Biasin: "Ibra, schiaffi e malessere: ma c’è dell’altro…"

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© foto di Fabrizio Biasin

Ho conosciuto Ibra. Era maggio. Nel 2007 (primo e ultimo incontro con qualche scazzo successivo: direi che non siamo proprio amiconi). Giocava nell’Inter da quasi un anno ed era bello paciarotto. Ho citofonato a casa sua, a Milano, in centro. Ha aperto la porta e sorrideva. Indossava una tuta di quelle che si mettono in casa per stare belli comodi (Euro 9.90 al centro commerciale) e una maglietta sporcata da un noto “baffo” (mi sa che quelle gliele regalano). Ero emozionato. Anzi no, impaurito. Anzi no, direi più che altro “imbucato”.

Prima cosa che mi è venuta in mente: “Se questo mi tira una pizza in faccia mi gonfia come un canotto a Gabicce”. (E’ colossale, Ibra: due metri di bestia svedese). Seconda cosa: “Mi offrirà un caffè come fanno le persone normali o farà finta di niente?”. E’ comparsa la compagna col primogenito in braccio, ci ha pensato lei: “Volete qualcosa?”. Mi son bevuto una Coca Cola. A casa di Ibra. Gentilissima la signora Ibrahimovic, bella donna, sorridente
pure lei, niente da dire. Lui intanto giocava col figlio, gli diceva “vieni qua!” e si vedeva che era “a casa”.

Ecco, se hai la fortuna di osservare Ibra tra le quattro mura (facciamo anche otto…) capisci che non è un tipo qualunque. Ha la faccia di chi sa quello che vuole, di chi domina le emozioni, di chi sa di essere predestinato. Adora famiglia e lavoro, il resto son cazzate che fanno perdere tempo. L’ho sommerso di domande, abbiamo scattato quattro foto orrende, mi ha congedato, s’è arrabbiato per la mia intervista (ma forse ha solo fatto scena), non gli ho mai più parlato.

Quel benedetto pomeriggio mi è tornato in mente domenica. Ibra cammina verso Aronica e molla uno schiaffone a tradimento. Una sciocchezza che lo svedese paga a caro prezzo: tre giornate a guardare i compagni, niente sfida con la Juve (ma le vie dei ricorsi sono infinite…). “Ecco – ho pensato – gli sono partiti i cinque minuti”. Poi mi son chiesto: perché a febbraio Ibra non gioca quasi mai? Può essere solo un caso?

Chi scrive è assolutamente convinto che tre giornate di squalifica siano tante, troppe, eccessive. Ibra ha sbagliato, è recidivo, ma non ha ammazzato nessuno. Chi scrive ha anche fatto qualche pensiero malvagio: non è che questo qui è nervoso per altri motivi e sta pensando di cambiare aria? Cioè, è evidente che Zlatan a Milano sta come un pupo alla fabbrica del cioccolato, ma è pure evidente (lo dicono i numeri) che uno come lui non sa cosa voglia dire “perdere”. L’impressione è che il mercato “a metà” del Milan non sia piaciuto allo spilungone, l’altra impressione è che presto Mino Raiola (il manager che tutti noi vorremmo avere di fianco anche solo per trattare il taglio del Granbiscotto al super. “Me lo affetti sottile. Ho detto più sottile, non faccia il furbo. Guardi che le scateno Mino…”) chiederà un incontro alla società per parlare di prolungamento del contratto e di adeguamento economico.

Dice il beninformato: “Il contratto di Zlatan scade tra due anni e mezzo, c’è tempo”. Vero, ma Mino nostro è stato chiaro di recente: “Ibra è richiesto da tanti…”. E ancora: “A giugno avrò un attaccante per il Milan”. Vuoi vedere che tra uno schiaffone, un ricorso e affari vari
qualcosa succede?

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