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ESCLUSIVA MN – Albertazzi: "Tutta colpa di quel batterio. Un onore allenarmi con Maldini, se arrivasse la chiamata del Milan…"

Milan news

Dopo l’esordio ufficiale in serie B con la maglia del Varese, nella gara interna contro la Nocerina, Michelangelo Albertazzi si racconta ai microfoni di MilanNews.it. Una passione, quella per il calcio, nata in tenera età, vicino alla sua Bologna, prima nella “Pallavicini” e poi a Calderara di Reno, dove ha mosso i primi passi verso il sogno: giocare a calcio a livello professionistico e vestire la maglia del Milan, società che detiene il cartellino. Ma andiamo a conoscere, leggendo le sue parole, la sua storia.

Michelangelo, come nasce la tua passione per il calcio?
“Muovo i primi passi in una società vicino a Calderara di Reno. Inizio a muovermi a sette anni e mezzo tra le fila della Pallavicini. Ho iniziato a giocare con compagni più grandi di me, ma la differenza non l’ho mai sentita. Dopo un anno sono stato contattato dalla squadra della mia città, Calderara di Reno, dove giocavo il sabato con la squadra degli ’89 e la domenica con i ’91. Ho iniziato come attaccante, ma poi, dopo aver segnato, il mister mi metteva sistematicamente in difesa. Ho imparato ad essere duttile, ad adeguarmi ai ruoli che via via mi facevano ricoprire. A nove anni e mezzo sono approdato alle giovanili del Bologna e siccome non c’era la squadra della mia categoria ho iniziato con gli Esordienti Nazionali di un anno più grandi. Ho lavorato due anni con Luigi Pasetti, una persona che ancora adesso porto nel cuore e un ottimo allenatore. Sotto la sua guida sono cresciuto molto. Dopo due mesi con gli allievi sono stato inserito in Primavera a quindici anni e poi ho iniziato a fare qualche panchina con il Bologna in serie B, con la guida tecnica di Arrigoni. Non ho mai esordito ufficialmente, ho giocato qualche amichevole e mi sono allenato con la formazione in cadetteria, ma non ero ancora pronto”.

Dopo l’esperienza a Bologna, arriva il Milan.
“Mentre ero a Bologna sono stato convocato in Nazionale Under 16. Qualche squadra mi cercava, ma io stavo bene a Bologna ed ero vicino a casa. Poi è arrivata la proposta del Milan, che mi voleva nella sua Primavera. L’accordo prevedeva la comproprietà con il Bologna e il mio approdo a Milano nell’agosto 2007”.

Galeotto però fu il Torneo di Viareggio, è così?
“Si, ho partecipato con il Milan al Torneo di Viareggio e a febbraio hanno risolto la comproprietà, sono diventato rossonero in anticipo rispetto agli accordi iniziali. Ho iniziato il mio percorso con la Primavera e ho anche giocato qualche partita amichevole con la prima squadra di Ancelotti, ma soprattutto ricordo con emozione la vittoria in Coppa Italia con mister Stroppa”.

Poi lo scorso anno, a cavallo degli esami di maturità, arriva la proposta del Getafe.
“Esattamente, nei giorni tra le prove scritte e la prova orale mi arriva la chiamata del Getafe. In Spagna mi conoscevano già, grazie alla mia esperienza con la maglia azzurra ai Giochi del Mediterraneo e poi nel settembre 2009 ai mondiali Under 20 in Egitto, dove abbiamo più volte incontrato la formazione spagnola: con Mustacchio sono diventato capocannoniere azzurro battendo proprio la Spagna2”.

Dopo due giorni al calciomercato e dopo aver superato brillantemente la maturità al liceo aeronautico, parte la tua esperienza in Spagna.
“Ho iniziato il ritiro con il Getafe, abbiamo giocato venti partite in amichevole e ho saltato forse solo una gara. Poi, al rientro in sede, ho subìto la lesione del polpaccio destro e sono stato fermo quasi un mese. Nonostante questo il mister mi ha convocato al Bernabeu contro il Real Madrid. Un’emozione incredibile, soprattutto quando il mister mi ha fatto iniziare le fasi di riscaldamento dopo il primo tempo. Se Cristiano Ronaldo non avesse segnato il gol del 2-1 molto probabilmente sarei entrato. L’allenatore mi ha sempre dimostrato fiducia, per me è stato molto importante, soprattutto perché poi ho avuto altri problemi fisici. Ho passato due mesi e mezzo febbricitante a causa di una infezione batterica, una muffa presente nell’acquedotto della città, da ciò che mi hanno detto, che ha colonizzato il mio organismo. Mi allenavo, ma non riuscivo a far passare la febbre. Un batterio dunque è stato la causa principale della fine della mia esperienza spagnola. L’unica speranza era tornare in Italia, ne ho parlato con il mio procuratore e poi è arrivata la proposta del Varese”.

Come hai vissuto dunque l’interessamento del Varese nel corso del mercato invernale?
“Ero felice. Innanzitutto perché la proposta arrivava da una squadra in ottima salute, la posizione in campionato era già allora buona e ne avevo sempre sentito parlare bene. Poi era vicino a casa, a Milano, in un ambiente familiare. Ho accettato subito con gioia e anche ora sono molto felice di essere qui. Mi trovo molto bene, sia con il mister che con i compagni, il gruppo è davvero ottimo e la società seria”.

E poi dopo tre mesi di lavoro arriva il momento dell’esordio in prima squadra. Un’ottima prestazione in campo e mister Maran che spende molte buone parole nei tuoi confronti.
“So che Maran ha parlato bene di me in sala stampa e ne sono felice. Io sono molto contento perché mi ha dato fiducia e soprattutto ringrazio i miei compagni perché prima e durante la partita mi sono stati davvero molto vicini, mi hanno davvero aiutato molto. Aspettavo da nove mesi questo momento, di poter giocare in una partita ufficiale. Ho fatto qualche presenza in Primavera con mister Tomasoni, ci gioco sempre molto volentieri, ho anche segnato! Sapevo che giocare in prima squadra sarebbe stato difficile, sono arrivato con una squadra già ben formata ed organizzata, inoltre il mio ruolo non è semplice. Un attaccante trova sicuramente più occasioni per poter essere gettato in mischia, per un difensore è più difficile. Ora mi godo la gioia per l’esordio, ma spero di poter trovare altro spazio in questa splendida squadra”.

Prima ci hai raccontato che hai giocato anche come attaccante, la tua duttilità ti porta a rivestire con metodo sia il ruolo di centrale difensivo che quello, delicato, di terzino sinistro. A chi ti ispiri?
“Ho giocato anche come centrocampista, ma sono un difensore. Il giocatore a cui mi sono sempre ispirato è Paolo Maldini, sia come persona che come giocatore. Ho anche avuto la fortuna di potermi allenare con lui, è stato incredibile. Ora parlando di giocatori in attività, quello a cui guardo fortemente è Thiago Silva: giovane, elegante, con una potenzialità offensiva incredibile, esplosivo, veloce e molto potente. Un giocatore completo”.

Parlando di Milan, quali sono le figure che ti hanno dato di più? In che rapporti sei rimasto con loro?
“Io cerco sempre di cogliere le cose positive da ogni persona. Ricordo con stima Ancelotti e i giocatori che allenava, soprattutto Clarence Seedorf, persona squisita. Mi ha dato tantissimi consigli, sia in campo che fuori. Poi con Pirlo scherzavo tantissimo, ma devo dire che ho avuto un buon rapporto con tutti. In Primavera ho legato molto con Strasser, con cui ancora mi sento spesso, devo molto a mister Stroppa, l’allenatore che ha riportato la Coppa Italia Primavera al Milan dopo credo venticinque anni e poi voglio ricordare Braida, con cui ho un ottimo rapporto. Mi ha chiamato nei giorni scorsi dopo l’esordio, per chiedermi come era andata”.

Il tuo cartellino è ancora del Milan. Cosa ti aspetti a fine stagione?
“Ora non voglio pensare al futuro, devo concentrarmi sul presente. Devo crescere ancora, siamo in lotta per i playoff. Questo ora è il  mio obiettivo, dimostrare il mio valore e farmi trovare pronto. Non lo nego, il mio sogno è vestire un giorno la maglia del Milan. Ma questo credo sia normale. Il mio non è un ruolo facile, sono giovane, devo crescere e migliorarmi sempre”.

E se invece ti proponessero un altro anno di Varese?
“Ne sarei felicissimo. Qui si lavora bene, mi trovo completamente a mio agio, con i compagni, con lo staff tecnico, la società e Varese ha una tifoseria fantastica. Martedì (l’esordio n.d.r.) qualche tifoso mi chiamava, mi incoraggiava e mi ha dato la carica, non che ce ne fosse bisogno! I tifosi biancorossi ci seguono sempre e ci sostengono. Sono sempre presenti, sia allo stadio che anche grazie ai social network. Ci fanno sentire il loro entusiasmo in ogni modo. Se mi proponessero di rimanere quindi ne sarei orgoglioso, mister Maran mi ha dato la possibilità di tornare su un campo importante, spero di poter rivivere questa grande emozione e di avere altre possibilità di dare il mio contributo”.

Albertazzi però ha tante passioni oltre al calcio, una di queste è il volo. E proprio questa è stata la causa del tuo soprannome in Primavera rossonera: Top Gun.
“Sono pilota civile. Ho conseguito la maturità al liceo aereonautico di Gallarate, lo scorso anno. Arrivato all’ultimo anno devi scegliere: o controllore di volo o pilota. Io ho optato per la seconda ipotesi e quindi ho conseguito i brevetti, Prima quello per poter pilotare un aereo, poi il PPL, che ti consente di portare passeggeri. La passione per il volo l’ho sempre avuta, per questo ho scelto questo percorso di studi. Poi un calciatore deve anche pensare al futuro. Quando le cose vanno bene puoi giocare a calcio fino a trentacinque o trentasei anni, qualcuno anche oltre, come Maldini, ma poi quando smetti, devi pensare al tuo futuro. Allora ho scelto questa strada, perché mantenendo il brevetto posso poi conseguire l’ulteriore abilitazione per diventare pilota di linea. Però volare per me è soprattutto emozione”.

E oltre al volo, ti dedichi anche alle arti marziali.
“Sono cintura marrone di karate da quando avevo meno di sedici anni, una disciplina che mi ha aiutato molto a crescere e a sviluppare appieno la conoscenza del mio corpo. E’ uan disciplina che ti insegna ad avere dimestichezza con la reazione, l’esplosività dei movimenti, affina l’istinto. Poi ti consente di trovare sempre la massima concentrazione e ti dà molta sicurezza e soprattutto dona una grande tranquillità”.

Chiudiamo con una curiosità: con il Milan di Leonardo hai fatto anche qualche panchina, poi si racconta di qualche screzio tra di voi. Cosa è successo?
“Voglio subito sottolineare che con Leonardo c’è stato solo un confronto dopo un allenamento e che già il giorno dopo era tutto chiarito. Mi ha portato in panchina con Palermo, Sampdoria, Genoa e Fiorentina. Poi in alcuni contesti ha scelto l’esperienza di altri giocatori, anche se ricordo che il dottor Galliani aveva detto che anche Albertazzi poteva essere schierato al centro della difesa”.

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Dopo l’esordio ufficiale in serie B con la maglia del Varese, nella gara interna contro la Nocerina, Michelangelo Albertazzi si racconta ai microfoni di MilanNews.it. Una passione, quella per il calcio, nata in tenera età, vicino alla sua Bologna, prima nella “Pallavicini” e poi a Calderara di Reno, dove ha mosso i primi passi verso il sogno: giocare a calcio a livello professionistico e vestire la maglia del Milan, società che detiene il cartellino. Ma andiamo a conoscere, leggendo le sue parole, la sua storia.

Michelangelo, come nasce la tua passione per il calcio?
“Muovo i primi passi in una società vicino a Calderara di Reno. Inizio a muovermi a sette anni e mezzo tra le fila della Pallavicini. Ho iniziato a giocare con compagni più grandi di me, ma la differenza non l’ho mai sentita. Dopo un anno sono stato contattato dalla squadra della mia città, Calderara di Reno, dove giocavo il sabato con la squadra degli ’89 e la domenica con i ’91. Ho iniziato come attaccante, ma poi, dopo aver segnato, il mister mi metteva sistematicamente in difesa. Ho imparato ad essere duttile, ad adeguarmi ai ruoli che via via mi facevano ricoprire. A nove anni e mezzo sono approdato alle giovanili del Bologna e siccome non c’era la squadra della mia categoria ho iniziato con gli Esordienti Nazionali di un anno più grandi. Ho lavorato due anni con Luigi Pasetti, una persona che ancora adesso porto nel cuore e un ottimo allenatore. Sotto la sua guida sono cresciuto molto. Dopo due mesi con gli allievi sono stato inserito in Primavera a quindici anni e poi ho iniziato a fare qualche panchina con il Bologna in serie B, con la guida tecnica di Arrigoni. Non ho mai esordito ufficialmente, ho giocato qualche amichevole e mi sono allenato con la formazione in cadetteria, ma non ero ancora pronto”.

Dopo l’esperienza a Bologna, arriva il Milan.
“Mentre ero a Bologna sono stato convocato in Nazionale Under 16. Qualche squadra mi cercava, ma io stavo bene a Bologna ed ero vicino a casa. Poi è arrivata la proposta del Milan, che mi voleva nella sua Primavera. L’accordo prevedeva la comproprietà con il Bologna e il mio approdo a Milano nell’agosto 2007”.

Galeotto però fu il Torneo di Viareggio, è così?
“Si, ho partecipato con il Milan al Torneo di Viareggio e a febbraio hanno risolto la comproprietà, sono diventato rossonero in anticipo rispetto agli accordi iniziali. Ho iniziato il mio percorso con la Primavera e ho anche giocato qualche partita amichevole con la prima squadra di Ancelotti, ma soprattutto ricordo con emozione la vittoria in Coppa Italia con mister Stroppa”.

Poi lo scorso anno, a cavallo degli esami di maturità, arriva la proposta del Getafe.
“Esattamente, nei giorni tra le prove scritte e la prova orale mi arriva la chiamata del Getafe. In Spagna mi conoscevano già, grazie alla mia esperienza con la maglia azzurra ai Giochi del Mediterraneo e poi nel settembre 2009 ai mondiali Under 20 in Egitto, dove abbiamo più volte incontrato la formazione spagnola: con Mustacchio sono diventato capocannoniere azzurro battendo proprio la Spagna2”.

Dopo due giorni al calciomercato e dopo aver superato brillantemente la maturità al liceo aeronautico, parte la tua esperienza in Spagna.
“Ho iniziato il ritiro con il Getafe, abbiamo giocato venti partite in amichevole e ho saltato forse solo una gara. Poi, al rientro in sede, ho subìto la lesione del polpaccio destro e sono stato fermo quasi un mese. Nonostante questo il mister mi ha convocato al Bernabeu contro il Real Madrid. Un’emozione incredibile, soprattutto quando il mister mi ha fatto iniziare le fasi di riscaldamento dopo il primo tempo. Se Cristiano Ronaldo non avesse segnato il gol del 2-1 molto probabilmente sarei entrato. L’allenatore mi ha sempre dimostrato fiducia, per me è stato molto importante, soprattutto perché poi ho avuto altri problemi fisici. Ho passato due mesi e mezzo febbricitante a causa di una infezione batterica, una muffa presente nell’acquedotto della città, da ciò che mi hanno detto, che ha colonizzato il mio organismo. Mi allenavo, ma non riuscivo a far passare la febbre. Un batterio dunque è stato la causa principale della fine della mia esperienza spagnola. L’unica speranza era tornare in Italia, ne ho parlato con il mio procuratore e poi è arrivata la proposta del Varese”.

Come hai vissuto dunque l’interessamento del Varese nel corso del mercato invernale?
“Ero felice. Innanzitutto perché la proposta arrivava da una squadra in ottima salute, la posizione in campionato era già allora buona e ne avevo sempre sentito parlare bene. Poi era vicino a casa, a Milano, in un ambiente familiare. Ho accettato subito con gioia e anche ora sono molto felice di essere qui. Mi trovo molto bene, sia con il mister che con i compagni, il gruppo è davvero ottimo e la società seria”.

E poi dopo tre mesi di lavoro arriva il momento dell’esordio in prima squadra. Un’ottima prestazione in campo e mister Maran che spende molte buone parole nei tuoi confronti.
“So che Maran ha parlato bene di me in sala stampa e ne sono felice. Io sono molto contento perché mi ha dato fiducia e soprattutto ringrazio i miei compagni perché prima e durante la partita mi sono stati davvero molto vicini, mi hanno davvero aiutato molto. Aspettavo da nove mesi questo momento, di poter giocare in una partita ufficiale. Ho fatto qualche presenza in Primavera con mister Tomasoni, ci gioco sempre molto volentieri, ho anche segnato! Sapevo che giocare in prima squadra sarebbe stato difficile, sono arrivato con una squadra già ben formata ed organizzata, inoltre il mio ruolo non è semplice. Un attaccante trova sicuramente più occasioni per poter essere gettato in mischia, per un difensore è più difficile. Ora mi godo la gioia per l’esordio, ma spero di poter trovare altro spazio in questa splendida squadra”.

Prima ci hai raccontato che hai giocato anche come attaccante, la tua duttilità ti porta a rivestire con metodo sia il ruolo di centrale difensivo che quello, delicato, di terzino sinistro. A chi ti ispiri?
“Ho giocato anche come centrocampista, ma sono un difensore. Il giocatore a cui mi sono sempre ispirato è Paolo Maldini, sia come persona che come giocatore. Ho anche avuto la fortuna di potermi allenare con lui, è stato incredibile. Ora parlando di giocatori in attività, quello a cui guardo fortemente è Thiago Silva: giovane, elegante, con una potenzialità offensiva incredibile, esplosivo, veloce e molto potente. Un giocatore completo”.

Parlando di Milan, quali sono le figure che ti hanno dato di più? In che rapporti sei rimasto con loro?
“Io cerco sempre di cogliere le cose positive da ogni persona. Ricordo con stima Ancelotti e i giocatori che allenava, soprattutto Clarence Seedorf, persona squisita. Mi ha dato tantissimi consigli, sia in campo che fuori. Poi con Pirlo scherzavo tantissimo, ma devo dire che ho avuto un buon rapporto con tutti. In Primavera ho legato molto con Strasser, con cui ancora mi sento spesso, devo molto a mister Stroppa, l’allenatore che ha riportato la Coppa Italia Primavera al Milan dopo credo venticinque anni e poi voglio ricordare Braida, con cui ho un ottimo rapporto. Mi ha chiamato nei giorni scorsi dopo l’esordio, per chiedermi come era andata”.

Il tuo cartellino è ancora del Milan. Cosa ti aspetti a fine stagione?
“Ora non voglio pensare al futuro, devo concentrarmi sul presente. Devo crescere ancora, siamo in lotta per i playoff. Questo ora è il  mio obiettivo, dimostrare il mio valore e farmi trovare pronto. Non lo nego, il mio sogno è vestire un giorno la maglia del Milan. Ma questo credo sia normale. Il mio non è un ruolo facile, sono giovane, devo crescere e migliorarmi sempre”.

E se invece ti proponessero un altro anno di Varese?
“Ne sarei felicissimo. Qui si lavora bene, mi trovo completamente a mio agio, con i compagni, con lo staff tecnico, la società e Varese ha una tifoseria fantastica. Martedì (l’esordio n.d.r.) qualche tifoso mi chiamava, mi incoraggiava e mi ha dato la carica, non che ce ne fosse bisogno! I tifosi biancorossi ci seguono sempre e ci sostengono. Sono sempre presenti, sia allo stadio che anche grazie ai social network. Ci fanno sentire il loro entusiasmo in ogni modo. Se mi proponessero di rimanere quindi ne sarei orgoglioso, mister Maran mi ha dato la possibilità di tornare su un campo importante, spero di poter rivivere questa grande emozione e di avere altre possibilità di dare il mio contributo”.

Albertazzi però ha tante passioni oltre al calcio, una di queste è il volo. E proprio questa è stata la causa del tuo soprannome in Primavera rossonera: Top Gun.
“Sono pilota civile. Ho conseguito la maturità al liceo aereonautico di Gallarate, lo scorso anno. Arrivato all’ultimo anno devi scegliere: o controllore di volo o pilota. Io ho optato per la seconda ipotesi e quindi ho conseguito i brevetti, Prima quello per poter pilotare un aereo, poi il PPL, che ti consente di portare passeggeri. La passione per il volo l’ho sempre avuta, per questo ho scelto questo percorso di studi. Poi un calciatore deve anche pensare al futuro. Quando le cose vanno bene puoi giocare a calcio fino a trentacinque o trentasei anni, qualcuno anche oltre, come Maldini, ma poi quando smetti, devi pensare al tuo futuro. Allora ho scelto questa strada, perché mantenendo il brevetto posso poi conseguire l’ulteriore abilitazione per diventare pilota di linea. Però volare per me è soprattutto emozione”.

E oltre al volo, ti dedichi anche alle arti marziali.
“Sono cintura marrone di karate da quando avevo meno di sedici anni, una disciplina che mi ha aiutato molto a crescere e a sviluppare appieno la conoscenza del mio corpo. E’ uan disciplina che ti insegna ad avere dimestichezza con la reazione, l’esplosività dei movimenti, affina l’istinto. Poi ti consente di trovare sempre la massima concentrazione e ti dà molta sicurezza e soprattutto dona una grande tranquillità”.

Chiudiamo con una curiosità: con il Milan di Leonardo hai fatto anche qualche panchina, poi si racconta di qualche screzio tra di voi. Cosa è successo?
“Voglio subito sottolineare che con Leonardo c’è stato solo un confronto dopo un allenamento e che già il giorno dopo era tutto chiarito. Mi ha portato in panchina con Palermo, Sampdoria, Genoa e Fiorentina. Poi in alcuni contesti ha scelto l’esperienza di altri giocatori, anche se ricordo che il dottor Galliani aveva detto che anche Albertazzi poteva essere schierato al centro della difesa”.

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