MILANELLO IN ROSA |
Fiducia, entusiasmo, Dna rossonero, spirito di squadra. Questi sono i termini che in modo preponderante si ripetono parlando di Milan. Il parallelismo tra Inzaghi e Conte è calzante in questo momento storico: uno deve ricostruire il Milan, l’altro gettare basi solide sulle quali ricostruire la Nazionale. Inzaghi e Conte sono diversi, lontani anni luce per carattere e caratteristiche. Eppure è su di loro che si fissano gli sguardi dei curiosi, che aspettano soltanto la conferma del successo all’esordio per iniziare i racconti epici delle loro avventure. Inzaghi e Conte accomunati anche dal’assenza di Mario Balotelli. Il Milan lo vende per far cassa, la Nazionale lo mette in stand-by perché capisca che nulla gli è dovuto, che non basta chiamarsi super Mario per essere un vero eroe. E Inzaghi vince. E Conte vince. E Balotelli al momento rimane in silenzio. Magari riflette, forse si contorce dalla voglia di replicare alle critiche che mezzo mondo calcistico sta diffondendo, ma intanto l’attenzione, finalmente , si sposta sul collettivo. Un collettivo, quello rossonero, che ha dimostrato la sua esistenza nella partita che ha inaugurato la stagione, una squadra che ha sposato completamente i dettami inculcati nei primi mesi di panchina da Inzaghi. In fondo Pippo ha trasmesso quei valori che lui stesso, da giocatore, aveva utilizzato e difeso per diventare uno dei rossoneri più amati della storia. La storia, anche recente, diventa inesorabilmente termine di paragone anche per il suo stesso futuro. In questi giorni si assiste alla lotta tra i sostenitori delle fazioni che si erano create all’indomani dell’esonero di Seedorf. O forse ancora prima, quando già con l’esonero di Allegri si erano creati quei gruppi di sostegno a favore, o contro, le scelte societarie. Così come allora oggi sembra impossibile poter esprimere un giudizio che venga riconosciuto come oggettivo se magari, qualche mese fa, ci si era schierati a favore del cambiamento. Come se riconoscere i meriti di Inzaghi, oggi, sia di competenza assoluta solo di chi aveva criticato il suo più recente predecessore. Quasi a dimenticarsi che l’oggetto del giudizio deve essere soltanto il Milan, ma soprattutto che il nostro operato debba essere ricondotto ai risultati sul campo. E allora, per ciò che abbiamo potuto vedere in questi tre mesi, non credo di poter essere smentita nel mio giudizio: questo Milan dal baratro ha ricominciato a vedere la luce e , se uno spiraglio non ci consente di leggere in maniera inequivocabile l’andamento di una stagione intera, almeno ci consente di percepire la via da seguire.
Inzaghi ha portato nuova linfa a Milanello. Poco importa che i risultati arrivino da nomi altisonanti sul mercato o semplicemente da un cambio di mentalità. Anche nel giudizio sui singoli, che importanza può avere il tipo di parametro con cui è stato acquisito, ad esempio un Menez? O Alex? O Torres? Se ognuno di loro saprà garantire il massimo per questa squadra, per il bene del Milan, per rialzare la testa dopo una stagione sciagurata, allora bisognerà ammettere i meriti di chi ha avuto l’intuizione, la fortuna, l’esperienza, fate voi, di puntare su questi interpreti. Inzaghi in primis.
Inzaghi che detta i tempi per la rinascita, partendo dal focalizzare l’attenzione sulla trasferta di Parma prima ancora di pensare allo scontro con la Juventus. Un passo alla volta, ecco il suo motto. Potrebbe essere la gara dei debuttanti quella contro l’ex Donadoni. I riflettori sono puntati su Torres, ma anche per Bonaventura e Van Ginkel potrebbero aprirsi delle possibilità. Soprattutto quest’ultimo che, dati alla mano, fa leva sulla scaramanzia dilagante in quel di Carnago. Pur giovanissimo ha esordito sempre con gol. E se Inzaghi non ha dimenticato la sua indole…
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Milan-Lazio 3-1 (1)
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