Che fine ha fatto baby Pato?

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Nato a Milano, dopo i trascorsi a Radio Peter Flower e TeleLombardia, è approdato alla fine degli anni ottanta a Mediaset come inviato prima e telecronista delle partite del Milan poi. Volto noto di Milan Channel, è anche azionista del club.

01.03.2012 00:00 di Carlo Pellegatti   articolo letto 659 volte

Leggevo oggi l’articolo di fondo di France Football dedicato a Yoann Gourcuff, un giocatore che sta attraversando in Francia una pesante crisi di identità. Viene definito un “artista scomparso”, ma c’è una riga che mi ha portato alla mente la situazione di un Campione Rossonero: “E’ in un periodo crudele, durante il quale le sue assenze in campo finiscono per non essere nemmeno troppo notate!”. Facile paragonare l’attuale momento dell’indimenticato “Cirque de Soleil” a quello di Pato, che ha giocato un impalpabile primo tempo contro la Juventus, per poi essere sostituito nella ripresa a causa di un leggero infortunio. Io però non mi rassegno all’idea che sia un Campione perso per le future strategie rossonere. In questo momento certamente il suo morale è ai minimi termini, perché la palla, sua innamorata con la quale è sempre riuscito a divertirsi ed divertire, oggi sembra quasi diventata una nemica, un oggetto non più da accarezzare ma da detestare. Pato è ancora giovane, molto giovane, ed è davanti alle prime reali difficoltà della sua vita professionale. L’ambiente, magari, gli sembra ostile, come se fosse isolato dal gruppo. Un gruppo che aspetta però solo che “Come d’Incanto!” dia qualche segnale di essere ritornato il fuoriclasse dei tempi di Andalasia, il paese delle fiabe e delle meraviglie. Nessuno mi toglie dalla mente che forse non la principale causa dei suoi infortuni, ma certo una componente importante , abbia una origine psicosomatica. Insomma nasca dalla mente più che dal corpo. Oggi Pato ha due vie da imboccare. Una che lo porta a considerare il Milan non più la squadra del suo futuro, ma solo un grande amore che sta per finire. L’altra è più impervia, ricca di insidie, ma più gratificante e stimolante, perché in fondo potrebbe apparire la luce. Una luce che significherebbe un ritorno alla grandezza, alla sicurezza, all’orgoglio, alla voglia di stupire . E’ una strada che comporta un totale sacrificio in allenamento, per ritrovare l’apprezzamento di Allegri, oggi forse tiepido nei confronti del brasiliano. Gli allenatori però mai sono autolesionisti, appena scorgono il giocatore che può trasformare il lavoro in trionfi, gli affidano le chiavi della gloria loro e della squadra. Non deve demordere Baby Pato. Sarebbe un peccato che un attaccante dalla vena realizzativa così importante, degna di insidiare il record di Nordhal e di Shevchenko, lasci il Milan con un ricordo così pallido della sua Classe. Si sforzi Pato di ripartire quasi da capo, per ricominciare una carriera dal punto più basso, quando il fisico sembra tradire , quando il genio sembra allontanarsi, quando tutto sembra più difficile. Sarebbe una sua grande vittoria che aprirebbe i cuori dei suoi innamorati tifosi rossoneri, per ritrovare una strada coperta di rose: un red….and black carpet, da grande giocatore del Milan e della Nazionale.

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