ESCLUSIVA MN – Gianni Comandini: "Ai milioni e all’ovatta del calcio ho scelto uno zaino e una tavola da surf. Scandalo scommesse? Non sono…

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© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews

Al Milan è rimasto un anno solo ma tanto gli è bastato per entrare in maniera indelebile nella storia: Gianni Comandini per i tifosi rossoneri rimarrà l’uomo del 6-0 all’Inter, colui che aprì con due reti il derby della Madonnina nel maggio del 2001. Classe ’77, Comandini ha dato l’addio al calcio da oltre sei anni, nel pieno della maturità calcistica. Una scelta decisamente controtendenza, che lo stesso “Sentenza”, come era stato ribattezzato, racconta. In esclusiva per MilanNews.

Gianni Comandini, da qualche anno ti sei ritirato. Segui ancora il campionato?

“Diciamo che lo seguo in parte. Per esempio sono rientrato da poco in Italia dopo essere stato via tre mesi, dopo essere stato in Brasile, Perù e Isole Canarie. Per cui sono rientrato ora nella fase finale”.

Mondo del calcio che hai lasciato piuttosto presto perché ti eri stufato

“Esatto, mi ero stufato. Per una serie di motivi. Ero logoro di un ambiente che dà molto ma allo stesso tempo chiede molto. E dopo alcuni gravi infortuni le mie prestazioni ne risentivano. Francamente dopo aver giocato in A non me la sentivo di vivacchiare in B o in categorie inferiori, nonostante le offerte non mancassero. Così ho staccato definitivamente la spina”.

Neanche l’esperienza estera poteva affascinarti?

“No, perché non è che abbia avuto richieste se non da qualche club spagnolo minore oppure dall’est, quindi calcio ancora minore. Oramai, poi, avevo deciso di smettere, per cui stroncavo sul nascere queste ipotesi e a un certo punto il mio procuratore ha smesso di comunicarmeli”.

La Ternana, stagione 2004/05, è stata la tua ultima esperienza da professionista. Poi?

“Prima di smettere ho fatto un percorso interiore. Terni è stata l’ultima mia esperienza da professionista non per la Ternana ma per una cosa mia. Avevo voglia di cambiare. Ripeto: il calcio chiede tanto, vivi in funzione della prestazione di domenica e io ero stufo. Volevo confrontarmi, capire cosa c’era fuori”.

E come Nakata hai preso zaino in spalla e hai iniziato a girare il mondo

“Esattamente. Solo che io ho iniziato prima, a 28 anni. Sono stato professionista per 9 anni, ho girato tanto e sono stato in alberghi bellissimi, cosa per alcuni aspetti bella, da privilegiato. Ma mi ero stufato. Quella situazione l’ho vissuta e ho deciso di viaggiare per conoscere veramente il mondo. Perché gli alberghi a 5 stelle sono belli, ma alla fin fine tutti uguali ovunque vai. E tu vivi in una realtà ovattata.  Così ho deciso di prendere il mio zaino e iniziare a partire all’avventura: prenoto il viaggio di andata e di ritorno, poi improvviso tutto il resto”.

Quindi niente più alberghi extra-lusso

“Assolutamente no, ho già dato. Dormo negli ostelli, nelle guest house. Insomma ove capita. Posso trovare delle strutture o in altri casi mi devo adattare”.

Viaggi da solo?

“Dipende dal viaggio, cosa voglio fare. A volte solo, altre con amici. Ad esempio ho la passione del surf insieme ad altri e spesso oltre allo zaino mi porto dietro la tavoletta. Certo, se devo andare nel cuore del Messico o nel Macchu Pichu in Perù la tavoletta non me la porto!”.

Intanto in Italia gli scandali continuano, vedi calcio scommesse. Che opinione hai in merito?

“Sono piuttosto amareggiato per tanti versi ma per altri non troppo stupito. Insomma, che il calcio non fosse come sembra lo sapevo perché l’ho vissuto. Le voci si rincorrevano anche se non si sapeva come e da dove nascevano. Certamente la cosa non mi sorprende. O almeno, non totalmente”.

Ti è capitato all’estero di sentire opinioni sul calcio italiano?

“Quando sono in giro per il mondo non conoscono la mia vita e il mio passato da calciatore perché i miei viaggi non sono proprio classici. Posso dire però che l’italiano non ha una grandissima considerazione, ha la nomea del “furbo”, quello che ti frega. E il calcio è vissuto come la politica, in maniera diciamo “guascona”. Per fare un esempio, in Australia e Nuova Zelanda quando si parlava della politica italiana veniva vissuta un po’ come il gossip. Il calcio è uguale. Certamente non è una bella pubblicità per il nostro Paese”.

Adesso qual è la tua professione?

“Sono proprietario di un ristorante-discoteca a Cesena con altri soci-amici. Nessuno che ha a che fare col mondo del calcio”.

Dopo sette anni hai tirato le somme a riguardo della scelta che hai fatto? Hai 35 anni e c’è chi alla tua età ancora gioca. Insomma, avresti anche potuto guadagnare di più

“Al momento ritengo di essere ancora una volta nella parte del percorso che sto facendo. Posso dire che non c’è cosa peggiore di fare un lavoro che non ti appaga. E io ero stufo, per me era un peso. Ho rinunciato a tanti soldi, vero. Ma quanti anni in più di vita ho guadagnato? Questi 7-8 ho fatto quelli che volevo fare e ciò non ha prezzo. Poi,  ho la fortuna di condurre una vita semplice, non ho la villa né la Ferrari e non perché non possa permettermelo. Gestisco i miei risparmi in vari modi e al momento mi stanno dando la possibilità di mantenere un  tenore di vita adeguato”.

Nessuno ti ha dato del matto quando hai smesso?

“Quasi tutti. Sono pochi quelli che hanno capito e condiviso la mia scelta. La gente pensa che la vita di un calciatore inizi e finisca col calcio. No, non è così. E per quello che mi riguarda il calcio non è stato l’apice mia della vita”.

E di chi va invece a svernare nei posti più disparati a spendere gli sgoccioli di carriera da calciatore, prendendo gli ultimi milioni?

“Guarda, io ho fatto una scelta radicale e forte ma rispetto quelle degli altri. A riguardo di chi va a Dubai o altrove a giocare non ho un pensiero negativo. Nella vita ognuno fa quello che ritiene giusto. E se uno si sente di giocare fino a 40 anni lo faccia”.

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