Il caso-Pato: indolenza, infortuni e troppa palestra. I tifosi lo stanno abbandonando, il Milan si interroga

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Giornalista sportivo a Mediaset, è stato caporedattore di Tele+ (oggi Sky). Opinionista per Telenova e Milan Channel. I suoi libri: “Soianito”, “La vita è una” con Martina Colombari, “Sembra facile” con Ugo Conti.

© foto di Pietro Mazzara

Quando lo hanno visto ridere e scherzare sulla terrazzina dell’Executive di San Siro, poco dopo aver abbandonato il campo causa l’ennesimo infortunio ai suoi muscoli di seta, molti tifosi si sono inferociti. I suoi compagni stavano sbattendo il grugno contro il muro dell’Udinese, a pochi metri da lui Ambrosini seguiva la partita preoccupato – per il risultato e per la nuova tegola sulla squadra – dandogli le spalle. L’ennesimo segnale di leggerezza, indolenza di Pato. Fragile, gonfiato (irrobustito?) dalla palestra, apparentemente poco istruito dall’ultima stagione culminata con uno scudetto griffato da Ibra, Robinho, Boateng, Thiago Silva, Abbiati molto prima di lui nella classifica meritocratica. Stagione in cui è stato sonoramente fischiato da San Siro (Milan-Juventus), è finito mestamente in panchina, è stato platealmente mandato a quel paese in campo dai compagni (Lecce), è stato ripetutamente sgridato da Ibrahimovic. In Nazionale è tornato Ronaldinho, Pato invece continua ad essere un lusso sul quale a turno i C.T. verdeoro non se la sono sentita di puntare con fermezza.

Nulla, non sembra che i 12 mesi alle spalle gli abbiano insegnato nulla: è ripartito ciondolante nei minuti finali contro la Lazio con un tiro finito al secondo anello. Si è illuminato a Barcellona dopo 24” come con quei festoni che a Capodanno bruciano, appunto, 24” poi si spengono. Ha visto la partita in campo a Napoli. Si è arreso al primo passo dell’oca contro l’Udinese e arrivederci tra un mese. Nel frattempo sta fiorendo Cassano, nel frattempo è rientrato un esaltante Ibrahimovic, nel frattempo sta guarendo Robinho, nel frattempo scalpita Inzaghi che strameriterebbe più attenzione e più spazio. Oggi in un’ipotetica gerarchia della rabbia, dell’impegno, della voglia, della cattiveria, Pato sarebbe il quinto dei 5 attaccanti a disposizione di Allegri. Che in campo ne mette soltanto 2 alla volta. Rischierebbe la tribuna. Un’esagerazione? Non a San Siro.

San Siro abbandona impietosamente Rivera al secondo passaggio sbagliato, Van Basten al secondo gol fallito, Albertini alla seconda partita sottotono, Gullit al secondo litigio con qualche compagno, Seedorf alla seconda consecutiva danza immobile intorno alla palla, Taiwo se al secondo pallone non sfonda la rete o al secondo scatto non travolge mezza squadra avversaria. San Siro esagera sempre in fatto di esigenza, l’esigente esagera nell’insofferenza, nelle pretese, nel rigore che finisce spesso col confondere col rispetto o con la sua mancanza di…
Pato dovrebbe incominciare ad affilare le armi per concorrere alla classifica cannonieri in Italia, al Pallone d’oro, alla Champions League. Pato col suo talento ha vinto alla nascita un gettone d’oro ogni 2 partite: potrebbe investirlo in ambizioni infinite e grandi traguardi, sembra invece accontentarsi di spenderlo e basta. E’ testardo solo nel non voler prendere esempio da chi mangia l’erba a 37 anni come Pippo Inzaghi, a chi si allenava duramente a 40 come Maldini e Costacurta, a chi non si accontenta di essere naturalmente bravo, ma punta a migliorarsi giorno dopo giorno. Come i veri numeri uno.

Pato si ama come una donna stupenda che ti regala notti d’amore indimenticabili, luce negli occhi, sembra esserti fedele, ma non perde vizi, capricci, pigrizia, svogliatezza. E’ infantile, vezzosa, amabile. Passa le giornate sul divano, sul lettino a bordo-piscina, nemmeno lo shopping la attrae, viene malvolentieri in viaggio in vacanza, preferirebbe rimanere nei paraggi. Non si esalta per i regali, non ama le improvvisate, raramente a letto ti cerca per prima. Continui ad amarla finendo per detestarla, ma mai potresti pensare di vederla ridere ed entusiasmarsi insieme a qualcun altro. Quindi non la lasceresti, per nessuna ragione al mondo, anche se ti sorprendi spesso a interrogarti, a dubitare, a pensare: come sarebbe la mia vita con una donna un po’ meno bella, ma più partecipe, più coinvolta, più intraprendente? La tentazione sembra avere il sopravvento, quando alle spalle nello specchio ti appare lei, angelica, eterea, satanica. Bellissima. E dopo 24” sei già in estasi nel più dolce degli orgasmi. L’uomo innamorato, l’amante passionale, il tifoso, è debole, vulnerabile. Gli basta un sorrisino, un vezzo, un bacetto, un capezzolo, un gol, per crollare davanti a lei. Per crollare davanti a Pato. Fanculo a lei. E a Pato.

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