C’erano una volta i Casciavit

Milan Night

cacciaviti2 150x150 Cerano una volta i CasciavitUna volta, tanto tanto tempo fa, in una città immersa nella pianura padana c’era una tifoseria dai colori rossoneri. Il loro soprannome era Cacciaviti, o meglio CASCIAVIT, usando l’idioma tipico cittadino. I cacciaviti si distinguevano dai rivali bauscia per tante, tantissime cose: l’estrazione sociale popolare, l’attaccamento incondizionato alla squadra, le tradizioni meneghine ben radicate e soprattutto la mancanza di quell’attitudine a piangersi addosso, a gridare ai complotti e a smettere di lottare prima del tempo. Tutte queste caratteristiche, al contrario, erano proprie dei sopracitati bauscia, tifosi per moda e solo quando si vince, lamentosi e complottisti. In una parola: piangina.

I Casciavit ne hanno passare di tutti i colori, dalla retrocessione per l’infamante calcio scommesse a quella architettata da napoletani e genoani durante un terribile pomeriggio del 1982. Anche nei periodi belli hanno dovuto ingoiare dei rospi grossi così: la notte dei lampioni a Marsiglia, la rapina di uno scudetto a favore dei napoletani, le immeritate sconfitte nelle finali di inizio anni ’90, la delusione bruciante a Istanbul.

Ma nonostante questo si sono sempre contraddistinti per la capacità di non piangersi addosso, di non incolpare il mondo intero per le proprie sconfitte ma di abbozzare, mandare giù e fare tesoro delle sconfitte (e delle ingiustizie) per ripartire, sia vincenti sia no, ma sempre con un senso molto forte della propria dignità, con un orgoglio e un senso di appartenenza rarissimi da trovare. Un’altra cosa che ha sempre caratterizzato i famosi Cacciaviti è la capacità di non dare mai niente per perduto, di non darsi per sconfitti prima che la sconfitta sia effettivamente maturata, di ragionare con la propria testa e di non farsi intortare da chi non sa riconoscere la sconfitta e cerca colpe dappertutto, gridando a fantomatiche cospirazioni (inter)nazionali. Il vero Casciavit era in grado di esercitare il proprio senso critico verso la squadra senza perdere la ‘fede’ tipica del tifo.

Il tempo però è inesorabile, passa per tutti, e cambia ogni cosa, compresi i Cacciaviti. Da un po’ di tempo a questa parte, complice internet che dà spazio alle opinioni più disparate e a tante frustrazioni da sfogare, ho notato che le caratteristiche del tifo rossonero si sono perse. Da un po’ di tempo a questa parte sembra che il casciavit si stia avvicinando sempre più al bauscia, dimostrandosi capace di lamentarsi e di cercare le responsabilità delle sconfitte negli arbitri, nella federazione, nella Lega, nelle mezze stagioni. Il ragionamento è questo: quando vinciamo noi è tutto pulito, quando vincono gli altri non c’è mai merito, solo cospirazioni.

Il Casciavit è diventato lamentoso e complottista, incapace di credere nelle vittorie della squadra fino alla fine e abile solo a cercare colpe e responsabilità negli elementi esterni.

Io sinceramente in questo nuovo ritratto del milanista non mi ci rivedo proprio. Sarò tradizionalista ma preferisco rendere- pur nel rosicamento- onore agli avversari se vincono con merito (cosa che io credo stia succedendo con la juve quest’anno), non cominciare a fare il piangina incolpando chiunque. Preferisco crederci fino a quando non è finita.

Sarò ormai sbagliato io, ma sono cresciuto ad una scuola che aveva sede su dei seggiolini blu al secondo anello a San Siro. Una scuola che ha formato generazioni di Casciavit e ne racchiudeva la migliore tradizione, e che da 7 anni non c’è più…

Raoul Duke

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C’erano una volta i Casciavit

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