Le lezioni della Champions, della Juve e di Ibra

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Giornalista sportivo a Mediaset, è stato caporedattore di Tele+ (oggi Sky). Opinionista per Telenova e Milan Channel. I suoi libri: “Soianito”, “La vita è una” con Martina Colombari, “Sembra facile” con Ugo Conti.

16.03.2012 00:00 di Luca Serafini   articolo letto 671 volte

© foto di Pietro Mazzara

Grazie a Dio i tifosi juventini sembrano più composti e responsabili dei loro dirigenti e allenatori. Per chi ama il bianconero, fino ad oggi la faida per lo scudetto del 2006 e i piagnistei per gli arbitraggi sono rimasti unicamente argomento di discussione, sfottimento, rivalità verbale. Le imprecazioni sono rimaste soffocate, limitandosi a scoppiettare sui blog. Pericolosissimo invece il germe del sospetto sparso coi veleni sin dalla prima giornata di questo campionato, sia pure dopo un 4-1 casalingo sul Parma: una linea mediatica strategica che porta a una pressione smisurata nei confronti di chi dirige le partite della Juve. E’ tanto vero che questa strategia non ha avuto unicamente il Milan come bersaglio indiretto, che a turno nel dibattito – prendendo posizioni contrarie al club bianconero – sono intervenuti Ranieri, Montella, Reja, Preziosi… Sarebbe il momento di smetterla, perché gli errori in attacco e in difesa della squadra di Conte (forse anche qualche sua scelta sugli uomini di prima fila) non sono stati meno gravi di quelli arbitrali. Invece ecco che arriva la minaccia di un dossier. Il sorriso ironico di Allegri e le sue parole sul tema lo liquidano senza bisogno di ulteriori approfondimenti: si sarebbe già ampiamente superato il limite del ridicolo, se non fossero temi in realtà delicati per la reazione che, prima o poi, rischiano di suscitare tra i tifosi bianconeri. E non solo loro.

Le lezioni che hanno impartito le gare di ritorno degli ottavi di Champions alle squadre italiane, sono molteplici e preoccupanti. Il Milan ha sfiorato l’impresa di scialacquare addirittura un 4-0 casalingo, mischiando a Londra un cocktail di leggerezza, presunzione, inesperienza e superficialità. L’Inter si è fatta battere dai suoi troppi limiti, vivendo una realtà virtuale secondo cui tutti i traguardi non le erano ancora preclusi, nonostante i troppi segnali di disfacimento di una squadra che non esiste più. Il Napoli, con buona pace di De Laurentiis, paga eccome un dazio spropositato all’inesperienza o quanto meno alla scarsa abitudine a certi impegni (sommando le presenze in Champions, i giocatori del Chelsea sfiorano le 600 e quelli di Mazzarri non arrivano a 90), infilandoci una dose di sfiga. Andare in Formula 1 con troppi catorci genera l’eliminazione da un Marsiglia che oggi nel nostro campionato occuperebbe stabilmente la colonnina di destra. E non è che in quello francese, il 5° come valore in Europa, stia molto più in alto. Andarci con la convinzione di essere più bravi e più forti genera il 3-0 dell’Arsenal. Andarci senza sapere che fare in molti, troppi momenti di una partita difficile genera un’eliminazione cocente e, se ci permettete, immeritata a Londra.
In molti si preoccupano del ranking quando giochiamo in Champions con Milan, Inter e Napoli, ma quando in Europa League la Roma esce col Bratislava, il Palermo con il Thun, la Lazio pareggia con il Vasluij…? Ora i bookmakers danno il Milan staccato nei pronostici da Barcellona, Real Madrid, Bayern, persino Chelsea. Inutile fare i permalosi: i bookmakers, i quali peraltro la pensano come in molti su questo argomento, possono e devono essere smentiti solo sul campo.

Sarà anche vero che le domande a fine partita dovrebbero vertere sulla partita appunto. Sarà pur vero che se i giornalisti pretendono di spiegare agli allenatori quale squadra schierare e ai giocatori come stare in campo, possono pure accettare che qualcuno insegni loro come fare meglio i giornalisti. Ma quando contesti l’insinuazione di una giornalista, suggerendole malamente di andare a cucinare, vuol dire che sei rimasto un po’ indietro: non sul tema calcio-giornalismo, ma sulla concezione moderna della parità dei sessi.

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