L’infortuniocrazia

Rossonerosémper

L’infortuniocrazia

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Se nell’ultimo prepartita ho tessuto le lodi della meritocrazia che vige in casa Juventus da quando alla guida della squadra c’è Conte; adesso voglio esaminare che regole vigono in casa Milan: al Milan vige l’infortuniocrazia. La regola base dell’infortuniocrazia è: gioca chi non è spaccato. Ce la fai a stare in piedi? Allora sei titolare. Quindi possiamo ammirare magnifici esempi di centrali difensivi che giocano da terzini o centrocampisti, esterni di difesa che giocano da trequartisti eccetera. Ma anche scene comiche legate alla paurosa serie di infortuni che affligge il Milan ormai da anni.

Come sapete bene, infatti, quando la situazione da tragica diventa disperata, e poi peggiora ancora, si sfiora la comicità. E’ il caso di Boateng: rotto come da copione dopo la preparazione invernale, assente per molte settimane, rientra nel match casalingo contro l’Arsenal, lo gioca a livelli da Pallone d’Oro, e poi sparisce di nuovo per un mese. Oppure Flamini, il quale, rotto da tempi immemorabili, dato diverse volte per pronto, da Palermo in poi, gioca stabilmente con la Primavera. Non voglio tediarvi ulteriormente con questi esempi, ma, rimanendo nell’argomento farei un parallelo tra le situazione di Pirlo ed Aquilani, due centrocampisti dotati di piedi sopraffini, scarsissima velocità e fragili come il cristallo, accomunati dal fatto di essersi, nello stesso momento, scambiati la squadra. Pirlo dal Milan alla Juve, Aquilani dalla Juventus al Milan.

Dunque Pirlo, nella scorsa stagione ha all’inizio un rendimento non certo eccelso, forse anche dovuto alla doppia preparazione mondiale/club, ma si riscatta con un gol da 3 punti a Parma, davvero ‘unbelievable’; prosegue la stagione con prestazioni modeste e difficoltà a trovare un posto nel  4-3-1-2 allegriano, culminate con un lungo infortunio ed una prova al rientro in semifinale di Coppa Italia contro il Palermo, davvero indecorosa. Da lì in avanti, pure il feeling col tifo rossonero, che ormai da tempo gli preferisce mediani più aggressivi e veloci, ed un trequartista di qualità e quantità, si rompe definitivamente. Quest’anno gioca con la Juventus, e le sue prove rimangono costanti, belle scodellate, bei cross (mai mancati neppure col Milan) appaiati ad una scarsa velocità ed una bassa propensione al possesso palla.

“Costanti” secondo me è la parola chiave: infatti, se con l’andare della stagione il bresciano comincia a sentire un po’ di fatica, non crolla, ne si infortuna, e non alterna, come al Milan prestazioni orribili, nel periodo di “bassa marea” fisica della squadra, a prestazioni stratosferiche, fa “il suo” insomma, niente di meno, niente di più. Però non è certo descrivibile come un giocatore finito, come la scorsa stagione. Aquilani invece, prima del biennio Juve-Milan, era conosciuto come il “rabonaro di cristallo”: piedi fatati, facili al colpo più difficile di questo sport, la rabona appunto, ma delicatissimi, davvero di cristallo.

Nella Juventus fallimentare dello scorso anno, non si produce in numeri galattici, ma è l’unico a tenere botta in un centrocampo da rottamare, subisce un solo infortunio, e leggero, e sono in pochi a vedere l’affare, per la Juve, nel “quasi scambio” con Pirlo. Nel Milan parte benissimo: gol, assist, caterve di tiri da fuori con una potenza da Boateng, e dinamicità, roba mai vista fare a Pirlo. Poi prestazioni non memorabili, l’infortunio, abbastanza lungo, e si ricomincia con le prestazioni scarse. Ora non voglio focalizzare la discussione su chi abbia guadagnato e chi abbia perso nell’affare Aquilani-Pirlo, ma sul parallelo, che io definirei paradigmatico, della differenza tra la preparazione atletica tra Milan e Juve, riscontrabile nelle situazioni di moltissimi altri elementi delle due rose.

Se è vero, come è vero, che alla Juve campioni dal carattere difficile come Cassano, Ibra e altri difficilmente avrebbero potuto positivamente coesistere, dobbiamo ammettere che non si vive di sola “psicologia” e di sole “motivazioni”. Se tutto questo buon lavoro svolto dalla nostra società è vanificato da una preparazione atletica che mina, coscientemente, la salute dei nostri atleti. Non voglio parlare di Meersseman e delle terapie “alternative” praticate a Milan Lab, che, nelle intenzioni di Galliani avrebbero dovuto evitare gli eccessi di cure e chirurgia (che possono portare ad autentici scempi che ancora oggi chiedono vendetta al cospetto di Dio come il caso Van Basten). Fortunatamente oggi gli stregoni zulu come Meersseman al Milan contano molto meno, e se non hanno rovinato Van Basten hanno nel loro palmares vittime non meno illustri come Kakà e Pato.

Mi soffermerei invece sulla preparazione e chiederei alla nostra società di rispondere a questa semplicissima domanda: “In cosa è cambiata la preparazione atletica della prima squadra tra la scorsa stagione e questa?” Perché pure la scorsa stagione siamo stati i top mondiali dell’infortunio, e quest’anno non è cambiato niente: è solo rientrato il dr. Tavana, ma l’eccesso di preparazione durante le pause estiva ed invernale non è cambiato, mentre gli infortuni sono addirittura in aumento.

La verità è che, probabilmente, il problema era stato, come al solito, sottovalutato. Sottovalutato, pure dopo decine di briefing tecnici, medici ed atletici, dove, 12 mesi fa, si era esaminato tutto, dall’ago al cannone. E la società dopo centinaia di ore buttate inutilmente se ne era uscita con la storiella che la colpa è del prato di San Siro! Vabbé, mi ero detto, Galliani, da vecchio marpione, lo fa per depistarci, in realtà la causa è stata scoperta, ed il problema risolto.

No, quest’anno va ancora peggio, e in primavera sono pure ripartiti i “viaggi della speranza” di Pato dai guru USA, dopo che lo stesso guru americano, l’anno scorso, aveva rispedito Pato a Milano con il problema “risolto”. Un problema “posturale”, si disse – Pato corre con la schiena troppo bassa: basta che il papero inizi a correre “petto in fuori e schiena dritta” e tutto passerà – e Pato avrà risposto: “Sissignore!” Ecco, quest’anno dopo la cura del petto in fuori va anche peggio, e Galliani, invece di mandare negli USA un avvocato per chiedere i danni a questo cialtrone, ci rispedisce anche il papero; non so cosa consiglierà stavolta, forse di scattare “culo in basso”, o “occhi in su”; ma una cosa è certa, al Milan non sanno che pesci prendere, e non solo con Pato.

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