Il mercato delle pulci

Milan Night

allegri2 300x274 Il mercato delle pulciCi avevano chiesto di aspettare il 31 agosto prima di giudicare il mercato del Milan. Abbiamo aspettato e ora possiamo valutare quello che è stato fatto, non dimenticandoci però – come qualcuno vorrebbe – di ricordare anche e soprattutto quello che è stato disfatto.

Di giocatori fatti e finiti, dei quali sappiamo bene o male quel che possono dare, ne sono arrivati quattro. Riccardo Montolivo, discreta mezzala dai piedi educati. Nulla a che vedere con Pirlo o Iniesta, tanto per intenderci, ma comunque meglio di quell’olandese che lo scorso anno rivendicava il ruolo che ora dovrebbe essere suo. Giampaolo Pazzini, attaccante in fase negativa della carriera, con due ottime stagioni alle spalle (quelle della Samp) e tanti punti interrogativi. Di certo non è una punta di primissimo livello, ma certamente dieci gol a stagione potrebbe garantirli. Cristian Zapata, reduce da una stagione orrenda in terra di Spagna, in Italia aveva fatto vedere buone cose, e potenzialmente potrebbe tornare sui livelli di Udine. Nigel De Jong, bel centrocampista adattabile anche in fase difensiva, forse l’unico vero giocatore di livello inserito in rosa in questa sessione di mercato. Sugli altri arrivi (Bojan, Acerbi, Constant, Njang e Traorè) è impossibile esprimere giudizi credibili. Bojan nel Barça pareva un fenomeno, salvo poi sprofondare nell’anonimato a Roma, Traoré non si è mai visto, Acerbi giocava benino nel Chievo – nel Chievo appunto – Njang non è ancora maggiorenne e Constant è un’incongnita, tanto che alcuni non hanno neppure capito se sia un terzino o un centrocampista di sostanza.

Se questo mercato si fosse concluso soltanto con questi arrivi il voto alla società sarebbe certamente positivo. Non certo un 10, nemmeno forse un 8 o un 9, ma certamente positivo. Peccato prima di questi innesti sia stata smantellata l’ossatura della squadra e siano stati ceduti i due elementi che facevano la differenza. Senza giocatori come Nesta – seppur vecchio – Thiago e Ibra qualsiasi squadra perderebbe il 60 per cento del suo potenziale. E la prova del fatto che i sostituti presi per farne le veci non siano ancora all’altezza del compito è data dalle scelte del tecnico, che al momento ai nuovi arrivati preferisce quelli che lo scorso anno marcivano in panchina, vedi Yepes e Bonera.

La spina dorsale della squadra è stata smantellata, ma il midollo per riformarla non si vede. Forse l’unico che è stato degnamente sostituito è Van Bommel, che con De Jong avrà certamente un ottimo erede, ma se qualcuno pensa che Njang, Bojan e Pazzini possano, in tre, compensare la perdita dell’impatto e della resa di un Ibrahimovic o è fuori come un balcone, o è in malafede, oppure è un incallito giocatore d’azzardo. Sarebbe inutile ricordare che la storia si fa sempre con il senno di poi, però se le premesse sono queste c’è poco da stare allegri.

Allegri, poi. Pare essere vittima di se stesso e dei suoi datori di lavoro. Per un verso il tecnico non sembra essere in grado di dare valore aggiunto alla squadra. Ottimo il primo anno a gestire una rosa competitiva e a portarla allo scudetto, nella scorsa stagione ha mostrato grossi limiti nella gestione di un gruppo problematico e soprattutto un deficit di fantasia. Insistere, perseverare sempre sul medesimo modulo, anche quando venivano a mancare gli interpreti adatti, è stata una delle ragioni che ha portato la squadra a perdere uno scudetto che pareva già in tasca. La società, poi, lo ha messo sotto tiro. I messaggi trasversali parlano chiaro e pare evidente che il mister toscano non possa più permettersi di sbagliare.

Si dice poi che chi ben comincia sia a metà dell’opera. E il Milan ha iniziato male, malissimo, perdendo in casa da una neopromossa. Stasera a Bologna la prova del nove. Uscire senza punti dall’Dall’Ara rappresenterebbe una botta psicologica tremenda, e portare a casa un punticino una magra minestrina.

Marco Traverso

Twitter: @marcotraverso75

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