© foto di Simone Bernabei
Nel momento del bisogno Massimiliano Allegri ha provato a riportare Paolo Maldini nello spogliatoio rossonero. In una intervista a Repubblica.it l’ex capitano milanista spiega cosa è accaduto nei minimi particolari: “Allegri, l’anno scorso, mi disse che aveva bisogno di qualcuno che controllasse anche lui: “Paolo, chi mi dice se ho sbagliato qualcosa anche tatticamente e nella gestione dello spogliatoio, che ricade solo su di me?”. Gli serviva uno che avesse la personalità per parlare con i giocatori importanti – con Ibra, con Boateng, con altri – in modo autorevole. E lui pensava che io, col mio passato, potessi farlo”.
Può raccontare i dettagli di quella proposta?
“Max mi chiamò quando ero in vacanza negli States, dicendomi appunto che mi voleva parlare, perché aveva bisogno di me per gestire il gruppo. Ci siamo visti, ci siamo sentiti al telefono e io lo avvisai che questo avrebbe potuto rappresentare un problema per lui. Allegri mi disse che aveva parlato con la società e che sembrava tutto ok. Poco dopo, via sms, mi scrisse che mi avrebbe chiamato entro pochi giorni. Era l’ottobre del 2011, non l’ho più sentito. Io non ho mai cercato nessuno, lo ripeto. E’ stato sempre il contrario”.
Qual è oggi il suo sentimento verso il Milan?
“Mi capita di ripensare al passato. Eravamo coscienti del nostro ruolo. I giocatori facevano i giocatori, i dirigenti i dirigenti. Ognuno si prendeva le proprie responsabilità, senza ingerenze. C’era talmente tanta conoscenza della materia calcio a livello globale… Solo uno stupido non assorbe nozioni dal lavoro che fa e noi eravamo proprio una squadra”.
La sensazione comune è che Galliani non la voglia.
“Può darsi. E’ il dirigente che ha vinto di più ed è anche legittimo che faccia le sue scelte e si scelga i collaboratori in cui crede. Ma vorrei sfatare la diceria che io sarei uno della famiglia. Non è vero: non mi vogliono così spasmodicamente”.
Quindi il sentimento è di delusione?
“Direi di amarezza, e non solo mia. Amarezza perché tutto quello che si è creato insieme si è dissolto. E’ la stessa sensazione di molti miei ex compagni. Non è scontato che si crei la magia che noi abbiamo vissuto. Ecco, io vorrei restituire, tutto qui. Ho dato più di qualsiasi altro nella storia del Milan, ho giocato più partite di tutti. Ma sento che quello che ho ricevuto è ancora di più. Sento un debito di riconoscenza”.
Ne ha mai parlato con Berlusconi?
“Lo dissi al presidente prima di smettere. L’aspetto economico non è una leva che può fare effetto su di me. Il lavoro di ognuno di noi va pagato nella giusta maniera, ma non è quello a decidere. E neanche può contare lo stare sotto i riflettori: io ho avuto anche troppa sovraesposizione mediatica, per il mio carattere schivo. Piuttosto, la soddisfazione di fare qualcosa di travolgente, di passionale, non ha prezzo: soprattutto verso un club che mi ha dato tutto ciò che ho appena detto”.