MILAN-MALAGA, IL MIGLIORE IN CAMPO
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Nato a Milano il 10 Maggio 1965; Giornalista Professionista dal 1994. Dopo le esperienze professionali di carta stampata (La Notte e Il Giorno) e televisive (Telelombardia, Telenova, Eurosport), dirige Milan Channel dal 16 Dicembre 1999.
Ā© foto di Studio Buzzi
Se al tuo spogliatoio arriva la sensazione, diversi mesi prima della fine della stagione, che tu non sarai piĆ¹ lāallenatore della prossima stagione, ilĀ rischio ĆØ dietro lāangolo. Non sarai tu a fare la squadra del prossimo anno, mi risparmio in vista del prossimo allenatore. Eā inevitabile, la tensione cala e il clima giusto dentro lo spogliatoio va a farsi benedire. Il primo a sperimentarlo, in tempi moderni, fu Marcello Lippi. Nel calcio che trita tutto un minuto dopo lāaltro, il petto del Marcello era pieno di medaglie: Scudetto nel 1995, nel 1997 e nel 1998, Champions League e Intercontinentale nel 1996. Poteva vivere di rendita presso la societĆ e aveva grande carisma dentro lo spogliatoio. Arriva invece la stagione 1998-1999 e i risultati sono a singhiozzo. La Juventus non rulla gli avversari e allāinizio del 1999 Lippi rende noto pubblicamente che non sarebbe rimasto a Torino per il campionato successivo. La squadra molla di testa e dopo un Juventus-Parma 1-4, le sue dimissioni vennero prontamente accolte dal Club bianconero. Cosa che rischiĆ² di incrinare anche lāaccordo che Lippi aveva con il presidente Moratti per lāestate 1999. A proposito di Inter, la vicenda di Roberto Mancini ĆØ storia di ieri mattina rispetto a quella di Lippi. Dopo lāeliminazione con il Liverpool in Champions League, Marzo 2008, il Mancio fa la stessa affermazione di nove anni prima di Lippi. Le prossime partite di questa stagione saranno le ultime da parte mia su questa panchina. Apriti cielo, Moratti ĆØ sul punto di rifare la stessa scelta della Juventus del 1999, troncare subito perchĆ© dichiarare che ĆØ finita vuol dire che ĆØ giĆ finita. Alla fine Mancini rimane, ma rischia di perdere uno Scudetto giĆ stravinto. La certezza aritmetica arriva solo allāultima giornata. Tutto questo ci porta inevitabilmente a Walter Mazzarri. La striscia negativa di risultati da parte del Napoli ĆØ arrivata dopo la dichiarazione sul suo futuro. Questo ĆØ lāultimo anno, ĆØ stata la frase fatale del tecnico toscano e il Napoli ha iniziato a implodere. Che cosa accade con queste frasi? Che gli scontenti sono ancora piĆ¹ scontenti, che i titolari cercano piĆ¹ di capire chi sarĆ il nuovo tecnico piĆ¹ che dare tutto a chi ha giĆ annunciato la propria partenza e cosƬ via. Non solo: con il tecnico in carica e con pieni poteri, gli scontenti vengono isolati e ammorbiditi. Con lāannuncio dellāaddio, invece, i mugugni di spogliatoio trovano terreno fertile. Se Mazzarri ha fatto quellāaccenno per suoi e sacrosanti motivi psicologici o di salute, nessuno puĆ² permettersi di entrare in quella sfera che ĆØ sua e soltanto sua e va rispettata. Se invece mister Mazzarri ha voluto guardiolare, beh allora ha fatto una mossa azzardata e impropria.
Ma che ha fatto il povero Matri? Prima scompare dai radar e poi quando riappare, come contro il Nordsjaelland, ĆØ cosƬ sotto un treno da non riuscire a buttarla dentro pur godendo della solidarietĆ e dellāappoggio, in campo lo si ĆØ visto bene, di tutta la squadra. Giocatore da 15 gol conclamati a stagione, punta dai gol pesanti, attaccante di corsa e di lavoro, Matri aveva portato tanti punti-chiave alla Juventus nella scorsa stagione e aveva fatto bene anche in estate, rifilando peraltro una doppietta a quel Malaga che sia nella Liga che in Champions League ĆØ ai vertici della stagione. Che dovessero esserci piĆ¹ chances per Giovinco dopo la scelta societaria estiva di riportarlo a Torino e che Vucinic fosse il leader offensivo bianconero ci poteva stare ed ĆØ accaduto in maniera chiara e trasparente, ma che oltre a qualche guizzo di Quagliarella, ci fosse anche il buon Bendtner a sopravanzare Matri nelle scelte tecniche juventine, ĆØ apparso francamente troppo. Alessandro Matri ĆØ un professionista educato e corretto che finalizza nelle partite che contano, questa epurazione piĆ¹ o meno momentanea stona con il suo modo di essere e con il suo modo di darsi alla squadra.
Ricordo nitidamente quel Dicembre 1998. La Juventus doveva assolutamente segnare un gol al Manchester United a Torino che arrivĆ² con il solito Pippo Inzaghi a 5 minuti dalla fine, ma quel gol poteva anche non bastare per la qualificazione se lāOlympiakos non avesse vinto la sua partita con il Rosenborg che poteva qualificarsi da miglior seconda rispetto ai bianconeri. Juventus in bilico fino alla fine, a rischio eliminazione. E al Delle Alpi, in una tribuna stampa professionale nel mestiere ma granata e anti-juventina nel cuore, il tifo era al top. La stragrande maggioranza voleva la Juventus fuori dalla Champions League. Poi la Juve passa grazie alla strettoia Inzaghi e in sala stampa, nel post-partita, rimasi allibito da tutti quei ācaro Marcello, complimentiā da parte di chi aveva appena finito solennemente di gufare con una intensitĆ , peraltro, senza pari. Lippi in cuor suo lo sapeva, ma stava al gioco, non sbroccava su queste debolezze dellāanimo umano che fanno parte del calcio. Non sono bellissime, ma ci stanno. Antonio Conte invece ĆØ arrivato alla parolaccia, allāinsulto grave nei confronti di chi si era lasciato scappare un urletto in sala stampa allo Stadium dopo il gol del Chelsea contro lo Shakhtar allo Stamford Bridge. Mamma mia, chissĆ che Conte troveremo quando tornerĆ a parlare! Se ha dentro quello che ha sfogato su quel gol del Chelsea, possiamo tranquillamente aspettarcene delle belle.
In fondo non era difficile, dai. Non era una grande impresa riuscire a pensare che un giocatore che aveva fatto bene un Mondiale come quello del 2010 in Sudafrica in cui tutta la squadra aveva fatto male e che si era sostanzialmente ripetuto, in un contesto di squadra nettamente diverso, agli Europei di due anni dopo, fosse un acquisto azzeccato. Vero che lāultimo periodo a Firenze non era stato brillante, ma anche qui non era difficile capire che proprio in virtĆ¹ di una striscia finale non positiva, Riccardo Montolivo fosse nello stato dāanimo di giocarsi tutto nella grande piazza, con tutto il rispetto per Firenze, cui ambiva da tempo. Da tanto tempo. E invece si ĆØ passata lāestate a usare Montolivo contro il Milan. Il fatto che fosse arrivato a parametro zero veniva addebitato alle difficoltĆ economiche del Milan, quando lāanno di attesa scelto dal Milan e da Montolivo indicava chiaramente la strada che il suo nuovo Club e il giocatore avevano scelto. Ci aspettiamo, perchĆ© ci vogliamo davvero. Quindi, un matrimonio importante. Chi avesse voluto comprare il cartellino di Riccardo avrebbe dovuto spendere dai 13 ai 15 milioni di euro, e invece al Milan ĆØ arrivato a parametro zero. Tu ti aspetti un bravo e invece ti dicono che se non paghi sei povero, che Montolivo non ĆØ mai esploso e che in Nazionale non aveva mai fatto niente di importante. Dimenticato il Sudafrica, dimenticata la fascia di capitano viola in Champions League, sottovalutata lāimportanza dellāoperazione, ignorate le motivazioni del giocatore: tutto questo ĆØ accaduti in una sola estate addosso al Milan e a Riccardo Montolivo. Non decide, non si prende responsabilitĆ , ĆØ una gatta morta. Quante ne abbiamo lette e sentite. E oggi che tutti si ricredono (ah se Valeri gli avesse convalidato il gran gol nel derby), nessuno ha la forza di scrivere o direā¦ācontrariamente a quanto pensavo, Montolivoā¦ā. Va bene cosƬ, va bene lo stesso. Riccardo sarĆ uno dei punti fermi del Milan interessante e di prospettiva di qui ai prossimi anni. Con buona pace di tutte le sentenze passate in giudicato.
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