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MILANO.
Rispetto ai miei articoli precedenti, desidero cambiare leggermente la prospettiva di ciò che andrò a scrivere. Devo occuparmi della Roma, ma lo farò senza lente d’ingrandimento. Senza analizzare risultati e classifiche, senza scandagliare ogni reparto giallorosso per approfondire pregi e virtù del prossimo avversario del Milan. Desidero fare un articolo ad ampio respiro e allargare la visuale: più che della Roma intesa come “squadra”, parlerò della Roma intesa come “progetto”.
Mi auguro con tutto il cuore che il progetto giallorosso sopravviva, per il bene del calcio italiano. Mi auguro che la scelta di puntare su un allenatore come Luis Enrique venga premiata dai risultati e dal consenso generale. Se un’idea di calcio così affascinante risultasse vincente, altre società potrebbero decidere di emulare i giallorossi. Al contrario, se l’ex tecnico del “Barcelona B” venisse bocciato dal campo e dalla critica, si radicherebbe ancor di più la convinzione che…no, in Italia non siamo fatti per i giovani e per il bel gioco. La filosofia di Luis Enrique nasce nella cantera blaugrana ma in questo primo scorcio di stagione si è impreziosita di un po’ di sano tatticismo italiano.
A Genova i suoi ragazzi hanno perso all’ultimo respiro, ma per lunghi tratti sono stati padroni del campo, mostrando coraggio, intelligenza e trame raffinate. Nonostante la bruciante sconfitta, Luis Enrique si è presentato in mix zone per dire che era felicissimo della prestazione, che per la prima volta è davvero felice, che è convinto di aver imboccato la strada giusta. Parole che nei nostri ambienti calcistici suonano strane, dopo una sconfitta maturata all’ultimo minuto con un gol rocambolesco. Ma lui viene da un’altra cultura. Lui viene da una cultura in cui il gioco e il progetto prevalgono sui risultati, anche se poi sono i risultati a dare forma al progetto stesso. Con grandissima onestà, Luis Enrique sa ammettere meriti ed errori, gioie e delusioni, senza mai farsi condizionare dal punteggio scritto sul tabellone.
Oltre che la filosofia calcistica e la disponibilità nei confronti dei media, c’è un altro aspetto di Luis Enrique che mi ha conquistato: il modo in cui tratta i giocatori. Abituato a gestire i giovani del Barcellona, ha saputo entrare in uno spogliatoio complicato come quello giallorosso con carisma e convinzione. Non ha avuto trattamenti preferenziali per Totti, Borriello o De Rossi. Non ha puntato subito ad occhi chiusi sui gioiellini Bojan, Lamela e Osvaldo. Ha saputo integrarli, amalgamarli, stuzzicarli e stimolarli. Ora remano tutti dalla stessa parte, vecchi e nuovi, promesse e campioni, talenti e gregari. Per questi tre motivi, auguro a mister Enrique una stagione importante e una luminosa carriera italiana. A partire dalla prossima settimana, naturalmente.
Post Scriptum: Guardatevi questo video, ci sono molti insegnamenti. Di calcio e di giornalismo.
http://www.youtube.com/watch?v=AOYeKTu1sTM
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Post Originale:
Lunga vita al “progetto Roma”