Moratti- De Laurentiis: simpatia tattica. Roma: il Totti che corre, il Totti di Parma, in Nazionale. Pirlo, Conte, tutto sopra le righe

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Nato a Milano il 10 Maggio 1965; Giornalista Professionista dal 1994. Dopo le esperienze professionali di carta stampata (La Notte e Il Giorno) e televisive (Telelombardia, Telenova, Eurosport), dirige Milan Channel dal 16 Dicembre 1999.

01.10.2011 00:00 di Mauro Suma   articolo letto 187 volte

Non credo al presidente moratti quando dichiara la sua simpatia per il presidente de laurentiis. Troppo diversi, troppo lontani, per poter essere affini i due uomini di calcio. Credo di più alla empatia tattica, una sorta di simpatia di convenienza. Il presidente Moratti quest’estate era isolato rispetto a tutti i suoi colleghi. La presa di posizione dura, solida, del presidente Della Valle sul tavolo del chiarimento su Calciopoli aveva raccolto il consenso pressoché unanime delle dirigenze di Serie A. Alle sue spalle, nei rapporti con gli altri Club, il numero uno nerazzurro aveva solo l’angolo. Oggi invece l’abbraccio con De Laurentiis gli consente di uscire dall’isolamento. Asse, alleanza o cartello che sia, non importa. Certo, c’è una coincidenza di interessi: il presidente De Laurentiis, come capitò anche al compianto presidente Sensi a cavallo del nuovo millennio, è impegnato in una sua crociata politico-economica contro le big del Campionato. E come fece allora Franco Sensi, anche il numero 1 del Napoli, alla ricerca di una sponda che conti, guarda e ammicca a Moratti. All’epoca il percorso comune fu breve, tanto è vero che le strade si divisero ben presto: la Roma con Lazio, Parma e Fiorentina, l’Inter invece con Milan e Juventus. L’asse Stream versus l’asse Telepiù. Già, la tanto deprecata alleanza Milan-Juventus fu il primo passo per consentire a tutti i Club italiani di guadagnare molto di più grazie ai diritti televisivi. E di quell’asse faceva parte a tutti gli effetti e senza alcun dubbio anche l’Inter, tanto è vero che il fronte della trattativa con le tv era comune fra rossoneri, bianconeri e nerazzurri. Assolutamente comune e senza distinguo: il Milan ricavava quanto l’Inter ed entrambe poco meno della Juventus.
In ogni caso bisogna stare attenti alle alleanze, basti vedere quanto ha pagato con le sentenze di Calciopoli il Milan – le intercettazioni rossonere erano uguali a quelle nerazzurre, con il carico di un coinvolgimento dirigenziale più alto da parte interista – quella che gli veniva attribuita con la Juventus, ma Inter e Napoli hanno il vantaggio di essere politicamente più corrette. Il presidente Moratti è il rivale calcistico di Silvio Berlusconi, mentre il presidente De Laurentiis copre i media con toni alti di respiro meridionale e se dovesse mai un giorno scendere in politica le sue posizioni sembrano già  antitetiche rispetto a quelle del presidente Berlusconi. Per cui il cartello viene benedetto dai media. Napoli-Inter, penultima giornata dello scorso campionato, finisce serenamente 1-1 con i partenopei meritatamente in Champions League, Pandev viene regalato al Napoli, Lavezzi ha tutta l’aria di essere un promesso sposo della componente argentina dello spogliatoio interista, e tutti sono felici e contenti.

Era la stagione dello Scudetto della Stella del Milan, 1978-79. Sulla panchina rossonera, c’era Nils Liedholm, in campo Gianni Rivera era titolare indiscusso. A Natale, il Gianni nazionale si infortuna. Nella prima partita del mese di Gennaio del 1979, Liddas schiera Ruben Buriani con la maglia numero 10, con il Milan che batte 4-0 il Catanzaro a San Siro. Domanda in Conferenza stampa: Barone, ma perché la maglia numero 10 l’ha data a Buriani, e non ad Antonelli o Novellino? Risposta: l’ho data a Buriani, perché era da tanto tempo che quella maglia numero 10 non correva così tanto…
Domenica scorsa allo stadio Tardini di Parma, era in campo un altro numero 10 che non correva così tanto da molto tempo, ma la differenza è notevole. La santa maglia non ha dovuto trasferirsi sulle spalle di Rosi, di Pjanic o di Simplicio per macinare un po’ di chilometri. Si è messa a correre addosso al legittimo proprietario, Francesco Totti. Correva e si divertiva domenica scorsa, Totti. Ma, allora, era proprio il caso di dar vita al teatrino estivo giallorosso, con il rischio di spaccare la Roma nascente dal popolo che ama il Pupone senza se e senza ma? Non valeva la pena uscire il prima possibile, magari senza sms o amenità del genere, dal personaggio, troppo coccolato e subìto negli anni scorsi da Del Neri come da Spalletti e da Ranieri? Bravi, Walter Sabatini e Luis Enrique. Proprio bravi, con convinzione e di cuore. Sono stati fermi al loro posto, senza tentennamenti, e lo hanno rimesso in moto, al punto che un Totti che corre e che vive il campo come a Parma potrebbe anche diventare, perché no, molto ma molto interessante per la Nazionale di Prandelli…La Roma sarà anche accusata di fare un gioco ancora un po’ troppo lento, e il paradosso di uno sport contradditorio e affascinante come il nostro è che la Roma giocava veloce con Totti che camminava e trotta molto più lentamente con un Totti che corre, ma la svolta va sottolineata. Non solo, va incoraggiata e sostenuta.

Antonio Conte sta vivendo sopra le righe. Forse troppo. La sua squadra batte il Parma 4-0 e a fine gara pizzica l’arbitro, contro il Bologna trasmette sovreccitazione alla squadra e Vucinic, troppo preso nel ruolo, va oltre commettendo un fallo che compromette la vittoria. A Catania, vive la partita sotto la pioggia, si dimentica di lasciare in campo Matri che poteva risultare decisivo per la vittoria, e a fine gara cerca la marcia indietro rispetto ad ambizioni e prospettive che proprio lui, con il suo atteggiamento di fondo, aveva alimentato. E’ interessante la conduzione tecnica di Conte, ma ancora troppo umorale. Sembra ancora una processione, due passi avanti e uno indietro. Dopo due settimi posti, e questo dato, giustamente, Conte lo ricorda spesso, la Juventus squadra e la Juventus ambiente hanno bisogno di certezze. Non di strattoni. In questo il nuovo Mister bianconero può essere aiutato da un suo giocatore, che per temperamento e carattere, è lontanissimo dal suo cliché e dalle sue corde: Andrea Pirlo. Su questo non ci sono dubbi. Qualcuno in più sorge sulla strumentalità con cui Pirlo, ancora oggi, viene usato contro il Milan. Quando era rossonero, si accusava il Milan di tenere un giocatore che aveva già dato. Adesso che non è più rossonero, si accusa il Milan di averlo lasciato andare. Ma tutti questi pareri pretestuosi, buoni né più né meno che per il tè delle cinque, e magari neanche tutti giorni, sanno che Pirlo guadagna decisamente più di quattro milioni a stagione per tre anni? Lo sanno che il Milan non poteva fare niente di fronte ad un investimento, come quello legittimamente deciso dalla Juventus, di, malcontati, 25 milioni di euro su tre anni per un giocatore di 32 anni?

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