La festa della Bona Dea

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Si celebrava ogni anno, di solito il secondo giorno prima delle none di dicembre (il 3), una delle feste più misteriose dell’Antica Roma. Perfino il nome della dea non poteva essere pronunciato o scritto in pubblico, e si era solita indicarla con un generico “Bona Dea”, vista che era preposta alla salute dello stato e del popolo romano. Qualche notizia ce la da Lattanzio nel suo Divinae institutiones, secondo cui era la moglie di Fauno, antica divinità laziale, ed incarna l’ideale di moglie e matrona romana, come in effetti è raffigurata nelle statue, abile in tutte le arti domestiche e molto pudica, tanto da non uscire mai dalla propria stanza e non vedere nessun uomo all’infuori del marito. E su questo si basavano i festeggiamenti di dicembre (un’altra celebrazione alla dea ricorreva il primo maggio). Non si celebravano nel tempio a lei dedicato sull’Aventino, ma nella casa del Pontefice Massimo, la cui moglie sovrintendeva una cerimonia misterica riservata alle sole donne. Famosa fu quella del 62 a.C. quando Publio Clodio, agitatore sociale acclamato dalla plebe, travestito da arpista si intrufolò alla cerimonia per insidiare, si dice, la padrona di casa, la moglie dell’allora pontifex maximus Giulio Cesare scatenando un grave scandalo nell’ambiente politico della città.. Ne conseguì un seguitissimo processo, che portò al divorzio di Cesare dalla moglie e all’assoluzione di Clodio, nonostante le accuse di Cicerone.

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