l’ EDITORIALE del Mercoledì

MILAN DAY

Un bello spavento, inutile negarlo.
Quello che è successo ieri sera all’Emirates rientra di diritto nella categoria degli incubi a lieto fine, quelli da cui ti svegli tutto sudato nel cuore della notte e ti dici: per fortuna era solo un incubo.
Che poteva diventare, però, triste realtà.
Risalire alle motivazioni della scampagnata londinese di Ibra e compagni è percorso arduo.
Io insisto sulla mia posizione: quando si parte da un risultato di 4-0, che in pratica ti consegna la qualificazione già dalla partita di andata, le responsabilità di portare a termine la missione senza danni ricadono quasi totalmente sui giocatori.
A La Coruna, come a Istanbul, furono i vari Costacurta, Maldini e Shevchenko a scagionare da ogni colpa Ancelotti.
Se non si scende in campo con la giusta mentalità, c’è poco da fare per l’allenatore.
Che nella vigilia aveva anche detto una frase sibillina: “se dovessi dare le giuste motivazioni per questa partita ai miei giocatori, mancherei loro di rispetto”.
Appunto. Tutto corretto, tutto giusto: se non hai la giusta concentrazione per affrontare il ritorno di un ottavo di Champions, a Londra, contro l’Arsenal, il problema è tuo, giocatore, non di chi ti mette in campo.
Che peraltro, giusto in questa circostanza, aveva ben poche alternative tattiche e di uomini.
Ieri sera, nella prima frazione, è stata la testa a mancare, come purtroppo spesso accade a questo Milan.
Quando, nel secondo, dopo essere stati presi a frustate dai gunners, i rossoneri hanno finalmente deciso di iniziare a giocare… (continua)

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