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MILAN-CHIEVO, IL MIGLIORE IN CAMPO
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Giornalista sportivo a Mediaset, è stato caporedattore di Tele+ (oggi Sky). Opinionista per Telenova e Milan Channel. I suoi libri: “Soianito”, “La vita è una” con Martina Colombari, “Sembra facile” con Ugo Conti.
© foto di Pietro Mazzara
La barzelletta della settimana è che Silvio Berlusconi “torna” a fare il presidente del Milan: come se, versando una settantina di milioni l’anno ogni anno per ripianare il deficit del bilancio, avesse mai smesso di farlo… Berlusconi torna ad occuparsi del Milan più da vicino, semmai. Cosa cambia? Salvo qualche rara eccezione (Kakà, Pato), Galliani – negli anni in cui la politica ha allontanato per forza il presidente dal calcio – ha puntato su giocatori di rendimento sicuro, già affermati, come per esempio Nesta, Rui Costa, Inzaghi per arrivare a quelli un po’ più stagionati tipo Stam, Emerson, Ronaldo, Van Bommel. Non che le cose siano andate male, onestamente, considerato che di mezzo ci sono stati eventi come la bufera di Calciopoli e le ristrettezze finanziarie, indirizzando Galliani verso veri e propri giochi di prestigio tipo Ronaldinho e Ibrahimovic. Berlusconi invece il suo mercato lo ha sempre fatto di pancia, di slancio: Donadoni, Van Basten e Gullit erano appena ventenni, altri come Savicevic, Baggio, Rivaldo sono stati innamoramenti di cuore. Non bisogna mai dire a Berlusconi: “Ho bisogno di un difensore”, “Cerchiamo un terzino”, “Serve un centrocampista”. Per quelli arrangiatevi voi. A me piacciono i grandi che sanno giocare, giuocare, al calcio. Punto. Non volle spendere 15 milioni per Cissokho, infatti, oppure più di 22 per Gilardino che non gli trasmetteva vibrazioni (ma in quella stessa stagione aveva dato l’ok a spenderne 50 peer Ronaldo). Aveva torto?
Il ritorno sulla breccia calcistica di Berlusconi e del suo credo non prevede Pato in panchina e Inzaghi in tribuna, in una partita – per di più platonica – a San Siro contro il grande, immenso Barcellona. Non prevede la cessione di Ronaldinho per Robinho. Non prevede Pirlo alla Juve per Aquilani. Con tutto il rispetto del mondo. Berlusconi rovesciò Rivaldo nella carriola di Ancelotti che in quella stessa carriola, nell’identico ruolo aveva già (scusate…) Pirlo, Seedorf e Rui Costa. Berlusconi riportò Sheva a Milano disinteressandosi completamente del fatto che servisse o non servisse – e infatti non serviva proprio – all’allenatore. Prese Baggio quando aveva già Savicevic, affari di Capello vincere lo scudetto facendoli giocare insieme. Si raffreddò infatti su Ancelotti quando Carletto non riuscì a trovare il modo di far giocare insieme Ronaldinho e Kakà.
Quella presunta frase rapita nel tunnel del garage di San Siro dopo la partita con i blaugrana, “A fine stagione lo cambio” riferita ad Allegri, in questo momento appare certo ingenerosa. La rivoluzione filosofica dell’allenatore, gamba e dinamismo preferiti alla tecnica, ha riportato lo scudetto dopo 7 anni. Non vi è dubbio però che alcune scelte di questi ultimi 18 mesi, il presidente abbia dovuto digerirle, somatizzarle perché ovviamente “distratto” sul pallone, poco presente. A cominciare dalla scelta stessa dell’allenatore. E il caso di Inzaghi è spinoso nella sua concezione di certi aspetti: se non rientrava in alcun modo nel progetto, se era destinato a star fuori dalle liste Champions e andare in tribuna col Chievo o non avere la chance di risolvere una partita come quella di Firenze, buttato nella mischia a 10’ dalla fine, perché gli è stato rinnovato il contratto? Per riconoscenza? Ma se poi doveva finire così, era meglio stringersi la mano e dirsi addio. E comunque, per Berlusconi tenere Inzaghi fuori dalle liste Champions non ha senso.
Le panchine di Altafini, Massaro, Solskjaer, Cruz hanno contribuito nei decenni alle fortune di Juve, Milan, Manchester, Inter. Avevano già una certa età e si accontentavano degli spezzoni, risultando decisivi per 2-3 anni in più, rispetto a quanto sarebbe stato lecito aspettarsi sarebbero durati. Inzaghi ci ha detto in privato, in queste ore, di avere offerte, ma ci ha detto anche di non aver voglia di tradire i tifosi rossoneri cambiando maglia e che continua a pensare che 20’ ogni tanto nel Milan siano più importanti di 90’ ogni settimana altrove. Perché non darglieli, allora, 20’ ogni tanto?
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Post Originale:
Due problemi per Allegri: Inzaghi e Berlusconi