Orgoglio, sincerità e rispetto non si trovano in prestito né a parametro zero

31 Ago 2014 18:00
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L’EDITORIALE

Giornalista sportivo e scrittore. I suoi libri: “La vita è rotonda”, “Soianito”, “L’oro di Sheva”, “Calcinculo”, “La vita è una”, “Sembra facile”. Attualmente online l’ebook “La rivoluzione di Giuseppe” Gruppo Viator

© foto di Federico De Luca

Forse non c’era bisogno di spulciare link di vario genere, ma comunque con l’aiuto di un tecnico abbiamo avuto qualche conferma: secondo “Forbes” il Milan negli ultimi 8 anni è oscillato tra il 5° e l’8° posto (attuale) nel ranking mondiale dei club per fatturato, sempre saldamente primo degli italiani. Secondo “Sportstalkwithamos” è al 6° posto al mondo per numero di tifosi (98 milioni contro i 24 dell’Inter e i 21 della Juventus). Un recente comunicato ufficiale del Milan Ac ha reso noto il consolidamento di debiti per 15,7 milioni ripianati da Fininvest con un finanziamento di oltre 22 milioni. Mentre il rivale più vicino nella classifica tanto amata da uno dei 2 amministratori delegati rossoneri, l’Arsenal, non si limita a uno scarno bollettino, pubblicando invece con trasparenza e meticolosità un bilancio da azienda (appunto) tra le prime al mondo nel calcio (CLICCA QUI).

Dopo la svendita di Ibrahimovic e Thiago Silva, le storie sportive e contrattuali stracciate più o meno inelegantemente a Nesta, Zambrotta, Gattuso, Pirlo, Ambrosini, Seedorf, Inzaghi con il conseguente abbattimento del monte-ingaggi – escluso quello di Mexes che strombazza proclami farneticanti tipo: “Non preoccupatevi, voglio restare e lotteremo con Juventus e Roma” –, viene spontaneo chiedersi come accidenti sia possibile che all’entusiasta Silvio Berlusconi manchino gli spiccioli per garantire una squadra decente, prima al sedotto e abbandonato Seedorf e ora al caro Pippo Inzaghi mandato allo sbaraglio Oltreoceano. Solo per restare ai tempi recenti.

Basterebbe spiegarlo con chiarezza, anziché delirare di squadra #ultracompetitiva e #apostocosì. Basterebbe sviscerare con onestà il disimpegno dell’entusiasta presidente Berlusconi, invece di ribadire alla noia “uno arriva se uno parte” quando regolarmente uno parte, ma nessuno arriva. Basterebbe ammettere l’incapacità di liberarsi di zavorre come Robinho e dintorni, invece di lasciare ai piccoli ventriloqui ammaestrati l’onore di rinfacciare Casa Milan a Barbara Berlusconi paragonandolo al flop Matri. Basterebbe spiegare con sincerità che, in ostaggio dello sconcertante dibattito intorno al malloppo dovuto o non dovuto (dovuto, dovuto, eccome se dovuto…) a Adriano Galliani per i suoi servigi in particolare nei primi 25 anni di servizio, dopo il lodo-Mondadori, il divorzio da Veronica Lario, la pensione che alle soglie degli 80 anni stabilizza comunque l’entusiasta presidente del Milan tra gli uomini più ricchi e potenti del mondo, non c’è più voglia di scucire una lira per una squadra di calcio. Basterebbe ammettere che la festa è finita. Da tempo. Invece di allestire di continuo magheggi mediatici pensando di poter drogare la folla di non evoluti esattamente come le decine di figuranti entusiasti al Portello il giorno del raduno. Basterebbe accorgersi per quella grande invincibile squadra di calcio una volta fossero gli esami a non finire mai, oggi sono le figuracce in campo e le balle fuori. Che suonano come ineffabili prese per i fondelli per tutti i tifosi appassionati e pensanti o comunque cerebralmente ancora capaci di intendere e di volere i minimi sindacali. Più sale il degrado di questo club, più cresce la rabbia della nostra denuncia che non rinnega affatto il quarto di secolo glorioso regalato da questa gestione, ma urla pestando tutte le tastiere del mondo che gli artisti stanno picconando la loro opera d’arte sotto gli occhi di tutti. Fatta eccezione per qualche violinista. Eppure c’è ancora, appunto, qualche violinista che strimpella e anziché prendere atto di come il monumento venga distrutto giorno dopo giorno dai suoi stessi scultori, inveisce contro chi lo fa notare. L’importante è andare a dormire con la coscienza pulita e il Milan nel cuore. Il resto sono affari loro.

Le batoste contro i marziani greci e il City, loro evidentemente già in formazione titolare e con una preparazione atletica perfetta, non hanno scalfito l’umore né l’oblio dei dirigenti milanisti “impegnati” sul mercato. Tra una canzoncina estiva e l’altra in qualche happy-hour versiliano, ancora una volta nessuna ammissione di pochezza e di impotenza. Il che suscita rabbia, ma non certamente sorpresa: orgoglio, sincerità e rispetto – nei confronti dei tifosi anzitutto – non si trovano né in prestito né a parametro zero. Siamo affettuosamente vicini a Superpippo, non è facile andare a remi in questo mare in tempesta, con un transatlantico su cui in prima classe continuano a suonare, ballare e cantare “Sapore di sale”. Con la benedizione del presidente entusiasta.

P.S. Se vi siete persi i movimenti di mercato del Milan dal 1° al 31 luglio 2014, vi regaliamo il riassunto preparato con la supervisione preziosa di Diego Abatantuono CLICCANDO QUI

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