Carlitos in modalità "vecchio cuore rossonero", ora il City è alle strette. Ecco cosa succede se arriva anche Maxi mentre Pato…

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Giornalista pubblicista, vice-direttore di MilanNews.it. Corrispondente e radiocronista per l’emittente radiofonica nazionale Radio Sportiva. Opinionista per Odeon TV e Radio Radio. Inviato al seguito della squadra. Twitter:@PietroMazzara.

© foto di DANIELE MASCOLO/PHOTOVIEWS

E’ finita lo si dice alla fine. Così diceva Sylvester Stallone nell’ultimo episodio della saga di Rocky mentre stava per finire al tappeto sotto i colpi del più giovane Mason Dixon. La stessa frase, le stesse identiche parole, sono apparse sul mio cellulare dopo il rifiuto, l’ennesimo, di Carlitos Tevez alla corte del Paris Saint-Germain e, più in generale, ai corteggiamenti arrivati dalle altre squadre che non siano il Milan. L’apache ha fatto una scelta chiara, netta e precisa: vuole solo i rossoneri e sta tenendo duro per far si che questo suo desiderio si avveri. I dirigenti del Manchester City sono fuori da ogni grazia di Dio, come è logico che sia, in quanto già erano pronti a pregustare i 37 milioni di euro che il PSG aveva messo sul tavolo per portare Carlitos sotto la tour Eiffel. Ogni giorno che passa, paradossalmente, è un punto in più a favore del Milan che non ha mai mollato la presa e che spera di portare l’argentino a Milanello entro le 19 del 31 gennaio. Mancini non lo vuole più vedere nemmeno in cartolina, Marwood e MacBeth, così come lo sceicco Mansour, non vogliono cedere ma da Manchester trapelano indiscrezioni molto importanti secondo le quali entro la fine della sessione di mercato, i Citizens potrebbero accettare l’offerta rossonera pur di evitare contenziosi legali per mobbing, ben sapendo che i tribunali britannici, sotto questo punto di vista, sono molto duri contro i datori di lavoro. Intanto Maxi Lopez, nella giornata odierna, potrebbe essere rossonero visto che ieri sera ha lasciato Catania con destinazione Milano. Staremo a vedere ma se anche il Galina sarà milanista, questo vuol dire che sia Inzaghi che Pato, tra questa settimana e l’estate, lasceranno Milanello.

Ma il mercato del Milan, soprattutto in questi ultimi anni, ha subito un cambiamento radicale nella filosofia, vincente o meno, ma soprattutto nella scelta dei giocatori. Una volta, anche nei parametri zero, si cercavano giocatori di un certo spessore tecnico e anche i grandi colpi erano incentrati su profili dall’alto tasso tecnico o, quanto meno, che potessero essere utili nel rimpiazzare i già affermati campioni presenti in squadra. Oggi, per chi si era innamorato di un certo tipo di Milan, risulta impossibile vedere in campo con una certa continuità, anche in una fase d’emergenza come questa, un trio offensivo composto da calciatori dalle spiccate doti tecniche come Ibrahimovic, Robinho ed El Shaarawy.

Ma la partita di ieri, quasi che Allegri mi abbia letto nel pensiero, ha messo in mostra una squadra, quella del secondo tempo, in una veste che avevamo visto solo nella parte finale del derby. Emanuelson terzino sinistro a spingere sulla fascia, il piccolo Faraone, Binho e Zlatan davanti con Merkel e Nocerino a far male con le loro incursioni da dietro. Questo è il Milan che i tifosi vogliono vedere, dinamico, offensivo e con un’ampiezza di gioco più elevata rispetto al solito cono centrale che caratterizza la nostra manovra. Avere terzini che spingono con continuità come Abate, Emanuelson e anche il tanto bistrattato Antonini, crea delle superiorità numeriche che non si vedono dai tempi in cui sulle fasce c’erano Cafu, Pancaro e Serginho. Con gli esterni bassi che provano a ricevere il pallone dietro la linea dei centrocampisti avversari e – di conseguenza – sulla stessa linea dei propri centrocampisti, ecco che il campo d’azione si allarga, si aprono gli spazi e le occasioni aumentano.

Chiudo con uno specchietto statistico su Pato: l’attaccante rossonero ha giocato, dal suo esordio in maglia milanista, 140 partite sulle 195 disponibili realizzando 61 reti ma il dato sconcertante non è tanto la media gol ma il numero di partite saltate per infortunio: ben 55 ovvero è come se il papero fosse stato fermo per una stagione intera. Un problema che si è posto nuovamente dopo i supplementari di mercoledì nel freezer di San Siro (uno scempio di tempo, di e per pubblico). Lui ha paura, non ha più la tranquillità mentale delle prime due stagioni milaniste. La paura è che, ormai, ci si trovi davanti a un giocatore dal rendimento limitato che, tuttavia, non riesce più a fare la differenza. A soli 22 anni, è un vero peccato ma le colpe, lo vogliamo dire, non sono solamente sue.
 

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