Canale Milan
di Riccardo Zavagno
Amarezza e rimpianti. Questi sono i comuni denominatori che prevalgono negli umori e nelle dichiarazioni dei rossoneri. Giocatori e tifosi. Nonostante la sconfitta il Milan cade in piedi, ha la maglietta bagnata di sudore di Ambrosini, negli occhi la luce di Nocerino e la carta d’identità di Nesta e Seedorf. Basterebbero questi tratti della squadra, per capire che l’uscita ai quarti di finale contro il Barcellona è stata più che dignitosa. Siamo usciti a testa alta? Ci sono stati rigori che hanno fatto più scalpore di altri? Merk, Ovrebo e Kuipers sono imparentati? I problemi del campo di San Siro hanno influito sull’esito della sfida?
Tutte domane o supposizioni che alimentano ulteriormente il rammarico e rischiano di non focalizzare i veri motivi della prestazione del Milan.
Come nella doppia sfida contro la Juventus in Tim Cup ( ex Coppa Italia, ndr), i rossoneri hanno sbagliato la partita di andata giocata in casa e sono stati penalizzati dalla condizione fisica, infortuni compresi. Allegri aveva preparato questi 180 minuti al meglio, sapendo che le caratteristiche espresse dal palleggio dei catalani erano le peggiori che si potessero incontrare per il gioco della sua squadra, soprattutto con gli uomini contati come in questo momento della stagione. Le occasioni per fare male ci sono state sia all’andata come nel ritorno, prima fra tutte il gol sbagliato da Robinho dopo neanche 3 minuti dall’inizio della partita a Milano. Ecco perché si può parlare di rimpianti, cosa che all’inizio sembrava quasi una bestemmia. Il Milan può rimpiangere di non essersi fatto trovare pronto al cospetto di un Barcellona, forte, ordinato che gioca a memoria ma in queste due settimane sicuramente non nel suo migliore stato di forma. Certo i numeri del possesso palla, dei tiri in porta, dei passaggi riusciti doppiano quelli dei rossoneri ma tutto si riduce alle caratteristiche dei giocatori che compongono le squadre. Xavi, Iniesta, Busquets, Fabregas non esprimono un gioco fatto di corsa, fisicità, interdizione.
Le armi contrapposte al fraseggio della squadra di Guardiola sono state pressing, difesa e ripartenze. Questo pressing è stato efficace quando veniva portato nella trequarti avversaria e soprattutto finché Ambrosini ha avuto fiato. Dopo di che non è restato altro che difendersi rimanendo corti ed attenti ed una volta recuperato palla ripartire in velocità. Ovviamente per esprimere questo gioco a ritmi alti e continui è necessaria freschezza fisica e mentale, cose cha al momento il Milan non dispone. Se per il campionato le folate di Ibrahimović, Robinho e Boateng possono al momento risultare determinanti, in chiave europea in un’ottica di andata e ritorno decisamente no. Ecco quindi che subentra l’amarezza a far compagnia ai rimpianti.
L’amarezza che si manifesta nel chiedersi come sarebbero state queste sfide con la squadra al completo e senza infortuni.
L’amarezza di non essere riusciti a vedere lo stesso undici titolare per più di due partite di fila. L’amarezza di essere usciti col Barcellona e di avere la consapevolezza che la si poteva giocare fino alla fine.
L’amarezza di vedere nuovamente Pato a testa bassa uscire dal campo.
L’amarezza nel sentire quelli che rimpiangono ancora il mancato arrivo di Tevez come rimedio a tutti i mali rossoneri, quando basta leggere i nomi che compongono la panchina e calcolare gli anni di Ambrosini, Nesta e Seedorf per capire che i problemi sono questi.
Questa sconfitta però deve assolutamente trasformarsi per la squadra in una spinta, nel trovare le energie utili per la volata finale.
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Amarezza e rimpianti