Ibra emoziona in un calcio moderno che rischia di perdere un pezzo di storia. Eriksen e Tevez sui taccuini per gennaio. E Allegri?

Milan news

Giulia Polloli inizia a seguire il Milan per Varesenotizie.it, voce del commento tecnico su Radio RVL, collabora con Vco Azzurra Tv, Tribuna Novarese e Il Biancorosso.

30.11.2011 00:00 di Giulia Polloli   articolo letto 67 volte

© foto di Giulia Polloli

Da dove partire? L’immagine che ho di fronte agli occhi mentre mi accingo a scrivere queste righe è quella che il Milan ha regalato a tutti i cuori rossoneri dalle pagine della Gazzetta dello Sport. Un Ibrahimovic gioioso, ancora nell’atto di stringere il pugno dopo il gol. 101 sono i palloni andati a gonfiare le reti della serie A nella sua permanenza in Italia. Quello che mi piace sottolineare di Ibrahimovic è quella voglia di vincere che lo contraddistingue, quella carica di perfezionismo che pretende anche dai suoi compagni in campo, quel mettersi finalmente a servizio di una squadra, lasciando se stesso come protagonista in un angolo.
E la stessa impressione l’ho avuta ascoltando le sue parole dopo la doppietta personale al Chievo. Un giocatore gongolante non per l’ovazione che lo stadio ha riconosciuto a lui, ma felice di aver dato il suo contributo al Milan nella vittoria. E’ cambiato Ibra. Anche se le sue parole vengono centellinate di fronte alle telecamere, non è uomo che si presti a numerose soste di fronte alle schiere dei cronisti, la sua espressione appare serena nella maggior parte delle occasioni. Soprattutto quando il Milan vince, perché lui, Ibra, ama la vittoria, la cerca con ogni mezzo, non solo nelle gare ufficiali, ma anche in allenamento. O almeno questo è ciò che trapela dalle chiacchiere di Milanello.
Il Milan ha bisogno di Ibra perché lo svedese ha trovato il suo equilibrio: da campione sotto i riflettori, stizzoso agli sbagli dei compagni, quasi smanioso di vedere il gioco coinvolgerlo nello sprint determinante di fronte alla rete, a giocatore altruista, che si sacrifica per la squadra, che diventa assistman e che aspetta gli abbracci dei compagni che, lui stesso, lancia in quelle progressioni ubriacanti di fronte all’appuntamento con il gol.
Dopo aver fissato le mie emozioni di fronte alla sua foto, richiudo la rosea, archivio la sua immagine e fisso la mia attenzione sul calcio moderno, che piano piano sta trascinando alla deriva i punti fermi che invece ne hanno fatto la storia.
Si gioca ogni giorno, tutto questo ovviamente per incamerare più spettatori possibili che così, pur liberi di andare a vedere allo stadio la propria squadra del cuore, hanno a disposizione un ricco menù che comprende lo spezzatino domenicale, dall’ora di pranzo all’ora di cena e l’aperitivo del venerdì e del sabato sera, a volte anche a più riprese.
Tutto questo giova al telespettatore abbonato a qualche pay tv, ma l’italiano medio, quello che fatica ad arrivare a fine mese, quello magari semplicemente affezionato alla tv libera, ecco lui forse rimane basito di fronte alla decisione della Rai di sopprimere una trasmissione storica come “90° minuto”. I ricordi prendono il sopravvento anche in me, che pur non essendo pronta per una casa di cura, vivo con nostalgia le domeniche calcistiche di fine anni ’80. Non solo perché il Milan era tornato a vincere su ogni fronte dopo l’incubo serie B, ma perché oltre ad avere le cuffiette sintonizzate sulle frequenze de “Tutto il calcio minuto per minuto”, la domenica nel tardo pomeriggio ci si riuniva per vedere, finalmente, tutti i gol.
Ora la possibilità di accedere alle immagini in tempo reale è ovviamente un vantaggio, ma lo è per noi, generazione del 2.0 e della tv a pagamento. Per molti, ma non per tutti, come ricorda un noto slogan. Il progresso e gli interessi delle media-corporate prevalgono sulle abitudini. Il programma che ha accompagnato gli italiani in quarantun stagioni potrebbe improvvisamente diventare solo un bel ricordo, destinato a rimanere vivo solo grazie alle tracce che mamma Rai conserverà nei suoi archivi, magari producendo qualche programma revival che li contenga. Peccato.
E ora tornando al presente, dopo la vittoria netta contro il Chievo, dopo aver visto le magie di Boateng contro il Barcellona, dopo aver sottolineato con gioia il nome del prossimo capitano rossonero, a furor di popolo Thiago Silva il predestinato, andiamo a fare una piccola analisi sullo stato di forma dei nostri in vista del Genoa e soprattutto in chiave mercato.
La mediana, il reparto che più soffre l’assenza di pedine fondamentali come Gattuso, come Flamini, che avrebbero garantito più fiato agli stakanovisti, non più giovanissimi, Van Bommel e Seedorf. Capitan Ambrosini, dopo lo stop, è stato utilizzato con il contagocce, mentre Nocerino e Aquilani hanno preso il sopravvento, imponendosi per il gioco espresso in campo. Il prossimo avversario, il Genoa schiera a centrocampo quel giocatore, Merkel, che nel Milan di Allegri ha mosso i primi passi e che ora Malesani ritiene indispensabile nell’undici titolare. Un segnale forte proprio nei confronti dei rossoneri che devono svecchiare un reparto investendo su talenti in prospettiva o comunque su giovani già formati che possano scendere in lizza senza riserve in ogni competizione. E, se questa è la strategia, allora Galliani non deve e non può farsi scappare il talento incarnato da Eriksen, che nell’Ajax esprime meraviglie. L’ad rossonero però parla chiaramente di un vice Cassano tra gli obiettivi di mercato e perciò i riflettori sono puntati sul caso Tevez e sulla possibilità di riceverlo a gennaio in prestito gratuito, condicio sine qua non per il suo approdo in rossonero. Ma qualcuno vede in El Sharaawy la scommessa da vincere. Troppo pochi i minuti a lui riservati da Allegri in questa stagione, complice anche la necessità di rincorrere in campionato un nugolo di squadre che si stava allontanando, a causa della defaillance del Milan alla partenza. Occhi puntati dunque in casa e fuori per il futuro Milan che Berlusconi, in una dichiarazione di ieri, ha fortemente sottolineato di voler riprendere in mano personalmente. E il suo ritorno non può non far pensare alle vittorie del Presidentissimo durante la gestione diretta della squadra. L’ultimo nodo da sciogliere a questo punto, è proprio legato al futuro di Allegri. Galliani ha detto che il tecnico rimarrà al Milan al 101%, ma perché allora la firma sul contratto sembra essere posticipata in primavera, magari dopo gli ottavi di Champions?

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