Il silenzio di un sorriso

Canale Milan

di Riccardo Zavagno

Stupore. Confusione. Dolore. Amarezza. Amarezza che lascia subito spazio alla tristezza. Delusione. Sgomento. Paura. E tante domande, tanti perché.
È solo una porzione dei sentimenti che si provano dopo aver appreso o visto quello che è successo ieri sul campo di Pescara.
Piermario Morosini ha corso e lottato da subito, costretto dalla vita a mettersi a centrocampo ed affrontare di petto gli avversari messi di fronte da questa sconosciuta. Si è trovato subito “all’incrocio dei venti”, ma non si è fatto abbattere dimostrando sempre, come viene ricordato da chi lo ha veramente conosciuto, di avere il sorriso stampato sul volto e la forza, nonostante tutto, di trovare nelle piccole cose di ogni giorno la voglia di proseguire e continuare a vivere. Anche ieri ha provato più volte a rialzarsi, come aveva già fatto altre volte in passato, ma questa volta  non c’è stato scampo. Nonostante tutto quel sorriso, quel marchio di fabbrica dicono non l’abbia perso neanche in quel frangente.
A noi rimangono sentimenti contrastanti, e tante domande che pesano ancor di più come macigni confrontati con la leggerezza espressa, rappresentata nel sorriso di questo ragazzo. Domande a cui trovar risposte è già difficile tutti i giorni ed oggi sembra impossibile.
Come impossibile è capacitarsi che un’atleta professionista, un calciatore che svolge una vita sana, controllato da visite mediche approfondite, nel pieno della sua forza fisica e nello splendore degli anni, possa morire mentre gioca una partita. Soprattutto alla luce anche di quanto aveva già dovuto affrontare.
Come in occasione della morte di Marco Simoncelli, o di Bovolenta e di tutti gli altri atleti professionisti che sono deceduti in una situazione analoga, ci si interroga come mai la loro sorte sia considerata “più rilevante” rispetto alla morte di una persona che magari viene investita in bicicletta o sulle strisce pedonali, mentre si trova in macchina o in corriera, a casa o sul luogo di lavoro. O che magari muore mentre pratica il suo sport preferito a livello non professionistico.
Questa volta non sono i centimetri di un fuorigioco, di un pallone che passa o no la linea di porta a far rumore, bensì il silenzio negli stadi e di quel pallone che oggi rimane fermo a centrocampo. Un silenzio che si è appropriato di un’altra parte delle nostre emozioni e dei nostri sogni riposti nel calcio, nello sport, nella vita.
Piermario Morosini prima di essere un esempio come calciatore, è stato un esempio come persona, di un uomo che ha onorato i valori che accomunano la vita e lo sport, quando avrebbe avuto il diritto lui più di altri di metterli in discussione.
Piermario Morosini, dovrebbe essere d’esempio per chi non ha rispettato le regole del gioco, lui che non ha dribblato la vita.
Piermario Morosini come esempio di tante morti, tutte con lo stesso valore.
Piermario Morosini come esempio da imitare per continuare a vivere, seguendo i nostri sogni, sempre.
Basta ricordare il suo insegnamento, il suo sorriso.

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