in campo con poca energia nelle gambe e forse psicologicamente stressato dalla tensione di dover vincere a tutti i costi. La partita contro il Bologna si è trasformata in una sorta di finale da vincere, in un duello tra titani, con i rossoblu galvanizzati dal gol e con il Milan frastornato. La tensione era palpabile e lo si riscontra nell’atteggiamento nervoso di Ibrahimovic, risvegliatosi troppo tardi dopo una serie di incursioni nell’area avversaria andate sprecate e perse. Non mi voglio invischiare nei ragionamenti da moviola, ma è normale che dopo l’ennesimo gol annullato per un fuorigioco inesistente, qualche cosa possa sconvolgere anche i nervi più saldi. Tornando ad Allegri, che ricordiamolo ho indicato come il più facile capro espiatorio di tutto ciò che succede al Milan, bisogna invece dargli atto di aver gestito al meglio questa stagione terribile. Chiunque delle altre squadre, delle altre società, degli altri tecnici, Juventus e Conte compresi, non avrebbero potuto e saputo far meglio di fronte alla continua morìa di giocatori. Costretti a vincere dopo un inizio traballante, in una rincorsa su cui nessuno avrebbe mai scommesso, Allegri e i suoi collaboratori hanno saputo intrecciare i giusti fili per regalare tante emozioni e tanti risultati al popolo rossonero. Ora che la squadra è stravolta dall’immane fatica, non rimane che aspettare l’arrivo di linfa nuova. Ora che, per molti, tutto è perduto rientrano nei ranghi Cassano, Boateng e soprattutto Thiago Silva. Giusto sottolineare che con il campo il centrale difensivo brasiliano, il Milan ha sempre ottenuto il massimo del bottino. Quindi giù le mani da “capitan futuro”, questo il messaggio da cui forse bisogna ripartire e ristrutturare. Perché mancano ormai solo cinque partite e nessuna delle prossime sarà una gara facile. Soprattutto quella che andrà in scena questa sera. Il Genoa proverà con le unghie e con i denti a trovare un equilibrio, magari precario, ma un punto fermo da cui ripartire. Potrebbe essere la partita della svolta per gli uomini riaffidati a De Carlo dopo la notte straziante in cui anche Malesani è stato esonerato. Ma invece io auspico che quella di questa sera sia la partita della svolta per il Milan. Perché non è ancora ora di gettare la spugna. Forse sarò l’ultima dei romantici ma sono l’ultima anche a voler ammainare la bandiera. Ma per quel che mi riguarda, il campionato non è ancora concluso. Mancano ancora cinque giornate e mi aspetto davvero che questa volta il Milan possa vivere queste ultime partite come cinque finali, di quelle da dentro o fuori, di quelle che temprano il carattere dei giovani e che mettono alla prova la reale forza dei campioni. Mi aspetto che ognuno degli uomini schierati da Allegri giochi con lo sguardo rivolto al cielo e non con gli occhi a terra. Voglio vedere il fuoco negli occhi di quei diciotto che si accomoderanno tra campo e panchina e voglio vedere Allegri sorridere ancora, non come gesto di stizza, ma con commozione per aver trascinato la squadra oltre i propri limiti per realizzare quella che ad oggi sembra solo una pura utopia, per molti, ma non per tutti.

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