Che fatica!

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© foto di ALBERTO LINGRIA

Il Milan vince ma non convince; frase ormai abusata ma che fotografa alla perfezione l’ennesima prestazione stentata dei rossoneri, che hanno dovuto aspettare ben 86 minuti per abbattere la resistenza del Genoa, che al momento del gol era pure in dieci da una dozzina di minuti; se si pensa che lo stesso Genoa non più tardi di domenica scorsa ne aveva presi quattro con irrisoria facilità dal Siena, viene spontaneo pensare che il Milan sia davvero “alla frutta”, svuotato di energie e di motivazioni; l’impegno c’è e, infatti, proprio come domenica scorsa i rossoneri hanno raddrizzato la situazione nel finale di partita senza mai mollare, ma quel primo tempo senza un vero tiro in porta è davvero sconsolante, soprattutto se si pensa che teoricamente il Milan è ancora in corsa per lo scudetto. Questa vittoria di misura e sofferta tiene accesa la flebile fiammella della speranza, ma c’è poco da illudersi, soprattutto se la squadra non ritroverà al più presto una parvenza di gioco e un po’ più di lucidità e brillantezza; difficile, a maggior ragione giocando ogni tre giorni e a fine stagione, ma in queste condizioni anche sfide contro Siena e Atalanta (per non parlare del derby) diventano proibitive, se si sudano le cosiddette sette camicie per battere una squadra allo sbando e in caduta libera; non può bastare il cambio di allenatore sulla panchina genoana a giustificare la stoica resistenza dei liguri, che hanno accarezzato il sogno di uscire da San Siro con un punto, ma mai come in questo caso sarebbe stato demerito del Milan più che merito del Genoa, che si è limitato a chiudersi con ordine e a provare rare sortite in avanti. Troppi giocatori rossoneri sono fuori condizione, a cominciare da chi dovrebbe essere il trascinatore e il leader, cioè Ibrahimovic, ancora una volta anonimo e inconcludente almeno fino a quando è entrato l’amico Cassano e ciò fa venire il sospetto che lo svedese faccia anche un po’ di capricci se non viene schierata la formazione che più gli piace. Comunque sono tanti i giocatori con la spia della riserva ormai accesa e davvero pochi quelli che conservano un minimo di brillantezza; forse sarebbe il caso di affidarsi a gente fresca, come ad esempio Maxi Lopez, inspiegabilmente tenuto in panchina fino a pochi minuti dalla fine in una partita in cui si faticava a trovare la via della porta avversaria e sarebbe servito un attaccante d’area, soprattutto nel momento in cui Ibra arretrava in cerca di spazio e palloni giocabili. Evidentemente anche Allegri ha perso un po’ di lucidità, sopraffatto dallo stress e dal nervosismo, perchè passare in poche settimane dal sogno triplete all’incubo “sero tituli” è stato devastante per tutto il gruppo, che ora arranca e fatica anche nelle partite apparentemente più semplici.

Allegri non apporta molte modifiche alla formazione ipotizzata alla vigilia: con soli due centrali a disposizione la difesa è obbligata (Abate, Yepes, Nesta e Antonini), il centrocampo è lo stesso di domenica scorsa (Muntari, Van Bommel e Nocerino), con Seedorf nemmeno convocato anche la scelta del trequartista è ovvia (Emanuelson) e, visto che la stessa sorte di Seedorf è toccata anche a Robinho, tocca a El Shaarawy fare da partner d’attacco a Ibrahimovic, con Boateng e Cassano pronti in panchina per eventuali staffette. Le esclusioni per scelta tecnica di Seedorf e Robinho sono clamorose, ma Allegri ha bisogno di gente che corra e lotti per provare a vincere le ultime cinque partite e chi passeggia e non ci crede può anche rimanere a casa. A proposito di gente che non ci crede e può rimanere a casa, come previsto il pubblico è ancora scarso a San Siro, nonostante la giornata festiva; la Curva Sud ha emesso un comunicato, anzi ha scritto una vera e propria lettera aperta, definendo vergognoso e sconcertante uno stadio sempre mezzo vuoto e censurando il comportamento di chi ha abbandonato la squadra nel momento più difficile con comportamenti come quello di lasciare gli spalti una decina di minuti prima della fine con il risultato ancora in bilico. Se si vuole che il Milan ci creda, i tifosi devono essere i primi a crederci e a non mollare, ma evidentemente il popolo rossonero, come sottolinea il comunicato della curva, non è più quello che gremiva lo stadio in serie B nell’ormai mitica partita contro la Cavese, considerata l’esempio simbolo di attaccamento alla propria squadra anche e soprattutto nei momenti difficili. In effetti dovrebbe essere così e i tifosi avrebbero il compito di essere il dodicesimo giocatore quando la squadra ha bisogno, cioè nei momenti di difficoltà e non solo quando c’è da festeggiare qualcosa. Sta di fatto che gli spalti sono comunque sempre più vuoti, partita dopo partita, perchè ormai lo scudetto sembra irraggiungibile e i tifosi hanno mollato e, infatti, ci sono ampi vuoti anche in curva, cosa impensabile solo qualche anno fa.

Il primo tempo dei rossoneri è sconsolante: la squadra non ha gioco, ha poca grinta, attacca senza convinzione, non riesce a tirare in porta e sembra impalpabile, evanescente, commette tanti errori e fatica termendamente ad avvicinarsi alla porta del Genoa che, quasi incredulo di dover soffrire così poco dopo la grandinata subita domenica contro il Siena, ringrazia e prova anche a proporsi in avanti e, infatti, l’episodio chiave del primo tempo è una netta deviazione di mano di Nesta su tiro di Kucka che avrebbe potuto anche essere punita con il calcio di rigore, tanto per essere onesti e non ricordare solo i torti subiti ma anche i vantaggi avuti. Frey vive inaspettatamente un primo tempo quasi totalmente tranquillo e tutto quello che il Milan riesce a costruire è un cross insidioso di Nocerino deviato da Sculli e una buona iniziativa di El Shaarawy che salta Moretti e mette al centro un pallone verso la porta e Ibra, ma Granqvist anticipa lo svedese e si schianta sul palo, salvando l’unico vero pericolo corso dal Genoa in quarantacinque minuti. Ho citato Ibrahimovic come teorico terminale dell’azione più pericolosa, ma lo svedese risulta ancora “non pervenuto” e ormai è una costante delle ultime partite, in particolare dopo l’eliminazione dalla Champions e ciò puzza tanto di “mal di pancia” più che di reale calo di condizione e lo dimostra il fatto che quando improvvisamente lo svedese si riaccende torna pericoloso. Intanto un Milan senz’anima balbetta calcio inconcludente e il Genoa fa la sua bella figura con un gioco semplice ma efficace ed alzando il ritmo e il baricentro, cosa che basta in questo momento a mettere in difficoltà un Milan lento e poco reattivo che va negli spogliatoi sotto gli impietosi fischi dei suoi tifosi (curva esclusa naturalmente).

Il Milan comincia la ripresa sulla falsariga del primo tempo e il prodigioso salvataggio di Nesta su Palacio è il campanello d’allarme che sveglia Allegri e lo convince a cambiare qualcosa: fuori Van Bommel e El Shaarawy, dentro gli applauditissimi Boateng e Cassano; tutto giusto, tutto ovvio, ma non si poteva cominciare così la ripresa, invece di fare la doppia sostituzione dopo pochi minuti, esponendo ad una brutta figura chi usciva dal campo? Ecco perchè ho parlato in precedenza di scarsa lucidità non solo dei giocatori ma anche del tecnico, ma comunque…meglio tardi che mai! Il doppio cambio dà la sveglia alla squadra e, soprattutto, a Ibra che si ricorda di essere un grande attaccante e scaglia un missile verso la porta di Frey, bravo a respingere. Il pubblico finalmente si scalda e la curva prova ad alzare l’incitamento; le cose sembrano migliorare un pochino, a sprazzi il Milan riesce anche ad imbastire una sorta di assedio, ma manca la continuità e la velocità nel gioco e la dimostrazione più eloquente è che il pallone viaggia troppo spesso in orizzontale se non addirittura all’indietro, invece che verso la porta avversaria. Mancano idee, manca iniziativa, manca ordine nel gioco, ma almeno non manca la generosità e finalmente si vede qualche occasione da gol: Biondini si oppone a un gran tiro di Boateng e salva la sua porta; Emanuelson mette fuori di pochissimo e finalmente il gol sembra questione di minuti, ma poi improvvisamente, così come si era riacceso il Milan si spegne, per poi tornare a riaccendersi; una squadra che va a sprazzi ma almeno mette in affanno gli avversari, costretti al fallo, come quello netto su Abate che costa il secondo cartellino giallo e la conseguente espulsione a Jankovic. Sembra l’episodio “apriscatole” capace di aprire la via della vittoria al Milan, ma incredibilmente nemmeno in superiorità numerica i rossoneri riescono a sfondare il muro genoano: il tiro di Cassano va fuori di poco, Allegri gioca il tutto per tutto mandando in campo finalmente anche Maxi Lopez al posto di Antonini, ma l’uomo decisivo è ancora una volta Boateng, che con un rabbioso bolide sul primo palo batte Frey e scatena finalmente l’urlo liberatorio del popolo rossonero, frustrato da una partita che sembrava impossibile sbloccare e pieno di rimpianti al pensiero di ciò che poteva essere con uno come Boateng sempre in campo invece che costantemente in infermeria. L’entusiasmo è talmente conivolgente che qualcuno pensa di diffondere una beffarda e falsa notizia di un fantomatico pareggio del Cesena contro la Juve; urla di gioia, cori, gente che salta, ma non c’è nulla di vero e la brutta figura è assicurata! Ciò che è vero è che il Milan può continuare a sperare, ma il distacco rimane immutato e c’è una giornata in meno da giocare e per questo la gioia per la vittoria ritrovata non può essere completa, anche perchè la squadra ha dimostrato di non essere certo in forma smagliante e anche questa volta, come a Verona contro il Chievo, c’è solo il risultato da salvare e qualche prestazione individuale, come quelle della coppia centrale Yepes-Nesta, precisi, attenti e molto generosi anche nello spingersi in avanti. L’unica vera conseguenza positiva di questa vittoria è che da questa sera il Milan è aritmeticamente certo della qualificazione diretta ai gironi della prossima Champions League, un traguardo “di consolazione” per chi sognava ben altri obiettivi, ma siccome è stato sottolineato con orgoglio da Conte per la sua Juve giusto tre giorni fa, anche i rossoneri possono essere soddisfatti di rimanere nell’elite europea per un altro anno; ovviamente è una provocazione, so benissimo che nessuno può essere davvero contento e soddisfatto di questo solo obiettivo raggiunto, ma ormai si può sperare solo nell’impossibile ed è già un lusso dopo tanta fatica per vincere di misura una partita e dopo aver rischiato l’ennesimo risultato deludente casalingo di questo tribolato finale di stagione.   

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